Il portale [4]

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Era la prima volta che Jocelyn vedeva un demone. Una schiera di quegli strani vampiri si avvicinò difensiva all'ingresso, con gli scudi alzati e le lance salde in mano. Avevano pelli strane, molto colorate, con una saturazione che nel mondo degli umani sarebbe stata considerata esagerata ed inquietante. Una sfilata di demoni interamente gialli, rossi, blu e verdi fece tremare Joy in modo violento. Era un piccolo esercito, tutti i soldati erano adulti, di entrambi i generi, coperti da corazze grigie luccicanti. Gli elmi dei demoni maschi avevano due o più fori, dai quali facevano capolino grosse corna: dritte, ricurve, creste intere simili a spine. Agli occhi di un inesperto, la vista ricordava un carnevale piuttosto alternativo.

Un demone, più precisamente un uomo un po' avanti con gli anni, dalla pelle gialla come una lucertola, spuntò dalla folla in modo goffo. Non aveva alcuna armatura, ma uno strano panciotto elegante che a stento non si sbottonava esplodendo a causa della grossa pancia che conteneva. La fronte dell'uomo, che aveva grossi baffi grigi e capelli del medesimo colore, era rigata dal sudore. Si muoveva con fatica, saltellando da un piede all'altro, come se fosse spaventato da tutti quei soldati alti il doppio di lui. Tra le mani teneva due elmi lucidati alla perfezione. Erano a forma di testa di lupo, meravigliosi, con due pietre preziose incastonate al posto degli occhi. Uno degli elmi era femminile, lo si vedeva dalla grazia che emanava, ma comunque dall'aspetto forte e coraggioso. I suoi occhi erano due zaffiri brillanti che riflettevano la luce del giorno. L'altro elmo, più grande e più scuro, rappresentava un lupo feroce ed arrabbiato ed era ornato da una coppia di granati. L'uomo che li sorreggeva con fatica arrivò sudato al cospetto dei due branchi.
«Saluti!», sorrise poggiando sulla strada di pietra i due grandi copricapi da guerra. «Io, Bulbar, ambasciatore e consigliere di Sua Altezza il Re Galtur, vi accolgo nel Regno Carminio a nome del Re e del Clan delle Ossa Rotte», balbettò in imbarazzo. Prima che Dream o Leonel, in capo al gruppo, potessero rispondere, Bulbar raccolse in fretta e furia gli elmi e quasi li lanciò tra le loro braccia, affaticato. Quello con gli zaffiri andò a Dream, l'altro al cugino. «Per ringraziarvi di essere venuti», ridacchiò. «Elmi in puro acciaio... so che l'argento non vi piace», sussurrò arrossendo di colpo. Ricevette un'occhiataccia dall'Alpha dei Lunapiena. L'argento era letale per ogni licantropo.

Leonel fece svolazzare il copricapo da una mano all'altra come se fosse una pallina di carta, ridendo. «È splendido!», esultò.

«Anche delle nostre misure...», sibilò Dream, osservando il suo elmo con attenzione. Alzò gli occhi sull'ambasciatore. «Vedo che ci conoscete bene», disse sospettosa.

Bulbar indietreggiò, ridendo leggermente e spaventato. Lo sguardo inquisitorio della splendida donna lycan lo mise in soggezione. Per salvarsi da quella situazione lanciò un'occhiata ai guerrieri alle sue spalle, trovandovi un po' di conforto. «Sarò lieto di accompagnarvi ai vostri dormitori. Si trovano quasi tutti al secondo piano del castello del Re, ma i leader e la sposa...», Bulbar si bloccò, guardandosi intorno. «Perdonatemi, cari ospiti, ma dove è la sposa?», domandò vagamente irritato.

A Dream bastò un altro sguardo. «Non è ancora la sposa del tuo Re. Limitati a chiamarla Anima di Lupo», ordinò.

L'ambasciatore non osò contraddirla. «Ad ogni modo, dove si trova?», chiese di nuovo.

Dream e Leonel si voltarono. Jocelyn posò lo sguardo su Silas, Alois ed infine Jason. Poi, con un sospiro, fece un passo avanti, andando ad appostarsi tra i due capi. «Sono qui», annunciò ad alta voce.

Bulbar lanciò un gridolino di gioia e batté le mani. «Una fanciulla incantevole, come ci era stato detto», esclamò.

A Jocelyn non piacque il commento dell'uomo. «Bella o meno, sono stata costretta ad accettare», ringhiò mentre i suoi occhi ambrati luccicavano.

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