109.

943 43 1
                                    

Uscita dalla sala, mi recai verso le scale, ma poi cambiai idea. Non volevo rinchiudermi in camera come una povera disperata: avevo bisogno di aria. Molta aria. Senza pensarci, uscii dal college, immergendomi nel freddo e gelido inverno.

Il vestito era tutto scollato, non indossavo nemmeno un coprispalla e i brividi mi percorsero subito tutto il corpo, facendomi sobbalzare. Ma da una parte provai sollievo: una sferzata di aria fredda mi invase i polmoni, non appena aprii la bocca.

Mi strinsi le braccia intorno al corpo e iniziai a camminare verso non so dove. Sentivo il suono dei tacchi risuonare sul marciapiede, mentre tutto intorno a me era scuro. La notte portava con se' una ventata gelida, che mi penetrò fin dentro le ossa.

Poco lontano dal college, trovai una panchina, sulla quale non esitai a sedermi. Mi tolsi i tacchi, tanto ormai non servivano più a niente, e mi massaggiai le caviglie. Continuavo a sentire molto freddo, ma me ne fregai altamente.

Mi sentivo come Hermione quando litiga con Ron al Ballo del Ceppo: triste e piangente. Soprattutto piangente.

Mi stroppicciai gli occhi, ritrovandomi le mani ricoperte del trucco che avevo usato con tanta cura.

Afferrai le gambe e me le strinsi forte al petto.

Probabilmente sembravo una senzatetto e non volevo nemmeno pensare al mio aspetto in quel momento.

Le immagini di Camila e Cole che si baciavano continuavano a invadermi la mente, provocandomi, ogni volta, un dolore al petto. Come avevo potuto credere che uno come lui potesse amare una come me?

Insomma, bastava che mi guardassi allo specchio.

Io non ero come Camila. Non ero lei. E non lo sarei mai stata. Era più che logico che Cole non si fosse tolto dalla testa quella specie di modella americana: era bellissima. Io non ero in grado di reggere il confronto, nemmeno con tutto l'amore del mondo che ero disposta a offrirgli.

Non ce l'avrei mai fatta... -Chi amerebbe mai una ragazza come me?- mi domandai come una stupida, sapendo già la risposta.

Mi morsi violentemente il labbro inferiore per cercare di non urlare o dare sfogo alla mia rabbia.

Se l'avessi fatto, sicuramente avrei spaventato qualcuno, nonostante mi trovassi in una panchina abbandonata. Mi sentivo estraniata dal mondo. Un pesce fuor d'acqua. Un pesce che non ha ancora capito come funziona la vita. Un pesce alquanto stupido.

Non era vero che il nostro amore sarebbe durato per sempre.

Non era vero che aveva dimenticato Camila.

Non era vero un cazzo!

Continuavo a tremare, ma con tutto il dolore che provavo, non ci feci nemmeno caso.

-Oh mio Dio, Lili!- girai lentamente la testa verso Madelaine che mi stava venendo incontro con un'espressione disperata in volto.

Forse si era preoccupata. Ma come aveva fatto a trovarmi?

Me la ritrovai attaccata al corpo come un polpo.

-Meno male che sei qui! Ero così preoccupata...- disse con voce agitata e abbracciandomi forte. In quell'abbraccio percepii il calore di cui avevo bisogno. La ringraziai mentalmente, perché le parole in quel momento non si decidevano a uscire dalla mia bocca. Erano bloccate in gola e non avevo le forze per farle uscire.

Dopo avermi stretta a se' con fare protettivo, la mia amica mi guardò in faccia. Anche lei aveva gli occhi lucidi e pensai che si stesse per mettere a piangere.

Quando parlò aveva la voce rotta. -Oh Lili... Che cosa è successo?- mi chiese dolcemente, accarezzandomi la guancia e cercando di togliere i residui di trucco dal mio viso.

Scossi la testa, come per dire: "Non lo so, qualcosa evidentemente si è spezzato." -L-li h-hai... v-visti?- balbettai con quel poco filo di voce che mi rimaneva in gola. -No, me lo ha detto Walter-

Vedendo che stavo tremando, Madelaine si tolse la pelliccia che indossava e me la mise dolcemente sulle spalle.

-Lili, qui fa freddo, torniamo dentro- Fece per alzarsi, ma le bloccai il polso.

-Ti prego, non voglio tornare dentro- supplicai.

-Ma, Lili, così ti prenderai qualcosa-

-Me ne frego-

-Lili, non possiamo stare qui-

Aveva ragione. Ma come potevo tornare dentro quel college?

Iniziai a tossire, segno che ormai mi stavo ammalando. Perfetto, ci mancava solo quello e il disastro era completo.

-Forza, alzati. Giuro che ti porto subito in camera- promise, porgendomi la mano.

La afferrai e mi feci condurre fino al college.

Notai, sulla strada del ritorno, che, in realtà, mi ero allontanata molto. Volevo chiedere alla mia amica come aveva fatto a trovarmi, ma ero troppo stanca e confusa, così decisi di stare zitta e seguirla senza fiatare. Nonostante facesse un freddo cane, la sua mano era caldissima e la strinsi con forza nella mia. Mi dava sicurezza e mi forniva la certezza che non sarei stata sola ad affrontare il mio dolore.

Il mio pensiero costante- Lili e ColeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora