Capitolo 16

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‹‹Aurora mi hai fatto prendere un colpo!›› Gabriel entra nella stanza come una furia. 

È trascorsa circa una settimana da quel sogno così realistico e, finalmente, ho avuto la possibilità di tornare a casa. Mamma e papà mi sono stati alle calcagna e hanno preferito che trascorressi un po' di giorni sola con loro, lontana da tutti. 

‹‹Pensavo fossi morta!›› 

È bianco in viso e con le occhiaie molto evidenti. Cerco di farfugliare qualcosa, ma è meglio farlo sfogare. Quando smette finalmente di inveire contro di me, nonostante non abbia ascoltato nemmeno una delle sue parole, posso finalmente porgli la domanda cui non riesco a dare una risposta.

‹‹Cos'è successo precisamente?›› chiedo quando l'atmosfera si fa più leggera. Voglio solo capire cosa sia accaduto quando ho perso i sensi. Gabriel respira ed inizia a raccontarmi ogni cosa.

‹‹Stavamo parlando nel corridoio, poi sei svenuta di colpo. Hai iniziato a respirare affannosamente e poi...›› si interrompe indicandomi il fianco. ‹‹Hai iniziato a sanguinare! Ho chiamato l'ambulanza e ti hanno portata in Ospedale dove ti hanno svestita per visitarti. Ho detto ai medici della tua ferita ma, quando hanno alzato la maglietta, la ferita si era già rimarginata! Così, per non sembrare pazzo, ho detto che forse ti eri macchiata a pranzo con del pomodoro. Per fortuna c'era caos in Ospedale per un altro incidente e non hanno nemmeno controllato. Ti hanno cambiata e, senza che se ne accorgessero, ho preso la maglietta e l'ho gettata.›› 

Noto dal tono della sua voce e dalla sua espressione che anche lui, di questo passo, rischia di perdere la testa. 

 ‹‹Aurora.›› sussurra con voce calma, ma seria, alzando gli occhi verso di me mentre si siede sul letto. Rabbrividisco e deglutisco temendo l'infinità di domande che trattiene nel suo cuore. Vorrei sdrammatizzare dicendogli che ora sto bene, ma evito, perché rischierei di farmi uccidere sul serio. 

So che non ha voglia di scherzare, ma vuole solo delle risposte; risposte che purtroppo non posso dargli. Pensavo fosse un sogno o almeno lo speravo, ed invece scopro che Gabriel ha visto tutto. Prendo il cappotto e gli faccio capire che è meglio se facciamo un giro in macchina.

Dentro l'auto l'aria è più gelida di quella che c'è fuori. Gabriel guida con uno sguardo così serio che ho ancora paura di parlare. Stranamente è lui a rompere il silenzio.

‹‹Mi vuoi dire che diavolo sta succedendo? Non accetterò risposte del tipo ''hai sognato ogni cosa''.›› esordisce fermando bruscamente la macchina. Se non fosse stato per la cintura, penso che sarei sbattuta sicuramente contro il vetro. 

Da dove inizio?

Presa dallo spavento e dal nervosismo, inizio a contorcermi le dita. 

Alzo il viso e mi blocco per un istante sulla sua bocca e sui suoi occhi.

Da quando sono diventati così belli.

Scruto ogni lineamento del suo viso. È come se stessi guardando il cielo in un giorno d'estate.

Ma che pensieri mi vengono in mente?

Scuoto più volte la testa per tornare in me. Cerco di schiarirmi la voce prima di iniziare a parlare.

‹‹Non so effettivamente cosa sia accaduto quel giorno, ma ti dirò tutto ciò che penso sia successo. Non dovrà uscire da questa macchina, hai capito?›› lo prego temendo che tutti, scoprendolo, possano prendermi per pazza. 

Non voglio che mi rinchiudano in qualche Ospedale psichiatrico, non voglio essere guardata e indicata quando cammino per strada.

Con un cenno Gabriel mi fa capire che posso stare tranquilla, così decido di raccontargli ogni cosa.

Le parole escono da sole come un fiume in piena e più racconto quella storia che ai miei occhi appare assurda, più mi sento bene, perché gli occhi di Gabriel non mi stanno giudicando. Il suo sguardo è serio e attento; la sua bocca è serrata e, per la prima volta da quando lo conosco, non mi interrompe e aspetta che finisca il racconto.

‹‹Non sono solito credere in eventi paranormali o cose simili, ma non posso mettere da parte ciò che ho visto. Tuttavia, voglio che tu rifletta attentamente su ciò che sto per dirti.›› spiega mentre cerco di mantenere la calma. ‹‹Se quel ragazzo ti ha detto che tu sei la chiave per porre fine alla guerra, vuol dire che ti continueranno a cercare. E se qualcuno dovesse far del male ai tuoi genitori? Pensaci...››

L'idea che qualcuno possa fare del male alle persone che amo mi fa venire i brividi. Osservo con gli occhi terrorizzati quelli di Gabriel e spero che almeno lui abbia una risposta. Quando si sporge in avanti per abbracciarmi, mi lascio andare. 

Ti prego non mi lasciare sola. 

Lo prego nei miei pensieri mentre ricambio con forza il suo abbraccio. 

‹‹Ho paura di non distinguere più cosa sia reale da cosa non lo sia...›› sussurro appoggiando la fronte sul suo petto. Sento le sue mani accarezzarmi delicatamente la testa e il suo petto salire e scendere quasi come se mi stesse cullando.

‹‹Ne riparleremo più tardi a casa mia. Ho organizzato una festa per il tuo ritorno... promettimi che verrai. Ci saranno tutti...›› spiega mentre nella mia testa riesco già a sentire le urla dei miei genitori se provo minimamente a nominare la parola festa.

‹‹Non mi permetteranno di mettere il naso fuori casa.››

‹‹Esci di nascosto... devi venire.›› mi supplica alzandomi il mento con la mano.

Quando torno a casa, mi sento strana, quasi fuori posto.

E se questa non fosse davvero la mia casa?

Mi aggirano tra i corridoi come un fantasma e analizzando ogni oggetto.

Afferro una vecchia foto e osservo con dolcezza le figure che la riempiono. 

Ricordo quel momento. Ero così emozionata all'idea di festeggiare con le mie nuove amiche. Mamma aveva fatto una splendida torta alla frutta come regalo per il mio compleanno. 

Ed eccoci lì, io e mamma, davanti a quella magnifica torta fatta con amore con solo otto candeline che illuminano la stanza, abbracciate così forte che nessuno avrebbe mai potuto separarci. 

Ed ora, invece, tutto appare surreale, un'invenzione, una bugia. 

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora