Capitolo 96: Giorni bui

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Sirius passò i primi dieci giorni dopo la morte di Marlene nella disperazione più totale.
Dopo quella maledetta sera, i suoi amici non si erano sentiti di lasciarlo tornare a casa da solo, perciò Remus lo aveva portato a casa con se, lo aveva sistemato nella stanza degli ospiti dove lui era rimasto senza più muoversi fino al giorno dei funerali.
Quella mattina, James e Lily si erano presentati a casa di Remus e, tutti insieme, avevano convinto Sirius ad alzarsi dal letto, farsi una doccia, la barba e vestirsi.
Lui aveva fatto tutto molto lentamente, come un automa, senza quasi rendersi conto dei movimenti che faceva. Tanto che, quando Lily lo aveva visto con quello sguardo spento e il rasoio da barba in mano, preoccupata che potesse ferirsi gli si era avvicinata.
Delicatamente gli aveva sfilato il rasoio dalla mano, lo aveva fatto sedere sul bordo della vasca e gli aveva alzato un po il mento. Dopo di che aveva iniziato a radergli le guance con movimenti lenti e misurati.
Lui era rimasto a fissarla per tutto il tempo quasi senza vederla.
Il dolore che continuava a provare incessantemente in tutto il corpo non gli permetteva di sentire o provare altro. Si era reso conto solo vagamente di provare gratitudine nei confronti della sua amica rossa e avrebbe tanto voluto farglielo sapere, dirle che stava davvero apprezzando tutto quello che loro facevano per lui nonostante anche loro stessero soffrendo, ma proprio non ci era riuscito.
Gli era sembrato di avere le corde vocali atrofizzate e che non sarebbe riuscito a parlare mai più. Come se gli avessero scagliato contro un silencio permanente.
Sapeva che a Lily non servivano parole per comprendere come si sentiva o quello che avrebbe voluto dirle. Lily era una di quelle persone gentili per natura e non le interessava se lui non dimostrasse gratitudine nei suoi confronti, a lei faceva piacere aiutarlo e stargli accanto a prescindere.
Forse lei, più di tutti, era quella che poteva capirlo meglio.
Marlene era stata una sorella per lei. Avevano molto in comune ed erano molto legate fin dai tempi di Hogwarts, ma era in quegli ultimi anni che il loro rapporto era cresciuto e si era evoluto.
La vita e le brutte esperienze che entrambe avevano vissuto le avevano avvicinate ancora di più.
Essendo poi le fidanzate di due migliori amici era logico che passassero molto tempo insieme. James e Sirius non potevano stare lontani l'uno dall'altro per molto e sfruttavano ogni occasione per passare il tempo insieme e le due ragazze non potevano che essere felici di quel bel legame che si era rafforzato tra loro negli ultimi anni.
Lily, così come Sirius, aveva perduto tanto, troppo.
Nessuno dei due aveva più una famiglia. Sirius aveva perso Regulus e Lily aveva visto morire Mary, ed entrambi non avevano potuto aiutarli.
E poi avevano perso Marlene.
Per lei la sorella che non aveva mai avuto, per lui l'amore della sua vita.
Sirius sapeva che era per questo che Lily continuava ad aiutarlo e ad occuparsi di lui. Sapeva che non avrebbe potuto lasciarlo solo perché condividevano entrambi una parte di dolore.
Quando lei aveva finito di fargli la barba, aveva preso un asciugamano e glielo aveva passato delicatamente sulle guance e sul collo, poi i loro sguardi si erano incontrati.
Lei gli aveva fatto un piccolissimo sorriso che però non arrivava agli occhi e gli aveva accarezzato una guancia.
Lui aveva ricambiato per qualche secondo, prendendo nota mentalmente delle terribili occhiaie sotto gli occhi della sua amica, dei suoi occhi rossi e della sua pelle pallida.
Poi i loro sorrisi erano scivolati via dalle loro labbra veloci come erano venuti e Lily, con un sospiro, aveva fatto un passo indietro e in silenzio era uscita dal bagno.
I funerali di Marlene e della sua famiglia erano stati per Sirius un vero e proprio strazio.
Aveva cercato di non crollare per tutto il tempo, cercando di mantenere la sua maschera da Black il più intatta possibile, ma le lacrime non era proprio riuscito a fermarle.
Silenziose e inesorabili gli avevano rigato il volto per tutto il tempo e lui le aveva lasciate cadere.
Quando la funzione era poi finita e le persone se ne erano andate, lui aveva finalmente tirato un sospiro di sollievo e aveva detto ai suoi amici, gli unici rimasti, che sarebbe tornato a casa. Sapeva che non avrebbe potuto tenere la disperazione ancora per molto dentro di se, e non voleva scoppiare davanti a loro. Gli faceva già male vedere la sofferenza e il senso di impotenza negli occhi di James ogni volta che li incrociava, non voleva dargli anche quel peso.
Perciò, dopo aver messo a tacere tutte le loro proteste sul non lasciarlo solo, Sirius si era smaterializzato a casa sua. Ed era quando aveva varcato la soglia del salotto e si era guardato intorno che si era finalmente lasciato andare ed era inevitabilmente crollato. Vedere come tutto era rimasto uguale a quando Marlene era uscita di casa per l'ultima volta lo aveva spezzato.
Il pensiero di non vederla più seduta al tavolo della cucina a lavorare, di non poterla più prendere in giro quando cercava di cucinare qualcosa di più elaborato ed inevitabilmente combinava qualche disastro, di non poterla più guardare dormire sul divano dopo cena, di non poter vedere più i suoi occhi illuminarsi quando si perdeva ad osservare il mare fuori dalla finestra... tutto ciò che lo circondava gli ricordava quello che aveva perso e quello che non avrebbe più potuto avere.
Si era ritrovato a singhiozzare disperatamente per terra, le braccia strette intorno alle gambe e la testa appoggiata alle ginocchia.
Aveva passato il primo giorno quasi tutto in quel modo, poi alla fine i singhiozzi si erano placati pian piano ed erano cessati.
Dopo di che era tornato a vivere nel sul stato catatonico aiutato dal whisky.
Era così che aveva passato i primi dieci giorni, fino a che James, in preda ad un attacco di rabbia e sofferenza nel vederlo in quello stato, non era riuscito a smuoverlo un po.
Alla fine aveva finalmente smaltito tutto l'alcool che aveva in corpo e si era deciso a farsi una doccia, e quando aveva rimesso piede per la prima volta in quella che era stata la camera da letto sua e di Marlene, aveva sentito qualcosa di diverso dal solito dolore costante.
A mano a mano che si era guardato intorno e i suoi occhi avevano assimilato ogni dettaglio di quella stanza, la rabbia era cresciuta in lui come lava incandescente.
E lui l'aveva accolta come una benedizione perché finalmente, dopo giorni e giorni di disperazione, aveva sentito qualcosa di diverso.
Si era ritrovato a distruggere la camera da letto in preda all'ira più selvaggia che avesse mai provato.
Aveva lacerato i cuscini, lanciato contro il muro tutti i soprammobili, staccato le tende del baldacchino e quelle alle finestre con così tanta forza da strapparle, aveva preso a pugni l'armadio, lanciato a terra i cassetti del comò e rotto ogni singola cosa che gli stava attorno.
Il tutto mentre gridava, gridava e gridava acceso dalla rabbia.
Alla fine, quando non aveva avuto più nulla da distruggere, si era fermato e si era guardato attorno.
I suoi occhi si erano posati su una foto che stava a terra, la cornice rotta e il vetro infranto. Si era chinato e l'aveva raccolta.
Era una foto sua e di Marlene il primo giorno in cui erano andati ad abitare in quella casa.
Sirius aveva passato il pollice sul volto di Marlene impresso per sempre sulla carta e aveva sorriso leggermente.
Su quella foto lei indossava una felpa di lui che la copriva fino a metà coscia. Era seduta sul bancone della cucina e lui era in piedi tra le sue gambe, le braccia di lei che gli circondavano la vita e le loro mani intrecciate. Marlene sorrideva alla macchina fotografica, le guance leggermente rosse, i capelli raccolti in una coda disordinata e l'aria felice e serena. Sirius ricordava che avevano scattato quella foto dopo che avevano passato ore a fare l'amore, troppo felici di essere finalmente insieme e di aver iniziato a costruire un futuro. Ricordava che lei all'inizio gli aveva detto che non era nelle condizioni migliori per fare una foto, ma lui aveva insistito perché la trovava troppo bella in quel momento per non immortalarla.
Sirius aveva sorriso di nuovo continuando a guardare la foto, immerso in quel ricordo della loro vita felice. Lì, in quel momento, lei portava ancora in grembo il loro bambino.
Fu quello forse a risvegliarlo.
Guardando il viso e il sorriso di Marlene si era reso conto che lei non avrebbe voluto che lui distruggesse le loro cose e soprattutto la sua vita in quel modo. Così, tenendo stretta la loro foto in una mano e con la bacchetta nell'altra, aveva fatto un incantesimo per risistemare la stanza e in pochi minuti tutto tornò in ordine.
Ma la rabbia che provava era rimasta.
Sirius sentiva che ormai era stata accesa e che nulla avrebbe potuto spegnerla.
Da quel giorno in poi dedicò ogni singolo istante a cercare chi gli aveva portato via Marlene.
Era deciso a trovare i suoi assassini e fargliela pagare cara.
E, cosa che lo tormentava quasi di più,  doveva riuscire a stanare la spia.
Durante le interminabili ore di solitudine aveva analizzato e ripercorso ogni singolo dettaglio di quanto era successo quella sera ed era giunto alla conclusione che non fosse stato un caso che l'omicidio fosse avvenuto proprio quel giorno.
Non poteva essere un caso che proprio durante il suo turno arrivasse una soffiata che lo aveva tenuto impegnato e lontano da casa per ore. Un altro dettaglio assurdo e che gli faceva credere che qualcuno dalla loro parte passasse informazioni era il fatto che la lettera che la madre di Marlene le aveva spedito era arrivata a casa loro. Chi, se non una persona che li conosceva e che faceva parte dell'Ordine poteva sapere il loro indirizzo e che Marlene sarebbe stata sola a casa in quel momento?
I signori McKinnon non avevano mai avuto il loro indirizzo e non sapevano dove abitavano.
I Mangiamorte dovevano avere avuto quindi la conferma che quella sera la lettera sarebbe arrivata a Marlene e che lei l'avrebbe letta da sola.
Se l'avesse letta in ufficio, lei avrebbe potuto probabilmente chiedere consiglio ad uno dei suoi amici e magari giungere a casa dei suoi genitori in compagnia di qualcuno.
Perciò, Sirius aveva capito che qualcuno aveva avvertito i Mangiamorte sui loro spostamenti e sulle loro abitudini e doveva averli aiutati a preparare la trappola.
Quella per lui divenne un ossessione.
Non riusciva più a pensare ad altro che non fosse a chi dei suoi compagni fosse passato dall'altra parte.
Ormai non si fidava praticamente più di nessuno.
Un giorno si ritrovò persino a pensare che capiva come si era sentita Dorcas dopo la morte di Gideon e Fabian e gli aveva perfino chiesto perdono per quello che le aveva detto quella sera dell'attacco in cui poi lei aveva perso la vita.
In quel periodo si sentiva enormemente arrabbiato e frustrato perché nonostante passasse ogni singolo momento a cercare indizi che lo potessero condurre ad una qualche pista, non aveva ancora trovato nulla di concreto.
Passava le notti sveglio sul divano a fissare il soffitto, a pensare e riflettere. Non era più riuscito nemmeno a considerare l'idea di tornare a dormire nel suo letto, nel loro letto, perciò passava le notti sul divano del salotto.
Ma nonostante si impegnasse tanto, non aveva ancora stanato la spia.
James era molto preoccupato per lui.
Non lo vedeva praticamente mai fuori dal lavoro o dagli impegni con l'Ordine. Si faceva vedere molto raramente in casa loro e quando passava erano sempre brevi visite.
Anche Lily era molto in pena per lui e gli dispiaceva molto che avesse smesso di passare il tempo con Harry come faceva prima.
Entrambi sapevano che ormai nella testa del loro amico c'era solo la vendetta.
James aveva dovuto alla fine cedere all'idea che qualcuno passasse informazioni ai Mangiamorte.
Ormai era chiaro e per lui fu davvero un duro colpo credere che una persona che si spacciava per loro amico in realtà non lo era.
Ma era palese che Sirius aveva sempre avuto ragione. Dopo la morte di Gideon e Fabian, dopo quella di Dorcas ed infine dopo quella di Marlene, non poteva più negare che qualcuno di loro fosse coinvolto.
Non erano mai state morti casuali, ma erano state programmate e studiate.
Questo non contribuì certo ad alzare il morale di tutti.
Se non potevano nemmeno più fidarsi tra loro, come potevano sperare di vincere quella guerra?

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