Ottobre 1981
Era una sera umida e fredda e Albus Silente stava camminando a passo lento per le vie di Hogsmede.
C'era già pochissima gente in giro essendo ormai calato il sole, e quei pochi che incrociarono il suo cammino non si fermarono a scambiare più di un saluto.
Nessuno si sentiva al sicuro per strada, soprattutto con il buio, perciò Silente non si stupì del fatto che nonostante godesse dell'ammirazione e del benvolere di tutti gli abitanti del villaggio, nessuno si soffermasse per più di trenta secondi a chiacchierare con lui. Ormai ci era abituato.
Forse lui era l'unico che ancora passeggiava tranquillamente per strada senza avere il timore di essere attaccato da ogni angolo.
Le cose erano ormai diventate davvero difficili. Le continue perdite che purtroppo colpivano l'Ordine della Fenice non facevano altro che minare la speranza già flebile dei membri rimasti.
Continuavano a perdere amici, maghi e streghe dotati, e sembrava che nessuno potesse far nulla per cambiare le cose.
Ogni piccolo passo in avanti che loro compivano, i Mangiamorte ne facevano tre in più.
Non riuscivano mai a sentirsi in vantaggio, e Silente sapeva che anche i membri più coraggiosi dell'Ordine stavano iniziando a cedere.
Continuavano ad andare avanti, a lottare, ma lui lo vedeva che la scintilla che li animava all'inizio si stava spegnendo a mano a mano.
Ogni tanto si chiedeva se avesse preteso troppo da tutti loro.
Si domandava se non avrebbe fatto meglio a cercare il modo di sconfiggere Voldemort da solo.
Quante vite sarebbero state risparmiate in quel caso?
Quanti giovani maghi e streghe sarebbero stati ancora vivi?
Ma la sua mente logica e razionale sapeva che non sarebbe cambiato nulla. La guerra è guerra, e in un modo o nell'altro distrugge tutto ciò che ci circonda.
Se anche lui non avesse fondato l'Ordine della Fenice, era sicuro che persone come Dorcas, come i fratelli Prewett, come Marlene, avrebbero perso la vita ugualmente perché in ogni caso avrebbero lottato e non si sarebbero mai arresi ai Mangiamorte.
Nessuno di loro si sarebbe unito a Voldemort, perciò erano tutti già segnati. L'unica consolazione che potevano avere quelli che ancora erano in vita era che i loro cari se ne erano andati combattendo e dando tutto ciò che potevano per cercare di creare un modo migliore. Era una magra consolazione, lo sapeva, ma era tutto ciò che avevano.
Interruppe i suoi pensieri quando arrivò davanti alla porta del pub La Testa di Porco.
L'insegna ciondolava appesa sopra l'entrata come sempre e lui, con un sospiro un po scocciato, spinse la porta e varcò la soglia, deciso a mettere fine a quell' impegno inutile il prima possibile.
L'interno era sporco e semibuio come sempre. C'erano pochi clienti seduti ai tavoli e come al solito nessuno di loro aveva un aspetto raccomandabile.
Il pub non godeva certo della rispettabile clientela come il Tre Manici di Scopa, e potevi sempre fare degli strani incontri in quel posto.
Comunque, era molto più economico del pub di Madama Rosmerta, ed era certamente per quello che la persona che doveva incontrare lo aveva scelto.
«Buona sera Aberforth» salutò educatamente avvicinandosi al bancone dove il barista, nonché suo fratello, stava strofinando un bicchiere con uno straccio già molto logoro.
«Albus» rispose con una sorta di grugnito l'altro senza smettere si strofinare.
«È su nella sua stanza?» domandò Albus ignorando il freddo distacco del fratello a cui era ormai abituato da anni.
«Si, ti accompagno» borbottò Aberforth posando straccio e bicchiere e avviandosi verso l'altro lato del pub dove una scalinata conduceva alle camere da letto.
«Grazie mille» disse Silente, amabile come sempre, seguendolo.
Aberforth lo condusse al piano superiore dove un lungo corridoio ospitava su entrambi i lati numerose porte.
Nonostante fossero stanze da letto che le persone potevano affittare per passare la notte, non erano tenute meglio del piano di sotto, anzi erano squallide tanto quanto il pub.
Ma Albus Silente non disse nulla e continuò a seguire il fratello lungo il corridoio.
Aberforth si fermò davanti ad una porta tarlata in vari punti e a cui si stava staccando la vernice, e su cui era attaccata una targhetta consunta con il numero 7 rovinato.
«Ecco qua. Buona fortuna» disse l'uomo con un sorrisetto di scherno e poi se ne andò.
Silente sospirò di nuovo pensando a quanto fosse una perdita di tempo quell'incontro, poi bussò un paio di volte.
Qualche istante dopo la porta si aprì e sulla soglia apparve una giovane donna.
Era vestita con molti strati di veli e scialli, svariate collane e bracciali, portava degli spessi occhiali rotondi e i capelli biondi le ricadevano un po disordinatamente sulle spalle.
«Professor Silente, che piacere! Sono onorata che lei sia venuto fin qui per me. La prego si accomodi» esclamò la donna.
«Grazie, signorina Cooman» disse Silente entrando e poi aggiunse «anche se immagino che lei sapesse già del nostro incontro.»
Nonostante avesse parlato con un tono educato e con il sorriso gentile sulle labbra, la donna doveva aver percepito comunque una punta di sarcasmo perché raddrizzò le spalle e si strinse nei suoi scialle, poi ribattè «ovviamente, signor Preside. Avendo io il dono della Vista sapevo benissimo che avrebbe accettato di incontrarmi, ma un Veggente che si rispetti non si vanta mai del suo sapere. A volte preferisco comportarmi come una persona normale così da non mettere a disagio gli altri.»
«Oh ma certamente, ne sono sicuro» commentò Silente sorridendo e sedendosi su una sedia di legno un po sgangherata.
La stanza era molto calda per via del grande fuoco che scoppiettava nel camino e l'odore forte dell'incenso appesantiva molto l'aria.
«Gradisce del tè?» gli chiese la donna prendendo posto davanti a lui ed indicando la teiera sbeccata e le due tazze scompagnate posate al centro del tavolo.
«Si, grazie» rispose lui.
Ci fu un po di silenzio mentre la donna versava il tè nelle tazze e Silente la osservava.
Quando entrambi ebbero bevuto un paio di sorsi, l'uomo disse «allora signorina Cooman, mi racconti un po di lei e del perché dovrei accettare la sua candidatura per il ruolo di insegnante di Divinazione ad Hogwarts.»
La donna fece un profondo respiro, posò la tazza sul piattino e poi, con voce profonda e un fare quasi mistico iniziò a raccontare della sua vita e del dono che aveva ereditato dalla sua bis-bisnonna, una famosa Veggente.
Silente fece qualche domanda qua e là, cercando di essere il più educato possibile e di non mostrare il suo scetticismo.
Dopo un quarto d'ora di sproloquio della donna, era convinto che non sapesse nemmeno prevedere che tempo avrebbe fatto l'indomani.
Perciò, nel modo più garbato possibile, decise di mettere fine a quell'incontro dicendo «bene signorina Cooman, credo che possa bastare così.»
Non vedeva davvero l'ora di uscire da quella stanza soffocante.
«Ho tutto quello che mi serve per prendere in analisi la sua candidatura. Le farò sapere tra un paio di giorni» continuò Silente in tono pratico mentre le dava le spalle per prendere il suo mantello.
Si era appena voltato per salutarla quando quello che vide ebbe il potere di zittirlo: la donna si era irrigidita sulla sedia, con lo sguardo perso e la bocca tremante.
Silente stava per chiederle se si sentiva bene, ma gli occhi di lei si rovesciarono all'indietro e lei iniziò a parlare con una voce strana, molto più dura e alta rispetto a quella che aveva usato prima.
«Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore... nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese...»
Si sentì un forte trambusto fuori dalla porta, e Silente dovette avvicinarsi per riuscire a comprendere bene quello che la donna stava dicendo.
«L'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto... e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive.»
La testa le ricadde sul petto, gli occhi rotearono qualche secondo, emise una specie di basso grugnito e poi all'improvviso rialzò la testa.
«Oh mi scusi professore. Dev'essere stato il caldo a farmi appisolare» disse la Cooman con la sua solita voce sognante.
Silente la scrutò qualche attimo ancora.
Quella donna, che lui aveva creduto un'impostora, aveva appena fatto una vera profezia.
E non una qualunque. Aveva appena proclamato una profezia su Voldemort e su qualcuno che poteva distruggerlo.
Quasi stentava a crederci.
«Ma che cosa sta succedendo qui fuori?» sbottò poi la donna alzandosi e dirigendosi alla porta.
La spalancò e si trovarono davanti un Aberforth molto adirato che sbraitava contro Severus Piton, che aveva una faccia colpevole.
«Albus, ho appena beccato questo qui ad origliare dietro la porta!» esclamò l'omone puntando il dito su Piton che, a disagio, spostò lo sguardo dalla donna al vecchio Preside, poi voltò le spalle a tutti e corse via.
«Piton aspetta!» lo richiamò Silente, ma con uno svolazzo del mantello quello era già sparito.
Che cosa aveva origliato? Quanto era riuscito a sentire della profezia?
Silente era certo che qualsiasi cosa avesse capito, Piton non avrebbe esitato a riportarla al suo Signore.
«Ma che modi! Quel tizio è di una maleducazione davvero inaudita! Origliare dietro la porta! Sono sicura che volesse qualche dritta sul nostro colloquio per avere un posto anche lui!» esclamò la Cooman offesa, che evidentemente non aveva idea della gravità della situazione.
In un attimo Silente tornò ai suoi toni pratici e le disse «a proposito di questo, il posto è il suo. Raccolga tutte le sue cose e andiamo subito al Castello. Comincerà lunedì come professoressa di Divinazione.»
«Davvero?» domandò lei sorpresa, poi si affrettò a correggersi affermando «cioè, ovviamente lo sapevo che sarebbe accaduto. La ringrazio veramente, signor Preside.»
«Di nulla. Ora, faccia in fretta, ho un impegno e vorrei accompagnarla al Castello prima» disse lui sbrigativo.
La donna tornò svelta nella stanza e si mise a raccogliere le sue cose, mentre Silente, perso nei suoi pensieri la osservava.
«Le hai dato il posto? A me sembra solo un'impostora» borbottò Aberforth.
«Credimi se ti dico che è riuscita a sorprendermi e a farmi ricredere» mormorò Silente.
L'altro non disse nulla, si limitò a guardare la donna con un bel po di scetticismo.
Quando la Cooman ebbe preso tutte le sue cose, i tre si avviarono al piano di sotto.
Albus ringraziò il fratello e poi, insieme ad un'allegra Sibilla Cooman si affrettò a tornare al Castello.
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Il Legame Che Ci Unisce
FanfictionMi sono immaginata molte volte come potesse essere la storia prima di Harry Potter, la storia dei suoi genitori, di come si sono conosciuti e innamorati. Ma anche la storia e le avventure dei Malandrini. E così mi trovo qui, a mettere nero su bianco...