Capitolo 75: La fine di Benji Fenwick

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⚠️Volevo avvisarvi che questo capitolo contiene scene e riferimenti abbastanza violenti ⚠️

Quei giorni furono i più brutti e tetri per i membri dell'Ordine della Fenice. Stavano facendo tutto il possibile per riuscire a trovare Benji prima che fosse troppo tardi, seguendo ogni pista e indizio che avevano, ma dopo cinque giorni dal rapimento del giovane Auror non vi era nemmeno l'ombra.
Nonostante tutto il Dipartimento Auror e tutto l'Ordine erano impegnati esclusivamente nella sua ricerca, non riuscirono a trovare nulla che li aiutasse a capire dove i Mangiamorte tenevano il ragazzo.
Questo non fece altro che aumetare la tensione e la paura che erano già all'ordine del giorno.
Il rapimento di un Auror fu una notizia che fece molto scalpore e che generò ancora più insicurezza sulle persone che iniziarono a pensare che il Ministero non fosse più in grado di gestire la situazione. La gente era terrorizzata e il governo non riusciva a fare nulla per dare un po di speranza e per tranquillizare le persone. Dopo tutto se anche un Auror, una delle figure più autoritarie del Ministero, era stato preso e probabilmente ucciso nel peggiore dei modi, significava che Voldemort e i Mangiamorte erano in grado di prendere chiunque.
Le cose andavano peggiorando sempre di più e la fine della guerra appariva più lontana che mai.
Nessuno sapeva che in una vecchia villa nel Surrey il povero giovane Auror stava passando le pene dell'inferno.
«Perchè continuare a resistere? Ne vale davvero la pena?» chiese Bellatrix con finta voce dolce accucciandosi accanto a Benji.
«F-fottiti stronza» biascicò il ragazzo ormai allo stremo delle forze.
Era in condizioni pietose. Era stato torturato per giorni e in tanti modi diversi per convincerlo a parlare, ma lui non aveva mai detto nulla. I primi due giorni lo avevano picchiato a sangue, tanto da rompergli un braccio e qualche costola. Poi lo avevano quasi annegato infilandogli ripetutamente la testa in un secchio pieno d'acqua.
Bellatrix lo aveva torturato a lungo con la Maledizione Cruciatus, fermandosi solo poco prima che la sua mente venisse danneggiata irreparabilmente.
Dopo di che erano passati alle bruciature. Chiunque avesse visto quel corpo così martoriato non avrebbe mai potuto riconoscere Benji.
Ma nonostante tutto il ragazzo non aveva mai fatto un nome, mai una parola sul suo lavoro per l'Ordine o sui suoi compagni. Era consapevole che lo avrebbero ucciso comunque alla fine, con o senza informazioni, perciò avrebbe tentato di resistere fino a che poteva.
«Siamo ancora in vena di fare l'arrogante eh? Sei più duro di quanto pensassi, devo ammetterlo» commentò Bellatrix.
«Avanti, dimmi chi sono i tuoi compagni dell'Ordine e porrò fine a tutto questo strazio. Finalmente smetterai di soffrire e potrai riposare in pace, te lo prometto» civettò la donna.
«N-non potrei... mai... r-riposare in pace... se... se tradissi i m-miei compagni» mormorò Benji con uno sforzo enorme e tossendo.
Era così sfinito che non riusciva più a muovere nemmeno un muscolo o ad aprire gli occhi.
Bellatrix lanciò un grido di frustrazione. Dopo tutti quei giorni non erano ancora riusciti a cavare nulla dalla bocca di quel ragazzo e il suo padrone iniziava a spazientirsi.
«Dimmi un nome!» ringhiò lanciando un getto di fuoco dalla bacchetta che bruciò il petto del ragazzo.
Benji gridò con quel poco di fiato che gli era rimasto e il suo corpo prese a tremare violentemente.
Artigliò le mani sul pavimento polveroso e le unghie, o quel poco che ne rimaneva, ripresero a sanguinare.
«Voglio dei nomi e li voglio ora! Chi sono i tuoi compagni dell'Ordine?! La Meadows? Sono sicura che quella sgualdrina ne faccia parte e se c'è lei ci sono anche quei traditori dei Prewett! Ho ragione, non è così?!» gridò infuriata la donna.
Ma il ragazzo continuò a non parlare. Pianse in silenzio, mordendosi il labbro ormai già spaccato e graffiando il pavimento.
Il dolore delle bruciature era cosi intenso che il suo corpo ormai non sentiva più nient'altro.
«Ne fa parte anche Potter vero? E la Evans, Black e tutta la combriccola, non è così?» sibilò all'orecchio del ragazzo accucciandosi su di lui.
Ormai nel tono della sua voce si percepiva una certa disperazione.
Bellatrix bramava la stima di Voldemort così tanto che stava diventando quasi un ossessione.
«G-guardati... sei così d-disperata che tiri fuori... nomi a caso... n-nessuno di loro ne fa parte... ancora n-non lo hai capito? N-non ti dirò nulla... uccidimi... uccidimi e falla finita... morirò entro oggi c-comunque... io lo so, e anche tu... P-potrai avere almeno la soddisfazione... d-di poter dire al tuo padrone c-che... sono morto per mano tua» sussurrò Benji stremato.
Bellatrix lo fissò per un attimo riflettendo sulle sue parole.
Sapeva che il ragazzo non avrebbe mai parlato e che non sarebbe sopravvissuto un altro giorno in quelle condizioni, ma di certo andare dal suo signore e ammettere di aver fallito di nuovo non era un'idea che le piaceva molto.
E allora che fare?
«Bella? A che punto sei?» chiese Lucius entrando nella stanza.
«Allo stesso punto di ieri sera quando te ne sei andato» ringhiò la donna alzandosi.
Lucius scoccò un' occhiata al ragazzo e poi tornò a rivolgersi alla cognata «il Signore Oscuro vuole dei nomi.»
«E tu cosa credi che io stia facendo?! Abbiamo provato in tutti i modi ma questo qui non parla!» gridò furiosa Bellatrix.
«Senti, mi è venuta un'idea: so che Piton sta studiando per diventare un Legilimens, chiediamo a lui» disse Malfoy.
Bellatrix strabuzzò gli occhi e sbottò «cosa?! Chiedere aiuto ad una recluta? A Piton? Sai che non lo sopporto, Lucius!»
Lui alzò gli occhi esasperato e poi esclamò «è la nostra unica possibilità! Sai che non piace nemmeno a me! Ma vuoi forse andare dal Signore Oscuro e dirgli che non siamo riusciti a sapere nulla?! La legilimansia è la nostra ultima chance. Non sopravviverà ad altre torture e comunque non dirà nulla, e tu lo sai.»
Ovviamente lei sapeva che Lucius aveva ragione, ma le costò comunque molta fatica ammetterlo.
«E va bene. Andiamo a parlare con quel viscido di Piton» acconsentì sospirando e finalmente se ne andarono lasciando solo Benji.
Il ragazzo riuscì a tirare un leggero sospiro di sollievo. Almeno per un po avrebbe avuto un po di tregua.
Quando si rese conto che quei due avevano parlato di legilimanzia i suoi occhi si aprirono di colpo.
Ora era terrorizzato. Se Piton era davvero in grado di leggere la sua mente, i suoi amici erano tutti in pericolo. E a nulla erano serviti tutti i suoi sforzi e tutto il dolore che aveva provato fino a quel momento, perchè sapeva che non avrebbe potuto resistere a quel tipo di magia.
All'Accademia aveva studiato Occlumanzia, la tecnica per proteggere la mente dalle intrusioni altrui, ed aveva imparato a respingere un Legilimens abbastanza bene. Ma quella era la scuola. In quei momenti la sua mente era lucida e soprattutto il suo corpo non era martoriato, sfinito e dolorante come lo era ora.
Non avrebbe potuto resistere per più di due minuti, nemmeno se Piton fosse stato una schiappa, non in quelle condizioni fisiche. Avrebbe visto tutto, ogni faccia, ogni informazione, ogni piano di cui era a conoscenza sarebbe stato nelle mani di Piton e lui non avrebbe esitato un attimo ad andare vittorioso da Voldemort e vantarsi di essere riuscito finalmente ad avere quello che voleva. E a quel punto non ci sarebbe stato più nulla da fare, per nessuno di loro. Lui sarebbe stato mucciso all'istante, ormai rimasto un inutile guscio vuoto privo di qualsiasi utilità per i Mangiamorte, e suoi amici sarebbero stati stanati e uccisi uno ad uno. No, non poteva permetterlo, si disse risoluto.
Con quella poca forza che gli era rimasta in corpo decise che lo avrebbe impedito a tutti i costi, così piano piano iniziò a strisciare sul pavimento sporco cercando di fare leva sulle gambe e non sul braccio rotto. Ogni più piccolo movimento era pura agonia. Le ferite che si erano richiuse un poco si aprirono di nuovo e iniziarono a sanguinare, le costole scricchiolarono sinistramente e il suo corpo venne scosso da violenti brividi, tanto era il dolore che provava. Ma alla fine, piano piano, riuscì ad arrivare vicino ad una sedia di legno appoggiata al muro. Era piuttosto malandata e alcune viti sbucavano fuori dal legno tarlato.
Ne prese una tra le dita e con non poco sforzo riuscì ad estrarla dalla sedia. Se la portò davanti agli occhi per vederla meglio. La testa gli girava furiosamente a causa del dolore, della perdita di sangue e della disidratazione. Da quando lo avevano portato lì non gli avevano mai dato nè cibo nè acqua.
Sapeva che stava per morire comunque, sentiva che il suo corpo si stava lasciando andare, perciò decise che avrebbe solo velocizzato la cosa.
Si mise seduto appoggiando la schiena alla parete, prese un lungo respiro e poi, mentalmente, disse addio a tutti i suoi cari. Ai suoi genitori, che dovevano essere così in pena per lui, ai suoi amici, ai suoi colleghi Auror e ai suoi compagni dell'Ordine.
Non provò paura o terrore sapendo cosa stava per fare, ma una sorta di sollievo. Era finalmente libero da tutta quella sofferenza e sarebbe finalmente andato in un posto in cui nessuna guerra e nessun mago oscuro avrebbe potuto fargli del male.
E se ne andava sapendo di essere riuscito a proteggere le uniche persone che potevano sperare di vincere, di sconfiggere il male e lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni.
Fu con questa nuova sensazione di pace che premette la vite arrugginita prima su un polso e poi sull'altro, più e più volte. Voleva assicurarsi di perdere più sangue possibile in poco tempo. Guardò per un attimo il sangue scuro scorrere lungo le sue braccia e scivolare giù fino a cadere sul pavimento. Non sentì quasi nessun dolore; quello era nulla in confronto a quello che aveva provato in quegli ultimi giorni. Fu quasi contento che le ferite più vecchie si fossero riaperte, così che avrebbe perso ancora più sangue.
Sorrise al pensiero di lasciarsi finalmente andare e chiuse gli occhi.
Era finalmente libero.

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