Capitolo 52

33 13 3
                                    

Killian appare d'un tratto davanti a noi. Mi fiondo su di lui e lo stendo con un pungo.

«Dove diavolo sei andato a finire?» urlo mentre Sean mi afferra dalle braccia e inizia ad allontanarmi da un Killian divertito, ma ferito.

«Stavo cercando delle tracce o dei superstiti.»

«Mentre noi combattevamo? Mentre il nemico rischiava di sterminarci? Mentre ti cercavamo? Vallo a dire a qualcun altro, codardo!»

«Intanto ho trovato lei!» si giustifica indicando la donna che abbiamo sentito urlare e che tiene fra le braccia il corpo di un bambino.

Può avere cinque anni. Ha i capelli castani ed indossa un pantalone a pinocchietto marrone come la maglietta che, tuttavia, è per la maggior parte sporca di sangue.

Non ho mai visto tanti cadaveri prima di quel momento. Sento l'odore della carne bruciata e del sangue che ora inizia a farmi girare la testa. Poggio la mano contro uno steccato e trattengo il vomito. Cerco di resistere, ma mi trovo a correre verso un angolo per non farmi vedere. James mi raggiunge ed inizia a darmi dei piccoli colpetti sulla schiena mentre continuo a tossire cercando di trattenere un secondo getto.

«Non devi vergognarti... è capitato a tutti noi la prima volta.›› mi confida passandomi una borraccia per sciacquare la bocca e la faccia. L'afferro come se fosse l'unica medicina possibile in quel momento. Ne metto un po' in bocca e subito dopo la sputo. Poi, ne verso un po' in faccia. Tutta l'adrenalina e la sicurezza avuta fino a pochi istanti prima sembrano essere scomparse.

«Quando combatti non ci fai caso, non puoi permetterti di distrarti ed è per questo che non ti sei resa conto dell'odore di sangue e di bruciato che ti circondava.» confessa Mark raggiungendoci e guardandomi preoccupato.

Le urla di quella donna sono strazianti e rimbombano nell'aria.

Fatela smettere!

Sento la testa esplodere e il vomito risalire. È come se mi fossi svegliata dopo moltissimo tempo e riiniziassi a sentire tutti i sensi con maggiore intensità.

La donna urla tutto il suo dolore e le sue urla mi trafiggono il cuore come fossero mille pugnali.

Con il viso basso, una mano poggiata ad un pilastro, mi volto per guardarla. Lei ricambia il mio sguardo mentre stringe forte il bambino tra le braccia.

Il tempo di poggiare il piccolo corpo senza vita per terra ed ecco che me la ritrovo davanti. Mi fissa come se fossi un mostro, come se tutto fosse opera mia.

«È tutta colpa vostra se queste persone sono morte! È colpa vostra se mio figlio Jimmy è stato ucciso a sangue freddo a soli cinque anni!» grida tra le lacrime afferrandomi dalle spalle. Con gli occhi persi sul viso del bambino e senza reagire, mi faccio strattonare mentre gli altri cercano di allontanarla.

Sono urla di odio verso il nemico e verso noi che non siamo riusciti a proteggere il popolo. Sono le urla di una madre che ha visto morire il proprio bambino davanti i suoi occhi e non ha potuto fare nulla per impedirlo. 

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora