Capitolo 24

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Mi sveglio di soprassalto. Il cuore batte molto velocemente e sono tutta sudata. Guardo la finestra e mi rendo conto che il sole è già alto. Era solo un sogno. Faccio un lungo sospiro. Guardo l'ora: le 16.

Possibile che mi abbiano permesso di dormire così tanto?

«Aurora stai bene?» domanda qualcuno bussando con forza.

Mi alzo e barcollo verso la porta poggiando la mano sulla parete. Dinanzi a me appare Debora.

«Deb,aiutami.» imploro crollando in ginocchio. Debora si abbassa e mi stringe fortedandomi piccoli colpi sulla schiena. 

Inizio a farfugliare qualcosa, anche se non so cosa

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Inizio a farfugliare qualcosa, anche se non so cosa.

Dopo avermi fatto sdraiare sul letto, si siede accanto e con una mano mi abbraccia.

‹‹Mi dispiace.››

‹‹Sono io ad aver sbagliato. Ma ti giuro che non sapevamo fossi tu. Non avrei mai voluto che fossi coinvolta in quest'incubo ma, una volta che abbiamo capito che eri tu, non potevamo più chiudere gli occhi e far finta di nulla... troppi innocenti sono morti e molti continuano a morire ogni giorno per le nostre strade.›› spiega accarezzandomi la testa. ‹‹Mi prenderò cura di te, non ti accadrà nulla. Nessuno di noi permetterà che ti sia fatto del male... a costo della nostra stessa vita, giuro che tornerai a casa.››

Sollevo leggermente la testa per guardarla negli occhi prima di stringerla con forza.

Vorrei che qualcuno bloccasse il tempo, perché stare tra le braccia di Debora mi rassicura. Per quanto non riesca pienamente a rendermi conto che quello che sto vivendo non è un sogno, dall'altra parte so che devo accettarlo. Forse non è un male che le persone a cui voglio bene siano al mio fianco.

Dopo essermi ricomposta e vestita, usciamo dalla stanza per andare a fare merenda.

In cucina non c'è nessuno. Non ho molta fame, ma Debora mi obbliga a mangiare uno yogurt e della frutta. Mentre raggiungiamo il resto del gruppo in salotto, mi rendo conto di quanto siano comodi il pantalone e la maglietta che mi ha dato. Sono molto stretti, ma riesco a muovermi senza problemi.

Appena entriamo nella stanza, tutti smettono di parlare e concentrano i loro sguardi su di me. Mi sento un po' in imbarazzo, anche se non dovrei visto che sono la vittima in questa situazione. Alex mi sorride con dolcezza come se nulla fosse e mi prega di sedermi accanto a lui.

‹‹Al lavoro!›› ordina Tom alzandosi.

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