Capitolo 70

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Quella notte rimasi sveglia, dormii solo qualche ora.
Non avevo trascorso una giornata semplice, del resto come sempre, ma questa mi aveva confusa molto.

Prima il coniglio squartato nell'armadietto, poi lo strano ragazzo del corso di storia e infine la notizia delle nazionali.

Né io né Jason avevamo ancora capito cosa volesse significare quel gesto così cruento, ma soprattutto le parole del bigliettino.
Probabilmente era un indizio...ma come potevamo riuscire a comprendere cosa pensasse quella mente così malata?
Come potevamo decifrarlo?
Non avremmo potuto far altro che aspettare, ma presto sarebbe stato tutto più chiaro.

Riguardo al ragazzo avevo intenzione di cercarlo e provare a parlargli con molta cautela. Volevo, anzi dovevo, capire chi fosse e cosa volesse da me. Non potevo semplicemente ignorare quello che poteva considerarsi pericoloso, già rischiavo molto. Non avevo compreso affatto il suo comportamento nei miei confronti, io non lo conoscevo e non lo avevo mai visto...non mi sarei mai aspettata di vivere nulla del genere.
Trovavo la situazione completamente insensata. Ed io odiavo essere confusa fino al punto di non trovare un minimo di logica.

Il giorno successivo mi recai in una sede apposita per il concorso, non eravamo affatto pochi ed io ero quasi certa di perdere. D'un tratto tutta la mia positività si era trasformata in pessimismo.
Come potevo essere considerata la migliore? Avevo solo vent'anni, ero tra i partecipanti più giovani, non potevo avere abbastanza esperienza.

Quel giorno ero piena di insicurezze.

Non fui soddisfatta di ciò che scrissi, durante quelle ore ero stata soprappensiero e non ero riuscita a dare il massimo, almeno secondo il mio giudizio personale. Sapevo che probabilmente avrei dovuto dimostrare di avere più abilità, ma in quel momento le mie emozioni presero il sopravvento.
Scrissi tutto troppo d'impulso.

Quello era il primo giorno di marzo e, come ogni mese ormai, era cominciato male.
Era stato inutile pensare che la fine di febbraio mi avrebbe aiutata a dare una svolta alla mia vita, a lasciarmi la sofferenza alle spalle.

Non riuscivo a togliermi dalla mente il pensiero di quel ragazzo.
Inoltre avevo perduto una giornata utile per scoprire chi fosse: le nazionali mi avevano impedito di tornare nel college e di conseguenza di incontrarlo.

Quando uscii dall'edificio mi sembrò addirittura di vederlo...la mente cominciava a giocarmi brutti scherzi.
Scossi la testa e continuai a dirigermi verso la macchina che mi ero fatta prestare da Jason.
Non ero molto distante dal loft ma, non conoscendo bene quella zona della città, impostai il navigatore: in mezz'ora sarei arrivata a casa.

Sospirai e misi in moto la vettura, accendendo la radio.
Solo allora mi resi conto di non aver mai guidato da sola, infatti solitamente ero in compagnia dei miei amici o dei miei familiari poiché erano loro a prestarmi una macchina.
Come sapete avevo la patente, ma non avevo mai acquistato un veicolo tutto mio.

Fu un viaggio strano, non ero abituata ad avere lo stereo come unico compagno.

Quando arrivai a casa, parcheggiai la macchina di Jason e uscii da essa un po' stranita.
Provavo una strana sensazione, non riuscivo a capire cosa fosse, probabilmente sentivo che di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa di negativo.

Facevo dondolare le chiavi in una mano, mentre mi soffermavo a sentire le scanalature in ferro con i polpastrelli.

Quando entrai nell'edificio, prenotai l'ascensore. Durante l'attesa notai che ci fosse un cartello a bloccare il passaggio delle scale.
Aggrottai la fronte, perché mai non si poteva passare di lì?

Ad un tratto sentii il rumore dell'apertura delle porte dell'ascensore, così mi voltai verso di esso, ignorando quello strano cartello.

Entrai e premetti il bottone del terzo piano, già immaginandomi di entrare in casa e farmi una doccia rilassante.

Ad un tratto il mio cellulare trillò, avevo ricevuto un messaggio.

Il mio cuore cominciò a battere forte, ma dovevo assolutamente calmarmi.
Per un istante ebbi paura di avere un attacco di claustrofobia, l'aria mi venne a mancare.

Sei tornata? Com'è andato il concorso?
lessi da parte di Jason.

Feci un respiro profondo, in un attimo tutto il mio terrore si scaricò.

Sto entrando in casa, ne parliamo dopo, comunque non sono entusiasta di come sia andata.
scrissi.

L'ascensore si fermò al secondo piano e qualcuno si posizionò accanto a me.
Lo ignorai e continuai a rispondere a Jason.

Mi dispiace...però pensa che qualunque sarà il verdetto, sei comunque riuscita ad arrivare alle nazionali.
abbozzai un sorriso.

Già, hai ragione. Grazie per il sostegno, ti amo.
scrissi e bloccai il cellulare, riponendolo nella borsa.

In quel piccolo ascensore si sentivano due respiri, non avevo mai incontrato qualcuno che abitasse nell'edificio.
Dopo un paio di secondi guardai la persona alla mia sinistra.
Accadde tutto troppo velocemente.

Subito quello premette il tasto per bloccare l'ascensore, mentre io provai invano a riprendere il cellulare per chiamare aiuto, indietreggiando per quanto potei.

Il ragazzo mi strappò la borsa di mano, lanciandola dietro di sè.
Mantenne un contatto visivo con me prima che cominciassi ad urlare.

In un attimo avevo compreso chi fosse.
Lo stalker era lì con me.

Fallen In FloridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora