Capitolo 83: «Io ti amo!»

1.3K 44 43
                                    

15 marzo 1980

I mesi passavano velocemente e la vita scorreva frenetica per i nostri giovani Grifondoro.
Tra lavoro, riunioni e ronde per l'Ordine, continui attacchi da parte dei Mangiamorte, il tempo passava così in fretta che stentavano persino a credere che fosse già quasi primavera.
I pancioni di Alice e Lily crescevano a vista d'occhio; Marlene stava iniziando a farsi un nome per la sua bravura nel lavoro; James, Sirius e Frank erano diventati i cadetti migliori dell'Accademia e ormai erano considerati da Moody elementi fondamentali per la squadra; Emmeline lavorava senza sosta in ospedale con turni massacranti e la sua relazione con Edgar procedeva bene, nonostante passassero più tempo in ospedale che a casa loro; Remus continuava a lavorare al Ghirigoro, anche se da qualche settimana aveva accettato di provare ad avvicinare un gruppo di lupi mannari che secondo Silente non si erano ancora uniti a Voldemort; mentre Peter si faceva vedere solo alle riunioni importanti dell'Ordine, giustificandosi con la scusa di voler rimanere nell'ombra e non attirare l'attenzione su se stesso per continuare a carpire informazioni per l'Ordine.
Nel corso delle settimane erano riusciti a catturare qualche altro elemento potenzialmente pericoloso ma che non aveva fornito quasi nessuna informazione utile sui veri Mangiamorte.
Ormai Voldemort stava acquistando sempre più potere ed erano pochi quelli che ancora speravano di poterlo sconfiggere.
L'Ordine aveva perso un altro membro ad inizio dell'anno nuovo: Caradoc era stato assassinato in casa sua. Quando gli Auror erano arrivati avevano trovato evidenti segni di lotta, quindi era evidente che aveva provato a difendersi per un po', ma alla fine era stato sopraffatto.
Un'altra morte non fece altro che far cadere ancora più giù il morale degli altri membri dell'Ordine della Fenice, che ormai si sentivano sempre più impotenti. Nonostante nessuno lo dicesse mai apertamente, quasi tutti si chiedevano quando sarebbe arrivato il loro momento. Tutti sapevano che a meno che non avessero trovato un modo per migliorare la situazione, non ne sarebbero usciti vivi.
Cercavano di non darlo a vedere, continuavano a combattere, ma ormai le speranze di riuscire a vincere si assottigliavano sempre di più.
Moody aveva vietato a Lily e Alice di andare in ufficio per proteggerle. Potevano solo lavorare da casa, cercando di dare una mano come potevano, anche se sentivano di non essere minimamente utili e questo le rendeva abbastanza frustrate e nervose.
Sapevano che era la cosa giusta da fare, ma rimanere ferme a guardare i loro mariti e i loro amici rischiare la vita ogni giorno le faceva soffrire. Entrambe potevano contare sulle loro famiglie per fortuna. La mamma di Frank cercava di aiutare Alice e starle accanto, anche se non era proprio una donna materna e amorevole e non dimostrava apertamente di essere affezionata alla nuora.
Lily invece poteva contare su Euphemia e Fleamont che cercavano di non farle mancare mai nulla, sopratutto la compagnia quando lei era a casa da sola.
Quando le ragazze avevano scoperto di essere incinte sapevano che non sarebbe stato facile, ma nessuno avrebbe potuto prepararle realmente a quello che le aspettava. Se la situazione generale fosse stata normale, non avrebbero risentito di nulla e avrebbero vissuto le loro gravidanze nel migliore dei modi, ma il fatto di non poter quasi lavorare e di non partecipare più attivamente con l'Ordine aveva fatto scendere il loro morale fin sotto le scarpe.
Se ci si aggiungono poi gli ormoni a mille e i sintomi tipici della gravidanza, era chiaro che quei nove mesi non sarebbero stati proprio una passeggiata, soprattutto per James e Frank, che subivano più di tutti le conseguenze e non potevano fare molto per aiutarle.
Ormai speravano solo che il tempo passasse in fretta e i bambini nascessero, così che le ragazze avrebbero avuto il loro da fare con i piccoli e sopratutto avrebbero potuto tornare al lavoro.
Quella sera erano quasi tutti al Quartier Generale dell'Ordine e avevano appena concluso una riunione.
Si stavano scambiando quattro chiacchiere amichevoli, visto che per alcuni di loro quelli erano gli unici momenti in cui potevano vedersi.
«Come stanno Lily e Alice?» chiese Dedalus a James e Frank.
«Fisicamente stanno alla grande» rispose Frank con un sospiro, e James aggiunse «psicologicamente un po' meno.»
«Credo che nessuno sia mai riuscito a tenere buone quelle due per così tanto tempo a parte voi. Dovrebbero farvi un monumento per esserci riusciti» commentò Sirius scherzando.
«Si, in effetti secondo me sarebbe un' ottima idea. Dovrebbero metterlo nell'atrio al Ministero, al posto della fontana. Dopotutto, la nostra è un impresa epica che non va sottovalutata, meritiamo dei riconoscimenti» disse James ironicamente.
«Enormi riconoscimenti» rincarò Frank facendo ridere Dedalus.
«Secondo me dovreste portarle alle riunioni ogni tanto. Farebbe bene ad entrambe» disse Dorcas aggiungendosi alla conversazione.
«Cosa?! Ma sei impazzita?! Non possiamo rischiare così!» esclamò James sconvolto.
«Quelle due impazziranno se continuerete a tenerle rinchiuse in casa come animali in gabbia! Non sono fatte per starsene buone ad aspettare i loro mariti di ritorno dal lavoro, e voi lo sapete meglio di me! Non dico che devono andare a spasso per Diagon Alley da sole, ma portarle ogni tanto qui alle riunioni non le metterà in pericolo. Può solo giovare al loro umore sentirsi di nuovo partecipi» ribatté Dorcas.
«Lo so, è che ogni volta che mettiamo il naso fuori di casa mi sembra di rischiare la vita... e se dovesse accadere qualcosa...» disse Frank avvilito e preoccupato.
«Si, ma Dorcas ha ragione: non può accadere nulla qui e non potete pretendere di tenerle buone fino a questa estate in questo modo. Sono sicuro che partecipando alle riunioni il loro umore migliorerà e di conseguenza anche le vostre vite. Non credo che riuscirete ad arrivare vivi a fine estate se continuate cosi» fece Sirius deciso.
Erano settimane che diceva a James quelle cose. Sapeva quanto Lily soffriva la solitudine e il fatto di non poter aiutare, e James risentiva della sua sofferenza, quindi sapeva che per far star bene entrambi avrebbe dovuto far star bene Lily in primis.
James e Frank si scambiarono uno sguardo sconfitto. Sapevano che i loro amici avevano ragione, e avrebbero dato tutto l'oro che avevano alla Gringott per far sì che le loro mogli fossero felici, ma rischiare le loro vite non era facile da accettare.
Erano anche consapevoli però che così non potevano continuare, perciò Frank annuì silenziosamente e James mormorò «forse avete ragione.»
«Bene ragazzi, io me ne vado a dormire, sono sfinita. Salutate le ragazze per me ok?» disse Dorcas soffocando uno sbadiglio.
«Certo Dor, buona notte» la salutò James e lo stesso fecero gli altri, poi lei si voltò e si avviò nel corridoio buio.
«Dove pensi di andare senza di me?» le sussurrò all'orecchio Gideon dopo averla raggiunta.
Le sue labbra si aprirono in un sorriso involontario mentre si fermava e sentiva dei brividi lungo la schiena. Ormai erano tutte reazioni che non riusciva più a controllare con lui.
Gideon le avvolse il corpo con le braccia e iniziò a lasciarle una scia di baci umidi sul collo.
«Vado a casa mia sta sera» rispose Dorcas piegando la testa per lasciare il collo scoperto a lui e ai suoi baci.
«Ne sei sicura? Io avevo in mente altri progetti a dire il vero. Se vieni a casa mia te li mostro» disse Gideon con voce sensuale.
Dorcas per un attimo fu tentata di accettare, ma poi sospirò e si voltò per guardarlo in viso.
Gli mise le braccia dietro il collo e mormorò «non sta sera. Sono stanca davvero e ho bisogno di dormire. E poi c'è Fabian a casa sta sera.»
«E allora? Esistono per questo gli incantesimi insonorizzanti» ghignò il ragazzo.
Lei ridacchiò divertita e disse «sono stanca sul serio. Sono quasi trentasei ore che non dormo. Non ci tengo ad addormentarmi sul lavoro come è successo a te e sorbirmi le urla di Moody.»
Anche Gideon ridacchiò al ricordo e poi tornò all'attacco «vieni a dormire da me allora.»
Lei sbuffò scettica e ribatté «sai anche tu che non dormiremmo per niente.»
A quello Gideon non seppe ribattere perciò dovette arrendersi.
Le cose tra loro stavano finalmente procedendo meglio. Dorcas aveva iniziato da un po' di tempo a rilassarsi e a concedergli cose che prima non faceva, come dormire a casa di uno dei due senza scappare la mattina dopo, arrivare al lavoro insieme e tanti altri piccoli gesti che per gli altri potevano sembrare scontati, ma che per lei erano passi da gigante.
Era per questo che Gideon non insisteva quando lei diceva di no a qualcosa. Sapeva che si stava impegnando molto e che aveva comunque bisogno dei suoi spazi, perciò in questi casi accettava senza far storie.
«Hai ragione» disse infatti con un sorriso malizioso.
«Come sempre» commentò lei, e poi lo baciò.
Quando Dorcas si staccò, gli sorrise e fece un passo indietro. Lui continuò a stringerle i fianchi per qualche altro attimo e poi disse «ci vediamo domani allora.»
«Certo, a domani» mormorò la ragazza.
Dopo un ultimo sguardo, lui la lasciò e lei se ne andò.
Gideon rimase imbambolato nel corridoio buio a fissare il punto in cui lei era sparita, un calore intenso che gli irradiava tutto il corpo.
Era così felice in quel periodo che le cose con Dorcas stessero finalmente prendendo una piega migliore! Aveva sempre saputo che tutti i suoi sforzi non sarebbero stati vani, e ora ne aveva la dimostrazione.
Fu suo fratello a distoglierlo dai suoi pensieri apparendo al suo fianco e commentando «sei patetico. Hai di nuovo lo sguardo da pesce lesso. Stai superando James, e questo è tutto dire!»
Scoppiò a ridere vedendo suo fratello avvampare e gli diede una spallata giocosa.
«Non costringermi a farti male» lo minacciò Gideon, senza successo visto che l'altro non riusciva a smettere di ridere ed era tutto fuorché intimorito dalla sua minaccia.
«Dai andiamo a casa idiota» disse alzando gli occhi al cielo e cercando di reprimere un sorriso. Sapeva che suo fratello aveva ragione, ma non poteva proprio farci niente, era troppo innamorato e contento.
Si avviarono insieme verso l'uscita e una volta fuori dal cancello Fabian mise una mano sulla spalla del fratello. Si scambiarono un'altra occhiata divertita e si smaterializzarono.
Apparvero davanti al grande cancello della villa dei loro genitori.
Li avevano persi entrambi un paio di anni prima e da allora vivevano lì da soli.
Fu una questione di un paio di secondi: Fabian bloccò Gideon che stava per avviarsi verso il cancello e sussurrò «qualcosa non va.»
Gideon si immobilizzò e si guardò attorno.
Poi lo sentì anche lui: una strana sensazione gli diceva che non erano soli.
Estrassero le bacchette proprio quando dall'ombra videro emergere cinque figure che li stavano accerchiando.
Si misero schiena contro schiena, in posizione di difesa, il cuore in gola e tutti i sensi in allerta.
«Bene bene, eccovi qui finalmente» disse uno degli uomini apparsi avvicinandosi ancora.
«Chi sei?» sbottò Gideon cercando di riconoscere la voce.
«Direi che non è importante chi sono io» rispose quello.
«Continua ad avvicinarti e ti faccio saltare il cervello» ringhiò Fabian.
«Oh oh, come siamo nervosi» lo sbeffeggiò un altro incappucciato.
«Calma pel di carota, non mi sembrate proprio nella condizione di minacciare» disse un terzo uomo e Fabian spostò lo sguardo verso di lui.
Era alto e ben piazzato, e un ciuffo di capelli neri gli sporgeva dal cappuccio.
Fu come se una lampadina si accendesse nella testa di Fabian, che esclamò «tu sei Augustus Rockwood! Lavori al Ministero!»
L'uomo non sembrò molto contento di essere stato scoperto, perché si mosse a disagio e non rispose.
«Pezzo di merda sei passato dalla loro parte!» gridò Gideon disgustato.
Quello ebbe una specie di fremito e ringhiò «il Signore Oscuro offre grandi possibilità a chi ha il coraggio di coglierle. Se foste più furbi e intelligenti lo fareste anche voi. Due purosangue forti come voi starebbero benissimo nelle fila del Signore Oscuro. L'ordine verrà ristabilito a breve e solo chi ha capito quale è la parte giusta in cui stare sopravviverà per vederlo.»
«Preferirei morire piuttosto che strisciare ai piedi di quel pazzo omicida come fate voi!» ruggì Fabian.
Sapeva che il momento di combattere era vicino e loro erano in svantaggio numerico. Sperava con tutto se stesso che sarebbero riusciti a scamparla, ma sapeva che le probabilità erano molto scarse.
«A questo possiamo rimediare subito allora!» disse sprezzante il primo uomo e poi gridò «Avada Kedavra!»
Un lampo di luce verde fuoriuscì dalla sua bacchetta diretto verso il ragazzo, che per fortuna aveva degli ottimi riflessi e fece in tempo ed evocare un muro di mattoni proprio davanti a lui e su cui si infranse l'incantesimo.
Ma la magia era stata così forte che distrusse il muro. Partì subito una battaglia molto serrata.
I fratelli Prewett erano due dei migliori Auror in circolazione e insieme combattevano molto bene, ma doversi difendere e allo stesso tempo attaccare cinque avversari avrebbe messo a dura prova chiunque.
«Siete così stupidi da pensare che riuscirete ad uscirne vivi?!» ringhiò Rockwood lanciando un altro incantesimo.
Gideon riuscì a pararlo per un pelo e a colpire uno degli incappucciati davanti a lui.
Ora erano quattro contro due, ma i loro avversari conoscevano magie a loro ignote e che avevano tutta l'aria di essere oscure quanto il Signore che gliele aveva insegnate.
Dopo un po', i due ragazzi iniziarono a risentire della stanchezza.
Fabian aveva un taglio lungo la gamba che sanguinava abbondantemente e Gideon aveva ricevuto un colpo al petto così forte che doveva avergli incrinato almeno un paio di costole.
Riuscirono a mettere fuori gioco altri due Mangiamorte, ma ormai erano stremati.
«Avada Kedavra!» gridò uno dei due asciugandosi il sangue che gli colava da un taglio sulla fronte e l'incantesimo colpì Fabian in pieno.
Gli occhi del ragazzo si fecero vitrei e lui cadde a terra con un tonfo sordo.
«Nooo! Fabian!» gridò il fratello disperato.
«Sectumsempra» sibilò Rockwood e dei tagli profondi si aprirono sul petto di Gideon.
Si accasciò a terra accanto al fratello, il sangue che sgorgava dalle ferite.
«Ecco qui come muoiono i traditori del loro sangue. Soli e inutili come bambole di pezza. Avreste dovuto unirvi a noi, a quest'ora sareste ancora vivi» lo sbeffeggiò l'uomo avvicinandosi.
Gideon non gli prestò attenzione. I suoi occhi erano tutti per il fratello.
Il suo amato fratello che ora lo fissava senza mai più vederlo.
Le stelle riflesse nelle sue iridi spalancate.
«No... fratello... mi dispiace...» mormorò disperato.
«Andiamocene Rockwood, tra un paio di minuti morirà anche lui» disse il Mangiamorte.
L'altro annuì con un ghigno, si avvicinarono ai compagni svenuti e si smaterializzarono.
Gideon si lasciò andare ad un pianto disperato, le forze che abbandonavano completamente il suo corpo.
«Sto arrivando, fratello. Aspettami» mormorò accarezzando la guancia di Fabian un'ultima volta, poi nella sua mente apparve il ricordo della ragazza di cui era da sempre innamorato e aggiunse «ti amo Dorcas.»

Il Legame Che Ci UnisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora