Capitolo 10

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Scesi dalla macchina, notando che il sole stava per tramontare dietro l'edificio poco lontano dalla struttura della scuola.

"Papà sei sicuro che vuoi tornare a casa? Si sta facendo buio." mi preoccupai, non volevo che viaggiasse durante la notte.

"Sì, stai tranquilla." disse con la sua solita voce calma, aprendo il portabagagli.

"Allora vai subito, non perdere tempo." dissi e appoggiai la valigia sull'asfalto del parcheggio.

Lo baciai sulla guancia, ma quando feci per andarmene sentii la sua voce chiamarmi nuovamente.

Mi diede un caloroso bacio in fronte e mi sussurrò un "Ti voglio tanto bene, non dimenticarlo mai.", ciò mi rallegrò.

Mi rimase impresso il colletto della sua camicia bianca e azzurra, poiché fu l'ultima cosa che vidi di lui. D'un tratto mi venne in mente quando da piccola - ancora non andavo a scuola - lo vedevo sempre indossare le sue camicie abbinate alle cravatte per andare a lavoro il pomeriggio. A quell'ora doveva ricevere i clienti nel suo studio - era ed è ancora oggi un avvocato - e gli facevo sempre compagnia quando lo vedevo spruzzarsi una piccola quantità di profumo sul colletto, era una sua abitudine. Ricordai anche le lacrime che, puntualmente ogni pomeriggio, versavo per fargli capire quanto non volessi che stesse lontano da me, sentivo sempre la sua mancanza. Avevamo sempre avuto un forte legame, padre e figlia.

Mentre attraversavo il parcheggio, sentii il rumore della portiera dell'auto chiudersi e il motore che, una volta acceso, si allontanava sempre di più fino a scomparire.

Il silenzio era infranto dal persistente frastuono delle ruote della mia valigia che vibravano contro il suolo rugoso. Avevo sempre odiato fin da piccola i rumori molesti. In realtà odiavo essere notata e, siccome di solito quello era un rumore che di certo non passava inosservato, lo odiavo in principio.

Non potei fare a meno di notare che la costruzione davanti a me era veramente molto imponente, quel pomeriggio provavo un inspiegabile senso di abbandono che cercavo di colmare facendo attenzione ai minimi dettagli del mondo che mi circondava. Ma non tutto il mondo era bello.

Ad un tratto sentii degli schiamazzi improvvisi avvicinarsi e non riuscii a non saltare dallo spavento.

Mi girai verso la fonte di quei versi disumani e vidi quattro ragazzi inseguirsi e ridere, urlando come delle scimmie impazzite.
Sorrisi quando li vidi scambiarsi gesti d'affetto come scompigliarsi i capelli a vicenda. Non conoscevo nulla di più bello dell'amicizia.

Una volta entrata nell'edificio, mostrai le chiavi della mia camera a quella che doveva essere la nuova guardiana del dormitorio, 'Abby' c'era scritto sulla targhetta.

Era una donna di mezza età molto carina, capelli scuri e occhi color nocciola, abbelliti da una pelle chiara dai bei lineamenti. Non potei fare a meno di pensare che da giovane fosse particolarmente bella.
Le diedi il benvenuto e mi presentai, stringendole la mano. Sembrava leggermente imbarazzata, ma non ci feci troppo caso.

Una volta arrivata alla mia camera provai ad infilare la chiave nella serratura, ma questa non entrò poiché la porta era solamente socchiusa. Non feci in tempo a preoccuparmi che appena entrai feci cadere una bottiglia di vetro sul pavimento, riversandone il contenuto su di esso. La bottiglietta di birra rotolò, mostrando la sua marca.

"Hey Nicole!" sentii la voce distorta di Nora provenire alla mia destra.

Solo allora, avendo alzato lo sguardo da terra, notai che più di una dozzina di birre erano sparse per la camera. Quando girai la testa verso il letto, notai Nora e Lucas bere un'altra bottiglia ognuno. Chiusi la porta alle mie spalle.

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