Capitolo 18

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Sentivo un rumore sommesso e regolare provenire da qualche macchinario accanto a me. Il buio che contemplavo non era più insopportabile, ma era divenuto di un grigio chiaro. Un odore freddo di pulito invadeva le mie narici infastidite da esso.
Le mie mani erano congelate finché ad un tratto non sentii un contatto scaldarmi quella destra.

Rimasi immobile ad attendere che accadesse qualcosa, poi provai uno strano senso di pesantezza. I miei muscoli erano intorpiditi e doloranti, non volevo muovermi. Sentivo di essere sdraiata su di un materasso abbastanza morbido, un cuscino a sorreggermi la testa e i capelli lunghi che, cadendo sulle mie spalle, mi scaldavano.

Ad un tratto qualcosa di freddo toccò la mia mano destra e mi venne spontaneo ritrarla leggermente verso di me. Era bagnata e quel calore era sparito, poi sentii una voce.

"Nicole, Nicole mi senti? Ti prego svegliati." sapevo a chi appartenesse quel timbro che in quel momento era così instabile.

Provai a muovere le gambe, ma non vi riuscii: il dolore era troppo intenso per poterlo combattere. Le palpebre dei miei occhi erano pesanti e sentivo come se la mia bocca fosse bloccata.

"Nicole...per favore, svegliati. Abbiamo bisogno di te." affermò con la voce incrinata. Aveva pianto, tenendo la mia mano stretta a sè.

Provai a muovere nuovamente la destra per fargli capire che potevo sentirlo, che ero sveglia ma non ero capace di agire. Probabilmente riuscii nell'intento poiché lo sentii piangere dalla gioia e baciarmi freneticamente la mano e le guance.

"Nic apri gli occhi, so che puoi farcela. Sei una donna forte, l'hai dimostrato tu stessa." affermò e capii che un sorriso si stava facendo strada sul suo volto.

Senza nemmeno provare ad alzare le palpebre, socchiusi gli occhi lentamente.
Una luce bianca e accecante mi colpì in pieno volto, spingendomi a richiudere gli spiragli che mi permettevano di guardare il mondo. La mia bocca si aprì, emanando un piccolo sospiro. Le gambe ripresero a muoversi e seppur fossero doloranti, sapevo che mi sarei dovuta rialzare ed era ciò che stavo cercando di fare, ovvero un piccolo sforzo per continuare la mia vita.

"Jason." le mie labbra secche si mossero e da esse riuscì ad uscirvi un debole suono.

"Vado a chiamare i medici, torno subito, non preoccuparti." affermò prima di baciarmi ancora la mano e correre all'esterno della stanza.

***

"Puoi spiegarmi tutto? Non ho capito quasi nulla di ciò che mi ha detto la dottoressa." chiesi al mio amico, sedendomi sul lettino.

Ero ancora un po' confusa e dopo la visita di controllo mi erano state riferite le solite procedure che erano state effettuate il giorno in cui ero stata ricoverata.
Lucas mi aiutò a sistemare il cuscino in modo da trovarmi comoda. Non mi ero ancora alzata da quando mi ero svegliata la prima volta.

"Beh, dopo averti chiesto se volessi richiedere la presenza di qualcuno, ti ha detto che stai tornando in salute e che devi rimanere qui fino a domenica. Poi sarai dimessa e se vorrai lunedì potrai tornare a scuola."

Avevo rifiutato la proposta da parte dei medici, non volevo che la mia famiglia si preoccupasse, soprattutto ora che stavo nuovamente bene.
Mi sentivo ancora debole e un po' frastornata.

"Sì, ma io voglio sapere cosa è successo. Come sono finita in ospedale?" mi agitai, gesticolando.

"Ti sei sentita male, non so se ricordi, ma Jason ti stava per riportare ai dormitori quando poi hai vomitato e sei svenuta. Hanno chiamato l'ambulanza e sei stata ricoverata: sei rimasta in coma per tre giorni, oggi per fortuna ti sei svegliata." disse con voce calma e un'espressione del viso inesistente.

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