Oggi capitolo di Ade perché sto una merda sia mentalmente che fisicamente, non riesco ad andare avanti al momento e non trovo neanche un motivo per farlo in realtà.
Ma lasciamo stare me e passiamo al capitolo.
È diviso in due parti che pubblicherò tra oggi e domani e niente, buona lettura.Era quasi Natale e Sirius O. Black si trovava a passare le vacanze a casa del suo migliore amico. Fingeva di essere il solito ragazzo allegro, nonostante non lo fosse mai stato. Non aveva mai parlato dei suoi problemi in famiglia a James, nonostante fossero quasi fratelli. Non gli aveva mai mostrato tutti gli ematomi e le ferite che i genitori gli procuravano. Quando arrivava a scuola con qualche osso rotto, incolpava sempre la sua incoscienza. Non si nascondeva in bagno per piangere, né bullizzava i nerd e i primini. L'unico su cui si sfogava era Severus Piton, per i nemici Mocciosus, ma lì era tutto un altro discorso: in quel caso era appoggiato da James, o meglio, era stato proprio il giovane Potter a iniziare, sin dal loro primo giorno nella nuova scuola superiore privata, Hogwarts. Sin da quando si erano conosciuti. Insomma, a vederlo pareva che la vita di Sirius fosse veramente perfetta, il massimo dell'aspirazione: era ricco, la sua famiglia era molto conosciuta, anche nell'alta società, aveva un fratellino con cui crescere e i suoi genitori non avevano divorziato, a differenza di quelli di molti ragazzi della sua età. Quello che la gente non sapeva, era che lui non era altri che il figlio non voluto. L'errore. Quello che non andava mai bene, qualsiasi cosa facesse. Non vedevano le violenze domestiche che l'importantissima famiglia Black nascondeva dietro ad una maschera di perfezione. Lui non era come suo fratello. Il piccolo Regulus A. Black, a soli 9 anni, era già il figlio che chiunque avrebbe desiderato. O meglio, chiunque avesse nelle vene il sangue delle antiche famiglie nobili che un tempo governavano la città e volesse avere una famiglia con la stessa mentalità, la stessa educazione e lo stesso comportamento. Lui, a differenza del fratello maggiore, nato solo un anno e pochi mesi prima di lui, era il figlio preferito, quello amato e viziato. Il figlio fatto per rimediare agli errori del passato. E l'errore per eccellenza nella vita dei coniugi Black era proprio il loro primogenito. Insomma, questo giovane ragazzo si trovava seduto a tavola con le allegre famiglie Potter e Weasley a passare il suo primo vero Natale. Alla madre del suo migliore amico aveva spiegato che la cena natalizia dell'alta società era già avvenuta. Infatti per loro non era molto importante la festività in sé e per questo avevano ben pensato di anticiparla, in modo da schivare gli impegni dei vari e importanti ospiti, cosicché potessero essere tutti presenti. La verità, però, era che lui non era stato invitato. Così come non sarebbe stato invitato alla festa di Capodanno, ormai prossima. Né a quella di Pasqua. O ferragosto. O il Natale successivo. O a tutte le altre feste mondane e non che venivano organizzate durante l'anno. A essere sinceri solo ad una cosa era stato invitato: a non mettere mai più piede in quella casa. Era infatti stato cacciato la mattina del primo novembre, intorno alle tre e mezza. Esageratamente ubriaco alla festa di Halloween di famiglia, in un atto di ribellione, aveva ben pensato di palesare la sua bisessualità ai cittadini più importanti e retrogradi di tutta la zona, i suoi familiari compresi, limonandosi prima la cugina Andromeda, che aveva trovato la scena estremamente divertente, e poi Lucius, il pargolo dei Malfoy, di un paio d'anni più grande di lui. Così ora si trovava in mezzo ad una strada. Aveva deciso di non sprecare i suoi soldi per una stanza d'hotel, bensì di risparmiarli per cibo e, in caso, vestiti. Lui, abituato da 11 anni ad avere tutte le comodità, in quella stanza immersa nello spirito natalizio, si ritrovò a rabbrividire e avvicinarsi di più al caminetto al solo pensiero delle settimane passate in un freddo a cui non era abituato e, soprattutto, a tutte quelle che sarebbero arrivate.
Chi invece al freddo c'era abituato eccome, era il giovane Remus J. Lupin. A soli 10 anni si ritrovava a seppellire il fratellino, morto dopo sole poche settimane dalla nascita a causa delle condizioni di vita della famiglia Lupin. Erano infatti molto poveri e vivevano in una baracca che faticava a stare in piedi. Il padre di Remus, nonostante la vecchiaia, si spaccava la schiena quotidianamente nei campi per la famiglia. Il ragazzo, invece, aveva mollato la scuola. Studiava per conto suo in biblioteca, dove poteva anche bearsi di qualche ora di calore e dove aveva conosciuto la sua migliore amica Lily, che lì faceva volontariato. Era stata lei ad aiutarlo a prendersi cura del piccolo Theodore L. Lupin durante i suoi primi giorni di vita. E ora lo stava seppellendo vicino alla madre che, come il bimbo, non aveva potuto avere un vero e proprio funerale con una degna sepoltura a causa della mancanza di denaro. Alla mattina in cui Remus era andato a prendere Theo e il piccolo non si era svegliato, erano seguite ore di panico, incredulità e odio per il neonato. Era andato a bussare alla finestra dell'aula di Lily finché la ragazza non era uscita con una scusa. E una volta che la giovane, a malincuore, aveva confermato i suoi dubbi, lui aveva odiato il bambino. O meglio, ci aveva provato. Dopotutto, se lo meritava, no? Quel cosino, inerme tra le sue braccia, aveva causato la morte della madre, che durante il parto non ce l'aveva fatta. Gli aveva portato via la donna che per lui c'era sempre stata nonostante tutto e ora se ne andava così? Ma non ce la faceva. Remus era un ragazzo troppo buono per odiare. Lui voleva bene a tutti e amava tutti, era fatto così e nonostante la vita che era costretto a condurre, probabilmente non sarebbe mai cambiato. E ora, dopo aver realizzato che quel piccolo esserino urlante non c'era più, adesso che aveva appena imparato ad amarlo, sentiva un vuoto. Già gli mancava. E fu in quel momento, mentre ricopriva di terra quella piccola cassa che avevano usato come bara, che prese la sua decisione. Già due dei suoi familiari erano morti a causa della loro povertà. Desiderava che almeno suo padre potesse vivere i suoi ultimi anni dignitosamente. Fu dura convincerlo, ma alla fine ce la fece. Prese le sue poche cose e se ne andò di casa. Dopotutto la vita di strada non doveva essere di molto diversa a quella che già conduceva e, se non altro, così non avrebbe più gravato sulle spalle del povero signor Lupin. Passare il Natale insieme fu il suo regalo per il padre, prima di salutarlo con un bacio sulla guancia e varcare la soglia verso una vita nuova, non migliore della prima.

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365//Wolfstar
Fiksi PenggemarUna wolfstar al giorno toglie il medico di torno (o almeno si spera) Idea presa da "365 sterek"