Capitolo 81: Davvero ingegnosi questi babbani!

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20 dicembre 1979

«Sei sicura che non vuoi che rimanga a casa oggi?» chiese James a Lily sedendosi sul bordo del letto dove lei era sdraiata.
«Ma no amore, tranquillo. Oggi sto un pochino meglio, davvero. Questa stupida influenza sta passando, me lo sento» rispose lei con un piccolo sorriso.
«A me sembri ancora molto pallida però» commentò James scrutandola preoccupato.
«È solo perché in questi ultimi giorni ho mangiato poco e vomitato tanto, ma oggi mi sento davvero un po meglio. Dico davvero» disse Lily mettendosi seduta.
James non ne era per niente convinto, ma sapeva di non poter insistere senza far arrabbiare sua moglie.
Testarda com'era non avrebbe tollerato ancora per molto la sua insistenza.
«E poi non puoi rimanere a casa anche tu. In ufficio hanno bisogno di te, soprattutto ora che io non ci sono ed Alice non può prendere parte alle operazioni sul campo» continuò Lily decisa. James sospirò e annuì, poi disse «hai ragione. Ancora non mi sembra vero che Alice sia incinta.»
Sorrisero entrambi.
Nonostante Alice e Frank avessero sorpreso un po tutti quando avevano annunciato la bella notizia, tutti erano stati contenti per loro.
Ovviamente non appena aveva scoperto di essere incinta, Alice era stata esonerata dalle missioni sul campo. Moody le aveva ordinato di non mettere il naso fuori dall'ufficio per nulla al mondo.
Non era stato facile convincere Alice all'inizio, ma poi alla fine si era arresa all'evidenza: non poteva rischiare di mettere in pericolo la vita del bambino partecipando ad operazioni pericolose. E così, poteva svolgere solo lavoro d'ufficio. Non che non ce ne fosse, anzi ne erano pieni con tutto quello che succedeva continuamente.
«Già, anche se me lo aspettavo prima o poi, la notizia ha preso in contropiede anche me» disse Lily sorridendo.
«Va bene, allora Lils io vado» mormorò James alzandosi.
«Se ti serve qualcosa chiamami subito, oppure chiama mia madre o uno degli altri, ok? Non fare la testarda. Se stai male, avverti qualcuno» si raccomandò James con sguardo severo mentre lei alzava gli occhi al cielo. Poi si abbassò di nuovo per lasciarle un dolce bacio e le sorrise.
Dopodiché prese il mantello ed uscì di casa. Non appena la porta di casa si chiuse alle spalle di James, Lily corse veloce in bagno e fece appena in tempo ad arrivare al water prima di vomitare quel poco che aveva nello stomaco. Aveva cercato di trattenersi e non far vedere a James che in realtà non si stava riprendendo per niente, e per fortuna lui non si era trattenuto oltre, perché non avrebbe potuto resistere ancora. Una volta che nel suo stomaco non ci fu più nulla da tirar su, Lily si sedette per terra e sospirò pesantemente.
Erano già tre giorni che andava avanti in quel modo. Si sentiva debole e spossata, e spesso, di punto in bianco, doveva correre in bagno e vomitare.
James le aveva detto di chiamare Emmeline per farsi visitare, ma lei aveva rifiutato insistendo che non aveva senso scomodarla solo per un' influenza intestinale. Ma quel giorno, capì che non stava guarendo per niente. Si alzò, un po instabile sulle gambe e si diresse al lavandino. Guardandosi allo specchio vide delle profonde occhiaie sul suo volto e la pelle più pallida del solito.
Distolse lo sguardo e si lavò i denti.
Dopo di che, tornò lentamente in camera da letto e iniziò a vestirsi. Fece tutto con molta calma, sentendosi ancora molto debole.
Infilò un paio di pantaloni della tuta e una felpa calda, poi prese un giubbotto, una sciarpa e un cappello.
Andò in soggiorno e infilò nella tasca del giubbotto la bacchetta e dei soldi babbani. Passò davanti all'albero di Natale che lei e James avevano addobbato insieme e si infilò le scarpe.
Poi con un gran sospiro uscì di casa.
Aveva un enorme dubbio da quando aveva iniziato a star male e doveva fare qualcosa per toglierselo.
Ormai non riusciva nemmeno a dormire bene con quel pensiero che le ronzava sempre in testa.
Così, con la bacchetta stretta nella tasca, scese lentamente le scale ed uscì dal palazzo dove lei e James abitavano.
L'aria era fredda e tagliente e un brivido la scosse in tutto il corpo. Si strinse nel giubbotto, abbassò la testa per ripararsi dal vento gelido e si incamminò. Il tempo preannunciava una bella nevicata già da qualche giorno, ma nemmeno un fiocco di neve era ancora sceso dal cielo bianco. Lily si ritrovò a pensare con nostalgia ai tempi in cui era ad Hogwarts, a guardare la neve scendere dalle mille finestre del castello. Di sicuro lì aveva già nevicato, si disse. Quanto le mancava quella vita!
Passò davanti alla pasticceria dove lei e James compravano sempre i dolci, e il profumo di cioccolato e vaniglia le arrivò forte al naso. Per un attimo un conato di vomito la assilì ed ebbe paura di sentirsi male proprio in mezzo alla strada, ma si fece forza e allungando il passo si allontanò da quell'odore che di solito le faceva venire l'acquolina in bocca, ma che in quel momento non riusciva a sopportare.
Fece degli enormi respiri quando si fu allontanata un po, e l'aria fredda l'aiutò a riprendersi. Una cinquantina di metri più giù vide l'insegna luminosa della farmacia. Si diresse svelta da quella parte ed entrò facendo trillare il campanello sulla porta. Per fortuna la farmacia era vuota, fatta eccezione per la signora di mezza età dietro al bancone.
«Salve cara, come posso aiutarti?» le chiese la donna sorridendo.
«Salve... ehmm... a me servirebbe... un test di gravidanza» mormorò Lily a disagio arrossendo un po.
Il sorriso della donna si allargò ancora di più mentre esclamava «ma certo!»
Poi si voltò, aprì un cassetto e qualche istante dopo poggiò sul bancone una scatolina rettangolare.
Lily, a disagio, si guardava intorno mentre la donna incartava la scatolina con della carta bianca e la metteva in una bustina.
Poi le disse il costo e Lily tirò fuori le banconote dalla tasca.
«Grazie, arrivederci» disse Lily educatamente dopo aver pagato e prendendo la bustina.
«Arrivederci, e buona fortuna!» esclamò la donna mentre Lily si avviava alla porta.
Era così a disagio che non riuscì neanche a voltarsi e ringraziarla. Si avviò veloce verso casa, tremando sta volta non solo per il freddo, ma anche per l'ansia. Quando fu quasi davanti la pasticceria, trattenne il fiato per non dover sentire di nuovo quell'odore, e si allontanò svelta.
Quando si chiuse di nuovo la porta di casa alla spalle, fece un gran sospiro. Aveva il fiato corto e le tremavano le mani. Si tolse il giubbotto, la sciarpa e il cappello e si diresse in bagno.
Si sedette sul bordo della vasca e tirò fuori dalla bustina la scatola.
La aprì e prese il foglietto per leggere cosa doveva fare.
Una volta letto, prese un gran respiro, si fece coraggio e fece il test.
Le istruzioni dicevano di aspettare cinque minuti per avere il risultato, così appoggiò lo stick sul bordo della vasca e iniziò a fare avanti e indietro nel bagno guardando l'orologio che aveva al polso, quello che le aveva regalato James al suo diciottesimo compleanno e che in quel momento segnava le 14.54.
Era così nervosa che non riusciva a star ferma.
Quelli furono forse i cinque minuti più lunghi della sua vita, ma alla fine, con lentezza esasperante, le lancette segnarono le 14.59.
Cercando di tenere a bada il nervosismo, si avvicinò alla vasca e prese in mano il test.
Lo guardò e vide due linee rosa.
Positivo.
Il test era positivo.
Era incinta.
Il suo cuore perse un battito, poi iniziò a battere all'impazzata.
Non riusciva a crederci, era come stordita.
Si lasciò scivolare sulle piastrelle fredde del bagno e rimase a fissare il test, spaventata.
Quando finalmente si riscosse, si rese conto di essere indolenzita.
Guardò l'orologio e capì di essere rimasta rannicchiata a terra per quasi due ore. Si diede della stupida e quasi non capì come potesse essere passato tanto tempo. A lei sembravano passati solo cinque minuti da quando aveva preso in mano il test e aveva visto le due linee rosa. Si alzò, ancora instabile, e un capogiro la costrinse ad attaccarsi al bordo del lavandino.
Fece dei lunghi respiri per calmarsi e poi si guardò di nuovo allo specchio.
Le sembrò di vedersi diversa. Era assurdo, ma la persona che la guardava dallo specchio non le sembrava la stessa che aveva visto solo un paio d'ore prima.
Aveva ancora gli occhi sbarrati e le labbra quasi viola e si rese conto solo in quel momento di star morendo di freddo.
Uscì dal bagno e mise il test nel cassetto del suo comodino, poi andò in salotto e accese di nuovo il fuoco nel camino con un incantesimo.
Faceva tutto con estrema lentezza, come se il suo corpo fosse rallentato.
Dopo essersi riscaldata un po, andò a farsi un the caldo pensando che magari l'avrebbe aiutata a calmarsi.
Quando mise il bollitore sui fornelli questo tintinnò un po visto che le mani le tremavano ancora.
Si appoggiò al bancone della cucina in attesa che l'acqua si scaldasse e si perse a fissare il vuoto.
Incinta... Era incinta...
Quelle parole le rimbombavano nella testa e sembrano marchiarsi a fuoco dentro di lei.
Avevano deciso con James che avrebbero aspettato prima di provare ad avere figli. Avevano troppa paura di quello che succedeva fuori per pensare di poter crescere un figlio nel migliore dei modi. Ma ora... ora le cose erano cambiate... come lo avrebbe detto a James?
E lui ne sarebbe stato felice?
O si sarebbe arrabbiato?
E il lavoro? Come avrebbe fatto con il lavoro? C'era già Alice fuori combattimento, ora ci sarebbe stata anche lei. Avrebbe lasciato la sua squadra a corto di un'altra bacchetta.
Se fino a poco prima la sua testa era rimasta praticamente vuota, in quel momento il suo cervello iniziò a lavorare alla velocità della luce.
Quasi non riusciva a terminare un ragionamento, che subito ne iniziava un altro. Le si presentarono davanti un miliardo di scenari e nessuno di questi era positivo.
La sua mente non riusciva a produrre nessun pensiero positivo. Immaginò di perdere il bambino, come era successo a Marlene. O di essere attaccata mentre tornava dal lavoro e rimanere uccisa ancor prima di riuscire a partorire.
E se anche fosse riuscita a scamparla per nove mesi? Nessuno le garantiva che sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo da poter crescere suo figlio.
Dopotutto era una sanguesporco, un Auror e un membro dell'Ordine della Fenice. Era come se avesse un insegna luminosa in testa con scritto "Sono qui, venite a prendermi!"
Per la prima volta in vita sua ebbe davvero paura. Per la prima volta sentì di non voler più essere se stessa. Non voleva più essere Lily Evans se questo significava dover vivere con la costante paura di non poter veder nascere suo figlio.
Non le era mai capitato. Si sentiva sempre fiera e orgogliosa di se stessa e di quello che faceva. Ma in quel momento si rese conto che ormai non era più solo lei. Non sarebbe mai stata più solo Lily Evans. Sarebbe diventata la madre di qualcuno, un punto di riferimento importante per un'altra vita. Avrebbe avuto un enorme responsabilità da quel giorno in poi.
Ora anche il suo ruolo nella guerra aveva un altro aspetto ai suoi occhi. Come poteva continuare a combattere mettendo a rischio la vita di un esserino innocente, la cui unica colpa era quella di essere venuto al mondo in un momento tanto sbagliato?
Come poteva essere stata così incosciente?
Il fischio del bollitore la fece sobbalzare, e si rese conto che era già da un po che fischiava. Si affrettò a spegnerlo e versò l'acqua bollente nella tazza.
Si sedette sul divano con la tazza bollente tra le mani, sempre immersa nei suoi pensieri.

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