Capitolo 108

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«Dove siamo?» chiedo guardandomi attorno. Sembra un vecchio palazzo reale. Il marmo infonde una strana luce alle stanze abbandonate da chissà quanto tempo. 

Fa molto freddo. Lo seguo zoppicante in silenzio. 

Se avessi un'arma con me, lo pugnalerei senza rimorsi se non fosse che devo prima capire cosa ne ha fatto della mia bambina. 

La immagino impaurita e sperduta in quel luogo freddo e buio.

«Avevamo sempre sognato di vivere qui.»

Azrael ripiega le grandi ali sulla schiena e solleva il viso verso il soffitto stellato e successivamente verso i quadri che adornano le stanze. 

Mi soffermo sugli oggetti. 

Sembrano essere stati scelti tutti scelti con cura.

«Voglio condividere con te una cosa, ma devi darmi la tua parola di lasciarmi fare.»

«Non mi fido di te e non ho intenzione di stare ai tuoi giochetti ancora per molto.»

La mia risposta pronunciata con tono poco gradevole non crea in lui l'effetto desiderato.

«Solo per questa volta fidati di me.»

«Ho scelta?»

«Se vuoi rivedere la bambina, no. Tuttavia, la scelta è tua.» chiarisce allungando una mano verso di me. L'afferro titubante. Mi tira a sé.

Una mano dietro la mia nuca. Appoggia la fronte contro la mia. Quel contatto e quella vicinanza mi disturbano ma ripeto a me stessa che lo sto facendo per Jessy. 

Quando chiude gli occhi, lo faccio anche io. 

Lo sento cantilenare qualcosa di incomprensibile. Sono un fascio di nervi e pronta a scattare in qualsiasi momento.

Improvvisamente, una serie di immagini prende vita nella mente. Non sono ad intermittenza come nel bosco. 

Terrorizzata e spaesata rivivo i momenti vissuti insieme, o almeno così sembra. Il problema è che la protagonista della vita che rivivo come un film non sono io. Mi somiglia. In lei rivedo i miei occhi. In lei il mio sorriso. 

Guardo la sconosciuta crescere al fianco di un giovane che la riempie di amore e attenzione. Il loro amore è così grande che inizio a comprendere la pena di Azrael. Se anche io avessi perduto il grande amore della mia vita, probabilmente venderei anche l'anima al diavolo per riaverlo indietro. Se il suo gesto malsano non avesse portato alla morte di così tanti esseri viventi, avrei potuto vedere in lui il ragazzo e non il mostro.

«Perché tu non ricordi tutto questo?» chiede afflitto mentre mi limito a tenere gli occhi chiusi mentre le ultime immagini riguardanti la maledizione gettano il panico nel mio cuore spingendomi ad aprirli. La protagonista di quella vita non c'è più. Si dilegua come sabbia al vento. Sparisce nel nulla.

«Mi dispiace per quanto hai perso.»

Lo penso davvero. Non augurerei a nessuno di subire le ingiustizie di cui è stato vittima. Quando la Fenice si era risvegliata, aveva portato con sé anche l'amore nei suoi confronti e l'odio verso la donna che aveva distrutto la loro felicità. Una parte di lei vivrà per sempre in me.

Ad un tratto, sento una voce in lontananza. Mi chiama, ma non capisco da dove provenga. Inizio a camminare seguendo, per quanto è possibile, quella voce.

Mi soffermo su una piccola conchiglia, ingiallita dal tempo, posata su un tavolino di cristallo. Azrael sgrana gli occhi.

Con delicatezza prendo la conchiglia e l'osservo confusa. La voce è sparita. Mi guardo attorno ma sono convinta che provenisse proprio da qui. Alzo il piccolo involucro e lo appoggio contro l'orecchio. Sgrano gli occhi quando mi rendo conto che ciò che pensavo di sentire tutto è eccetto che il mare. È la voce della ragazza.

Il risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora