Siamo al capitolo 100 e non credevo che ci sarei mai riuscita ma eccoci qua, tra capitoli tristi, capitoli felici, capitoli con Remus incazzato e un Sirius cretino.
Un'ultima cosa è poi vi lascio al lungo e triste capitolo scritto da Adina.
Grazie a tutti voi che mi seguite da 100 giorni, che mi siete stati accanto ogni giorno e che mi fate ridere con i vostri commenti.
Grazie alla mia migliore amica che mi ha spronato a scrivere questa storia e che mi aiuta con le idee.
Grazie a @Heidi_Ade02 che mi aiuta a scrivere i capitoli e che mi sopporta durante gli scleri.James e Lily erano morti da poche settimane e il dolore per la loro perdita era ancora molto forte. Nonostante ciò, Remus sapeva di non potersi mostrare debole. Lo doveva al piccolo Harry, che aveva perso i genitori. Lo doveva a Sirius, che aveva perso un fratello.
Anche Sirius, a sua volta, cercava di mostrarsi forte. Lo faceva soprattutto per il figlioccio, ma anche per suo marito che, nonostante avesse appena perso i suoi migliori amici, con il suo altruismo passava le giornate a prendersi cura di loro. Ma era dura. Spesso Remus sentiva il giovane Black alzarsi nella notte per poi andare nella stanza di Harry e singhiozzare silenziosamente, guardando il figlio di colui che l'aveva accolto in casa, fregandosene del suo cognome. Chissà da quanto, ormai, non dormiva a causa degli incubi. La mancanza di sonno e di fame lo stavano facendo diventare l'ombra di ciò che era stato negli anni ad Hogwarts: Sirius Orion Black III, ammirato, amato, ma anche odiato e invidiato da molti, ora non era altro che un fantasma nel Regno dei vivi. Come un angelo, quasi incorporeo, mandato sulla terra per vegliare sul piccolo Potter.
Erano stati la sua prima famiglia ed ora la sua migliore amica e suo fratello erano morti. Il tutto per colpa di un altro loro amico d'infanzia. Il quarto malandrino: Peter.
Vivevano nel mondo babbano solo da qualche mese e lui era l'unico senza patente. Di ritorno da una serata, mentre erano tutti dignitosamente brilli, si era messo in testa di voler guidare e l'incidente che ne seguì si rivelò fatale per tutti i passeggeri. Fortuna (o sfortuna, a seconda dei casi) volle che Sirius avesse ben pensato di tornare a piedi col marito, in modo da addormentare il figlioccio. Di questo il giovane Black non riusciva a perdonarsi. Sapeva che sarebbe dovuto morire lui con il fratello. L'idea della passeggiata, in realtà, era stata di Lily, che voleva parlare con Remus, ma lui l'aveva pregata per andare al suo posto. Le aveva detto che qualsiasi cosa dovesse dire al migliore amico, avrebbe potuto tranquillamente aspettare a casa. E alla fine l'aveva convinta. Sentiva che era colpa sua se ad Harry non era rimasto nemmeno un genitore e questo lo uccideva, ma lo spingeva anche a viziare ancora di più il bambino, nel tentativo di alleviare almeno un po' il senso di colpa. Allo stesso tempo, Sirius non riusciva proprio a perdonare Peter. Nonostante l'amico sia rimasto vittima della sua stessa mancanza di buonsenso, proprio non ci riesce. Lo ha odiato nel momento in cui ricevettero la telefonata dall'ospedale. Lo ha odiato mentre era in sala operatoria, alla ricerca di un barlume di vita. Lo ha odiato pure al suo funerale e durante la sua sepoltura. Lo ha odiato come è veramente difficile odiare, con tutta l'anima, il corpo e qualsiasi cosa formi il nostro essere. E probabilmente lo odierà per sempre per ciò che è successo.
Poi, un giorno, mentre era fuori a giocare con Harry trasformato in un cane, al bambino scappò la pallina e il padrino, pronto di riflessi, scattò subito a prenderla, per non far piangere il figlioccio. L'aveva appena raggiunta quando due fari lo accecarono.
Quando Remus, di ritorno dalla spesa, girò l'angolo della via, rimase impietrito. Sirius era stato portato sul marciapiede, ma per lui ormai non c'era più nulla da fare. In bocca, ancora la pallina preferita di Harry. Il bambino piangeva disperato e si dimenava per abbracciare il padrino, trattenuto, però, dai Tonks, loro vicini di casa.
Ancora una volta, Remus raddrizzò le spalle e si mostrò forte per Harry. Prese in braccio il piccolo, ringraziò i vicini, portò il bimbo in casa e si prese cura di lui. Dopo averlo consolato e addormentato, uscì, portò il suo unico amore nel loro angolo preferito del giardino e, lontano da occhi indiscreti, si lasciò andare a un pianto liberatorio.
Lo fece seppellì vicino a colui che era stato un fratello per il marito, poi, con un sospiro, si disse che doveva andare avanti. Lo doveva fare per Harry.Gli anni passarono e il bambino era ormai cresciuto. Un ragazzino come tutti gli altri: era intelligente, andava alla scuola babbana e tornava a casa per mano di suo papà. Era pure un bimbo carino e popolare, sebbene non sbruffone. C'era sempre per tutti e per questo era molto amato. C'era una cosa, però, che si portava dentro. La sua più grande paura in assoluto. Aveva infatti sviluppato una fobia per le auto e per questo si riteneva fortunato a vivere in un piccolo paesino di campagna. Il posto, al tempo, era stato scelto per permettere a Remus di passare le notti di luna piena tranquillo, nel bosco, e ora si rivelava di nuovo una fortuna. Perché anche l'uomo, che sembrava molto vecchio nonostante non arrivasse ai trent'anni, provava un profondo fastidio verso quei mezzi di trasporto, dovuto forse a un odio primitivo insediatosi nel suo cuore. I suoi migliori amici e suo marito erano morti a causa di essi. I Malandrini, ormai, non esistevano più. Ciò che ne rimaneva era sepolto poco lontano da casa, o sopravviveva tra quelle quattro mura. Ogni qual volta Remus sentiva che stava per crollare, che non avrebbe desiderato altro che raggiungere gli altri, la piccola manina di Harry si insinuava nella sua e la stringeva, come a dire «Ci sono io e sempre ci sarò, come tu ci sei sempre stato per me. Non arrenderti, loro non l'avrebbero voluto» e lui ci provava, davvero, ma spesso e volentieri si ritrovava ad aspettare con una sorta trepidazione il giorno in cui sarebbe giunta la sua ora. Lui, che era sempre altruista e disponibile con tutti, covava in sé questo piccolo accenno di egoismo. Per una volta, avrebbe tanto voluto finirla, perché anche lui si meritava un po' di felicità.

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365//Wolfstar
Fiksi PenggemarUna wolfstar al giorno toglie il medico di torno (o almeno si spera) Idea presa da "365 sterek"