Capitolo 22

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"Sei di queste parti?" domandai al ragazzo davanti a me.

"Sì, sono nato e cresciuto qui con i miei genitori, nessun fratello." rispose "E tu come mai sei qui? Voglio dire...sei di Londra."

Mi fermai e lo fissai un po' stranita.

"Ma perché tutti riescono a capire dal mio accento che sono di Londra? Non è così marcato come dite." risi, mentre ricordai la prima conversazione che ebbi con Nora.

"Non so a chi altro ti riferisca, ma io ho degli amici che vivono nel Regno Unito, un paio a Londra e qualcun altro in città differenti. Fidati che si sente, che sia marcato o meno." mi spiegò e appoggiò il suo braccio sulla mia spalla per poi ricominciare a camminare insieme a me.

"Oh beh, comunque sono qui per una borsa di studio."

"Una borsa di studio? Una vera borsa di studio?" annuii "La conosci la leggenda su un certo-" lo interruppi.

"So già tutto grazie a Nora. Comunque ieri ho chiesto al preside a proposito di questo e...lui ancora non era il direttore di questa scuola quando forse successe, perciò non ho saputo nulla di più."

"Oh" abbassò lo sguardo sul terreno erboso davanti a sé "Ascolta, io voglio scusarmi con te per...quella sera." lo guardai negli occhi, non capivo.

Tolse il suo braccio dalla mia spalla.

"Perché? Tu mi hai...salvata, sono io che dovrei ringraziarti." affermai "Possiamo sederci cinque minuti? È da più di un'ora che camminiamo." chiesi e lui annuì.

Ci sedemmo su di una panchina in legno accanto a noi, poi continuammo a parlare.
Ci trovavamo in uno dei grandi e bellissimi parchi che Miami ospitava, prima avevamo passeggiato sul lungo mare.

"Io...mi sento in colpa per averti abbandonata. Non avrei dovuto lasciarti sola alla festa." si spiegò.

"Jason, va bene così, ormai è successo. Non devi starci male." dissi con voce dolce, ma lui teneva lo sguardo basso "Era per questo che in ospedale non volevi...passare del tempo con me quando sei venuto a vedere come stavo, vero?" chiesi rattristita.

Lui continuò a non rispondere e a tenere la testa bassa.

"Jason." lo chiamai e non mi guardò.
"Hey." dissi con voce piccola, allungando una mano per alzargli il viso.

I nostri occhi si scrutavano, alla ricerca di qualcosa da trovare.

"Avevo paura di perderti." affermò quasi sussurrando prima di abbassare nuovamente lo sguardo.

"Perché non mi guardi? Io sono qui, non mi hai persa." dissi, stringendogli una mano con le mie.

Volevo che sentisse che io fossi lì, di certo nemmeno per lui poteva essere semplice riprendersi dallo spavento. Mi aveva trovata in pericolo di vita con Lucas e dopo averci portati all'esterno della casa, mi aveva visto stare malissimo per poi finire in ospedale e in coma.
Sarei potuta morire o non svegliarmi più e lui aveva assistito a tutto ciò.

"Hey, io ti sono grata per avermi salvata ed ora sono qui a dirtelo. Sono viva, sto bene, adesso tocca a te non stare male." dopo queste parole lo sentii ricambiare la stretta di mano e vi aggiunse l'altra sopra.

Fissava le nostre mani, le mie piccole tra le sue grandi, poi alzò lo sguardo.
Lo abbracciai emozionata e ci stringemmo per quasi un minuto, un minuto pieni di sensazioni.

Le mie mani dietro al suo collo, la mia testa sulla sua spalla, i suoi capelli corti mi solleticavano la guancia e il cotone della sua maglietta era morbido al contatto.

Fallen In FloridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora