"Qui non è il luogo adatto dove parlarne..." dissi mentre le lacrime avevano ricominciato a scendere.
"In questo caso nessun luogo sarebbe adatto." parlò lentamente e ormai esausto.
"Lo so...io non ce la faccio più." misi le mani davanti al volto e cominciai a piangere.
Ad un tratto sentii due forti braccia circondarmi.
"Ho paura, Jason." parlai tra i singhiozzi "Ti farà del male adesso che sai anche tu qualcosa."
"Me la so cavare." sentii le sue parole rimbombargli nel petto.
"No invece, non hai nemmeno idea di quanto sia malato. È così perverso e...pensa sempre a tutte le evenienze, sembra che abbia la mia vita in suo completo potere." strinsi Jason ancora più forte.
"Chi altro lo sa?" domandò dopo qualche secondo.
"Clare è stata la prima, gliene ho parlato subito, ma poi ne ho pagato le conseguenze. Dopo il professor Law l'ha capito e-" mi interruppe.
"Lo sa anche lui?" domandò esterrefatto.
Sciolsi l'abbraccio per guardarlo negli occhi.
"Ho provato a convincerlo che non fosse come pensava, ma è testardo, un po' come hai fatto tu. A lui non ho raccontato nulla, l'ho solo pregato di dimenticare ciò che sapeva."
"Solo loro due?" chiese ed io scossi la testa.
"Anche Jack, è un po' complicato."
Così cominciai a raccontargli del viaggio in quella minuscola macchina.
Eravamo troppo esposti, ma ormai il danno era fatto.
Rimanemmo lì fino al lancio dei palloncini per i quattordici morti nell'incendio.***
Stavo sistemando gli oggetti contenuti negli scatoloni, quando ad un tratto in televisione mostrarono delle immagini a proposito 'dell'incidente' di cui ero stata vittima.
Non volevo ascoltare una sola parola a proposito di quell'accaduto.
Non mi curai di aver lanciato i cuscini del divano per trovare il telecomando e spegnere immediatamente.
Tornai a smistare i miei oggetti cercando di rimanere calma, ma sospirai frustrata.
Ormai mi mancavano pochi scatoloni ed avevo quasi terminato quest'ultimo.
Rimasi sorpresa nel trovare il mio cellulare sul fondo di uno scatolone.
Una scossa di paura mi attraversò il corpo.Lo stalker sapeva di cosa avevo raccontato a Jason?
Non feci in tempo a rifletterci che sentii un rumore provenire dal salone.
Lasciai le mie cose e mi avvicinai lentamente alla porta per spiare chi fosse entrato.
Da quello spiffero non riuscivo a vedere nulla che potesse interessarmi, la persona non era inquadrata.
Acuii il mio udito, ma riuscivo a sentire solo dei fruscii.Ad un tratto quel qualcuno aprì la porta della stanza, sbattendomela in faccia.
Gemetti dal dolore.
"Ma che diavolo stavi facendo?" la voce di Jill risuonò per tutto il loft.
"Non sapevo chi fosse entrato e mi sono spaventata." mi giustificai, sedendomi sul divano letto e massaggiandomi la testa.
Jill sospirò.
"Beh mi dispiace, ero solo io." fece spallucce.
"Per fortuna sì..." risposi, mentre cercavo di far diminuire il dolore.
"Senti Nicole, non è che avresti un po' di tempo per parlare con me?" domandò calma.
La guardai confusa.
"Allora?" insistette.
"Sì, ho tutto il tempo del mondo." affermai stranita mentre lei mi incitava ad uscire.
Presi le chiavi del loft e chiusi bene la serratura prima di dirigerci per strada a passeggiare.
"Quindi? Cosa sta succedendo?" domandai dopo qualche minuto di silenzio.
"Sto pensando di andarmene." disse schietta, fermando i suoi passi e puntando il suo sguardo nei miei occhi.
"Cosa?" esclamai.
Il mio sorriso svanì lentamente.
"Voglio andare via da questa città, lasciare questa scuola." ripeté con un groppo in gola.
Era evidente che in quell'occasione per lei fosse difficile parlare.
"È per...l'incendio? Perché non penso che ne rimarremo di nuovo vittime. A meno che qualcuno di noi non sia sfigato tanto da-" mi interruppe.
"No, non è per quello...beh in un certo senso è una delle motivazioni, diciamo." disse vaga.
"Da quanto tempo ci stai pensando allora? È stato qualcuno a spingerti verso questa decisione? Perché in caso ci penserò io a picchiarlo." provai a rassicurarla.
"Da poco, qualche settimana. E nessuno mi ha fatto un torto, sono io che voglio andare via." ridacchiò alla fine.
"È per qualcosa di brutto che è successo?" continuai con le mie domande vaghe.
Era chiaro che non ne volesse parlare esplicitamente.
"È per una cosa che ho fatto io, in quell'occasione ho capito di non voler restare.
Di me ti puoi fidare, Nicole. Non ho fatto nulla di male, ma questo mi ha aperto gli occhi." cercò di spiegare."Io...non capisco." sospirai con un sorriso amaro.
"Non puoi capire e non devi farlo. Sai, forse sono vigliacca e sto scappando, a volte penso che una mia frase potrebbe cambiare tutto in meglio, ma poi ci ripenso. Capisco che in un attimo avrei condannato tutti alla morte e...non posso farlo."
"Jill..."
"Sono in pericolo qui, ho le mani legate e non voglio rischiare. Potrei buttare la bomba e scappare, ma verrei trovata."
"Ma di che stai parlando?" ero nella confusione più totale.
"Partirò tra poco tempo, non so esattamente quando, ma questi sono gli ultimi giorni che resterò qui. Per favore non dirlo a nessuno." mi guardò supplichevole.
"Non parlerò."
"Lo so, ormai sei diventata troppo brava." commentò, lasciandomi ancora più confusa.
STAI LEGGENDO
Fallen In Florida
Mystery / Thriller[ COMPLETA ] Nicole, giovane donna di quasi vent'anni, è costretta ad accettare una borsa di studio in un ambito istituto in Florida, a Miami, e ad abbandonare la sua vita a Londra. Lì dovrà ambientarsi nella vita da collegiale, scoprire nuovi amor...