È una bella giornata. Il sole è così caldo che ho quasi un mancamento per il dislivello di temperatura.
Scendo piano i gradini per evitare di cadere tenendo ancora saldamente il polso di Gabriel che, per tutta risposta, mi segue sbuffando ma senza fiatare.
Quando lo spingo verso una panca di legno, continuiamo a rimanere in silenzio per qualche minuto.
Lo osservo attentamente per capire ancora una volta che tipo sia e per cercare in lui qualcosa di positivo, di buono, ma tutto ciò che vedo è un ragazzo che ha la capacità incredibile di farmi perdere il controllo.
‹‹Non volevo farti del male.›› ammette senza abbassare lo sguardo ‹‹Volevo solo metterti alla prova. Volevo farti capire che non sei fragile come pensano tutti i tuoi amici, ma in te risiede una grande forza e volevo dartene la prova.›› spiega appoggiando la fronte sul palmo della mano e chiudendo gli occhi come se l'intera situazione di prima l'avesse stremato.
Ora il suo tono sembra sincero, ma ancora non sono sicura di voler accettare le sue scuse, se tali possono essere definite.
‹‹La parola scusa non fa parte del tuo vocabolario.›› affermo appoggiandomi alla panca mentre il vento inizia a muovere delicatamente i suoi capelli neri e il sole a mettere in luce gli occhi azzurri come il mare.
‹‹No.››
‹‹Non era una domanda.›› affermo secca scuotendo una mano per interromperlo. Non ha un carattere facile. Mi sono bastate poche ore al giorno per intuirlo e non penso servi uno psicologo. Ha lo sguardo di chi vuole comandare e odia essere contraddetto ma, in questo caso, ha torto e mi sembra il minimo farglielo notare.
‹‹Vuoi tenermi il broncio ancora per molto?›› domanda scocciato. Resto in silenzio ancora un po' consapevole che questa situazione deve finire il prima possibile dato che il banco è uno e noi siamo costretti a stare seduti vicini per un bel po' grazie al professor Calvari.
‹‹Vuoi assumere questo comportamento per tutto l'anno?›› domando senza voltarmi. La mia domanda evidentemente lo spiazza perché non risponde subito anzi, indugia per qualche minuto sulle sue mani, sul mio polso e sulla caviglia fasciata.
Quando allunga le dita per sfiorare la benda, ho il riflesso di ritrarre il polso quasi come se avessi paura di lui.
La mano di Gabriel si blocca in aria per qualche istante prima di riavvicinarsi nuovamente.
Questa volta lo lascio fare.
Riesco a percepire il calore delle sue dita a contatto con la benda. Il suo tocco è delicato, quasi come se lui per primo avesse paura di farmi del male.
‹‹Non so come comportarmi con te. Sei diversa da tutti quelli con cui ho avuto a che fare.›› rivela accarezzando la benda morbida che copre la pelle, poi si blocca e lo sento raccogliere tutte le forze e fare un lungo respiro.
‹‹Perdonami... non ti farò mai più del male, ti do la mia parola.›› afferma alzandosi per avvicinarsi a me. ‹‹Tutto ciò che sto vivendo in questo periodo è nuovo. Non ho mai avuto amici né ho mai avvertito il bisogno di averne. Ovunque andassi gli altri facevano quel che dicevo loro di fare. Te lo ripeto, tu sei diversa e snervante allo stesso tempo. Lo ammetto, sei una palla al piede.»
Alzo un sopracciglio contrariata. Nessuno mi aveva mai definita così. Prima che possa aprire bocca, mi fa segno di stare zitta e ascoltarlo.
«Tu fai l'opposto di ciò che ti chiedo o che ti faccio intendere, mi urli contro e mi sfidi. Incontrare una persona come te non era nei miei piani ma, visto che non ho intenzione di restare a lungo in questo posto, prometto che cercherò di sopportarti.›› spiega mentre ascolto le parole pronunciate tutte d'un fiato.
Non ho dubbi riguardo il fatto che ovunque andasse gli altri ragazzi lo seguissero e facessero tutto ciò che chiedeva, perché ha un carattere molto forte e autoritario. Tuttavia, proprio perché siamo ragazzi, esseri umani, non possiamo non avere un nostro pensiero o la voglia di esprimerlo.
Deve capire che gli altri non sono burattini e non esiste solo il suo punto di vista. Io ci sto provando con tutta me stessa a farlo diventare uno del gruppo e, ancor di più, un mio amico, ma non posso essere solo io a mettermi in gioco o a fare di tutto per avvicinarmi a lui. Ci sono dei piccoli momenti in cui penso davvero di avercela fatta ma poi bastano pochi minuti e mi rendo conto che è come sbattere contro un muro. Non so cosa mi spinge a riprovarci e a non mollare.
C'è qualcosa in lui che mi incuriosisce e mi attrae, ma non so come definirlo.
Mi trattengo dall'allungare una mano per mettergli in ordine i capelli disordinati dal vento. Questi pensieri talvolta mi fanno paura, mi fanno dubitare.
Mi limito, così, ad osservarlo dalla testa ai piedi e mi accorgo che è più alto di quel che pensassi, tant'è che in confronto sembro una bambina pur essendo alta per la mia età. Resto di sasso quando con una mano mi sfiora il viso.
‹‹Non ti metterò in pericolo mai più.›› sussurra accennando un sorriso e scrutandomi con quegli occhi che rischiano davvero di congelarmi. Mi irrigidisco sentendo il cuore battere all'impazzata.
‹‹Torniamo dentro o il professore ci darà per dispersi.›› balbetto scostandomi di colpo. Gabriel resta immobile, sorpreso dalla mia reazione.
Avverto i suoi occhi seguirmi mentre io continuo ad allontanarmi trattenendo a stento il fiato.
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Il risveglio della Fenice
Fantasy"Quello che sto per raccontarvi è vero, ma a voi verrà difficile credermi." Aurora non è ragazza come tutte le altre. È molto semplice, non le piace essere al centro dell'attenzione, farsi trascinare dalla corrente o dalle persone. Eppure, per quan...