Capitolo 9

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Durante la lezione parliamo del più e del meno, ma soprattutto delle nostre vite. Resto a bocca aperta quando mi rivela di non aver mai conosciuto sua madre e di vivere col padre che è perennemente in viaggio. 

Ascolto tristemente quelle parole pronunciate così meccanicamente che sembrano quasi far parte di un copione ripetuto chissà quante volte. Sembrano finte, prive di sentimento, come se la storia che sta raccontando non sia la sua, ma quella di un semplice sconosciuto. 

Non ci sono dettagli. Nessun nome e nessun luogo.

‹‹Non ti dispiace dover essere sempre costretto a lasciare la tua casa?›› chiedo cercando di capire qualcosa di quella che è stata finora la sua vita. Il suo viso sembra diventare un punto interrogativo. ‹‹Dev'essere stato difficile dire addio agli amici e alla vita che ti eri costruito.›› spiego guardandolo con più attenzione.

‹‹Non ho mai avuto amici.›› risponde tranquillamente come se fosse la cosa più naturale del mondo.

‹‹Non hai mai avuto amici con cui parlare di te, dei tuoi problemi, ridere e fare cose folli?›› domando stupita mentre mi osserva come se non ci fosse nulla di strano.

‹‹Non ho mai avuto un rapporto così. Ho sempre avuto accanto a me persone che facevano quello che dicevo ma non mi importava granché di loro.›› spiega sfregandosi il mento.

‹‹Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per far battere il tuo cuore.›› dico di getto preoccupata seriamente che il ragazzo seduto accanto a me sia un automa.

‹‹Il mio cuore batte benissimo.›› risponde secco e infastidito guardandomi in cagnesco. 

Possibile che non riesca a capire il sarcasmo? 

Gabriel continua a fissarmi e dai suoi occhi percepisco che le mie parole per lui non hanno senso. Potrebbe essere una battaglia persa in partenza ma bisogna almeno provarci.

‹‹Vabbè lasciamo perdere. Sarò la tua amica numero 1!›› annuncio come fosse un trionfo mentre mi osserva ancora contrariato e dubbioso.

‹‹Non penso sia possibile.›› risponde voltandosi dall'altra parte.

‹‹Perché?›› 

Mi sento offesa ma la domanda resta sospesa nel vuoto. È antipatico fino al midollo e mi sento di perdere tempo con casi disperati come lui. Inizio così a sbruffare mentre, al suono della campanella, lui si alza e si allontana lasciandomi indietro. 

‹‹Scendiamo insieme in palestra?›› domando con i libri tra le braccia aspettando una risposta che non arriva. Gabriel mi osserva divertito e si limita ad alzare le spalle e a rallentare il passo. Penso che abbia già capito che sono un po' testarda e quando mi metto una cosa in testa è difficile farmi cambiare idea. 

Quando esco dallo spogliatoio, è appoggiato al muro e mi sta aspettando spazientito.

‹‹La prossima volta fai aspettare il tuo fidanzato, non me.›› afferma seccato iniziando ad avviarsi verso l'ingresso della palestra.

Una volta entrati, resto a bocca aperta. Quest'anno il preside ha dato il meglio di sé. La palestra è stata completamente ristrutturata. C'è un campo da pallavolo, uno da basket e, in un angolo, ci sono alcuni attrezzi. Respiro ad occhi chiusi quell'odore di vernice fresca che verrà ben presto sostituito dall'odore nauseante delle squadre agonistiche che usufruiscono della nostra struttura. 

Osservo ogni particolare fino ad innamorarmene. Ho sempre amato lo sport e ho sempre praticato le discipline più varie. Lungo una parete noto una serie di sbarre di legno messe una dietro l'altra. Mi vengono in mente ricordi in cui da bambina faccio l'equilibrista saltando come nei film. Quante volte sono caduta da questa sbarra quando facevo ginnastica artistica. 

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora