Capitolo 87

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Cerco di rialzarmi. I muscoli fanno male, ma il pensiero di Alex ferito e bisognoso di aiuto ha la precedenza. Zoppico il più velocemente possibile verso di lui. Cado di peso accanto al suo corpo e cerco di tirarlo fuori dalla mano gigantesca del mostro che continua a muoversi intontito su di lui.

«Spostati, faccio io!» si appresta a sostituirmi Tom correndo verso di noi.

«Alex, svegliati!»

La mia voce è implorante mentre Tom, affiancato da James, riesce a estrarlo fuori. Una striscia di sangue gli percorre il viso. Sposto la testa sulle mie gambe sporche e inizio a pulirgli il volto con le mani e ad accarezzarlo delicatamente per farlo svegliare.

Alex apre lentamente gli occhi e mi guarda teneramente.

«Attenta. Pesa parecchio...» sussurra con gli occhi semichiusi.

«Ti avevo detto di non fare nulla di stupido!» lo sgrido tra le lacrime. Sento le gocce salate sulle labbra. Poggio la fronte sulla sua e lo stringo.

«Devo essere davvero stupido per provare a salvare la ragazza che ho amato per tutti questi anni.» si giustifica con un sorriso forzato. Inizia a tossire sputando sangue. Pulisco la bocca con la mano. «Per sempre...» mormora semicosciente prima di chiudere le palpebre.

«Alex?» lo chiamo sgranando gli occhi. «Alex.» ripeto scuotendolo dalle spalle. Alex non risponde. Inizio a scuoterlo più forte gridando il suo nome sempre più forte fino a quando non avverto qualcuno arrivare accanto a me e buttarsi in ginocchio.

«Alex! Alex! Svegliati, brutto bastardo!» urla Mark togliendomi il corpo dell'amico dalle mani. Inizia ad abbracciarlo e a scuoterlo. «Bastardo, rispondi!» inizia ad imprecare.

Abbasso lo sguardo verso le mani ricoperte del suo sangue mentre le lacrime scendono senza sosta.

Non riesco a distogliere gli occhi da quel sangue che ricopre palmi, dita e unghie. Debora ci raggiunge correndo e si getta al fianco di Mark che inizia a scuotere Alex con più foga.

Alex non risponde. Non reagisce.

«Alex, ti prego...» piagnucolo mettendomi in ginocchio e accarezzando la fronte del mio primo amore. Il cuore inizia a stringersi e l'aria inizia a venire meno.

Non riesco a respirare!

Inizio a tossire con forza.

Presa dal panico, levo con forza l'armatura gettandola lontano prima di gettarmi a terra.

Mi piego e, stringendo la leggera e quasi velata tunica che ricopre il corpo, urlo per il dolore.

Non è un urlo normale.

È rabbia, disperazione, dolore di non aver potuto salvare una delle persone che più amo a questo mondo.

Gabriel mi stringe da dietro circondandomi il corpo con le braccia. Mi piego su me stessa stringendo il cuore.

«Togli fuori tutto ildolore. Liberatene!» grida con la voce spezzata. 

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora