Capitolo 44

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«Vi raccomando. Occhi aperti. Ora è finito l'addestramento e non saremo più al sicuro una volta attraversato il portale.» spiega Tom che, vestito con un'armatura nera con stampato lo stemma della Fenice, spada pendente al fianco sinistro, ha finalmente l'aspetto di un comandante. 

Il suo sguardo è serio e profondo mentre parla e guarda i nostri volti uno ad uno quasi voglia scolpirli nella mente. 

Accanto a lui, seguo il suo esempio.

Guardo i miei compagni.

I miei soldati.

Portano tutti un'armatura con lo stemma della Fenice. 

Gli unici ad essere vestiti diversamente siamo io, Gabriel, James e il nuovo arrivato. 

I nostri indumenti non sono grossi o pesanti come le armature che indossano gli altri ma leggere, in modo da permetterci di muoverci più velocemente. 

James e Tom hanno deciso di farci indossare degli indumenti Elfici per facilitare i nostri movimenti visto che l'armatura è troppo pesante per noi che non siamo abituati ad indossarla. Penso che sia stata la scelta più giusta.

Abbasso lo sguardo per analizzare meglio i miei indumenti. A parte i pantaloni marroni e gli stivali, il resto del nostro abbigliamento è composto da una protezione di cuoio che copre gli avambracci e da una tunica verde scuro lunga fino a metà gamba, munita di cappuccio. Guardo il fodero pendere dal fianco sinistro e avverto una strana sensazione. 

Non ho mai portato armi con me così come non ho mai pensato di doverle utilizzare per proteggermi e far del male a qualcuno. Ora non posso più cedere a causa dei dubbi e delle paure che prendono vita nella testa.

«Porta con te anche questi.» dice James inginocchiandosi e allacciando allo stivale la cinghia di un piccolo fodero contenente tre coltelli. Poi si alza e mi porge la faretra.

«Grazie.» affermo posizionandola sulla schiena. Poi si allontana e si avvicina a Gabriel per sussurrargli qualcosa che non riesco a sentire.

Tutto quello che accade nei minuti successivi sembra parte di un sogno. Debora si avvicina ad un salice e pronuncia alcune parole. Le radici iniziano ad illuminarmi, poi la luce ricopre tutto l'albero.

È scomparso.

Stupita stringo gli occhi per guardare meglio ciò che sta accadendo all'interno della luce. L'albero in realtà è stato risucchiato dal terreno dal quale emergono una serie di rami che, unendo tra loro le due estremità, formano una porta all'interno della quale compare un vortice tra il blu notte e l'azzurro. 

Inconsapevolmente indietreggio esterrefatta e sbatto contro Ares che sembra quasi provare il mio stato d'animo

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Inconsapevolmente indietreggio esterrefatta e sbatto contro Ares che sembra quasi provare il mio stato d'animo. Si avvicina e col muso mi spinge in avanti. È strano come gli animali riescano ad avvertire le emozioni delle persone. 

Accarezzo il suo muso e, dopo aver afferrato le redini, salgo in sella.

«Andiamo, amico mio.» mormoro abbassandomi a livello del suo orecchio.

Uno ad uno i soldati attraversano il portale e scompaiono nel nulla. Quand'è il mio turno, mi volto indietro per ammirare un'ultima volta la mia terra.

«Tornerò.» sussurro al nulla. Ora ha inizio un nuovo tempo e nulla può condizionarmi. La ragazzina spensierata e ingenua è morta ed al suo posto c'è una ragazza sicura di ciò che l'attende. «Andiamo.» ordino ad Ares che inizia ad avanzare verso il portale. 

Quando lo attraversiamo avverto per un breve istante una strana sensazione. È quasi come gettarsi di botto nel fuoco e successivamente nell'acqua ghiacciata. 

Mille brividi mi percorrono il corpo. 

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora