Capitolo 60

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Afferrai una statuetta che trovai su di una mensola in soggiorno e mi avviai con cautela verso la cucina.
Non badai nemmeno a quale oggetto stessi stringendo nella mano destra, ero decisa a proteggermi.

Ad un tratto mi balenò in mente un'idea: forse lo stalker era in casa mia e mi stava aspettando.
Mi avrebbe uccisa? Contro di lui una statuetta non sarebbe stata di grande aiuto.

Continuai ad avanzare e non ci fu nemmeno bisogno di entrare in cucina perché vidi una sagoma uscire dalla stanza.
Alzai la statuetta pronta a colpire, ma poi mi accorsi che la donna davanti a me era spaventata.

"Oh cazzo, non farmi del male!" esclamò terrorizzata.

I miei nervi si scaricarono quasi completamente, ero confusa e quella donna non sembrò affatto pericolosa.

"'Ma chi diavolo sei?"

"Mi chiamo Grace, piuttosto tu chi diavolo sei?" domandò, abbandonando la posa che aveva assunto.

Entrambe non eravamo più sulla difensiva.

"Io sono Nicole...mi spieghi come sei entrata qui? E che cosa stai facendo?" chiesi abbassando la statuetta, ma pronta ad utilizzarla in caso di pericolo.

"Io...ho le chiavi." la guardai in tralice.

"Ma che stai dicendo?" domandai pensando che quella persona non fosse completamente sana di mente.

Oltre me e i miei genitori nessuno aveva le chiavi della casa a Londra.

Ad un tratto vidi la donna smanettare nella sua borsa e dopo mi fece penzolare davanti agli occhi due chiavi.

"Queste sono le chiavi di casa mia, di questa casa." provò a spiegarsi.

"Questa è casa mia e dei miei genitori, non tua." obiettai, afferrando le chiavi.

"No...qui ci vive la famiglia Colbay, ne sono sicura." affermò totalmente confusa.

"Io sono Nicole Colbay...come fai a conoscere il mio cognome e sapere dove abito...abitavo?" mi corressi.

"No, no, no, no, no..." sussurrò tutto d'un fiato "Stai fottutamente scherzando, vero?" era nel panico.

"Ho la faccia di una che scherza?" domandai retorica.

"Io vivevo qui con i miei genitori, io sono Grace Colbay."

Appena sentii quelle parole mi si gelò il corpo e compresi la sua confusione mista a panico.
In quel momento la squadrai realmente per la prima volta.

Aveva occhi azzurri, capelli biondo cenere e non era poi così giovane.
Indossava un abito che riconobbi subito: era uguale a quello che lo stalker mi aveva donato per andare alla festa di compleanno di Tom.
Non potevo crederci.

"Non è possibile...forse sei una mia parente lontana, ma ti assicuro che io ho sempre vissuto qui." affermai con veemenza.

"Io ho vissuto qui con i miei genitori per diciotto anni, poi per vari motivi sono dovuta andare via."

"Beh dimmi il nome dei tuoi genitori, forse li conosco." provai a calmarmi.

"Emma e Douglas." affermò ed io sgranai gli occhi.

"Mi stai prendendo in giro?" chiesi, non accettando la sua risposta.

Tutta questa situazione era assurda.

"Ho la faccia di una che scherza?" ripetè la mia stessa espressione ed io alzai gli occhi al cielo.

"I miei genitori sono Emma e Douglas, spiegami tutto."

"Io non ho nulla da spiegare, piuttosto dovresti essere tu a spiegarmi qualcosa." sospirò frustrata.

"Nicole, Grace." udii la voce di mio padre alle mie spalle.

Mi girai e lo fissai negli occhi.

"Papà." parlammo io e la donna nello stesso momento.

Spostai il mio sguardo su Grace e la vidi quasi commossa, tornai a fissare mio padre e vidi la stessa espressione.

"Spiegatemi cosa sta succedendo o giuro che dò di matto." affermai insicura.

"Io...hem, dobbiamo parlare." mio padre alternò lo sguardo tra me e la donna, poi ci invitò a sedersi sul divano con lui.

Io presi posto sulla poltrona e appoggiai la statuetta sul tavolino davanti a me, guadagnando un'occhiata mista tra rabbia e confusione da parte dei due.

"Forza, parla." lo incitai nervosa.

"Papà chi è lei?" domandò Grace.

"Non è tuo padre, stai zitta." la donna alzò gli occhi al cielo.

Ammetto di essere stata un po' troppo scontrosa a pronunciare quelle parole ma, come ho già detto, ero nervosa e confusa.

"Sì che lo è, trova un'altra persona da chiamare 'papà', tu sei pazza." rispose acida, me lo meritavo.

"Hey, calmatevi. Siete entrambe nostre figlie, mie e della mamma." introdusse mio padre, stava sudando freddo.

"L'orfanella può tornare da dove è venuta." affermò Grace risoluta.

"Ehy ma chi cazzo ti credi di essere? Sei sbucata dal nulla, chiudi la bocca." stavolta lei si era meritata le mie parole.

"Nessuna è stata adottata...siete nostre figlie biologiche." chiarì mio padre ed io e Grace ci scambiammo un'occhiata confusa e un po' spaventata.

"Stai dicendo che..." la donna lasciò cadere la frase.

"Sì, siete sorelle." concluse lui.

"Cosa?" esclamai "Quanti anni hai?" mi rivolsi a Grace.

"Quaranta, tu?"

"La metà precisa." risposi guardando mio padre fisso negli occhi, ma non riuscì a sostenere la mia occhiataccia.

"State calme, ora vi spiego tutto." affermò lui.

"Beh prego." Grace parlò acida ed io alzai gli occhi al cielo.

La situazione era molto caotica e la tensione era palpabile.

"Nel 1976 nacque Grace, vostra madre aveva diciassette anni e decidemmo di tenere il bambino."

"Oh Dio..." mi lamentai, capendo già tutto.

Mi padre mi guardò in tralice e poi si schiarì la gola.

"Stavo dicendo...nacque Grace e dopo diciotto anni perdemmo i contatti con lei." lo guardai confusa.

"Sono scappata di casa e ho fatto in modo che non mi trovassero...era il 1994." ricordò a fatica "Papà non mi vede da quel giorno." mi disse malinconica.

Non riuscivo a credere che quello che stessi sentendo fosse reale.

"Tralasciando quei due anni di sofferenza, nel 1996 sei nata tu e quello stesso anno anche Clare e Jack." concluse.

"Tutto...qui?" chiesi quasi delusa

"Beh è abbastanza semplice: è nata Grace e dopo diciotto anni è scappata di casa. Due anni dopo la sua scomparsa sei nata tu...quindi avete vent'anni precisi di differenza." mi misi a ridere.

"Cosa hai da ridere? Ti sembra tanto divertente?" chiese mio padre seccato, mentre Grace mi guardava in tralice.

"Io e lei sorelle?" domandai ridacchiando.

"Sì." affermò mio padre con voce sicura.

"Siamo due persone completamente diverse!" esclamai, smettendo di ridere.

"Siete identiche, avete gli stessi occhi e la somiglianza dei vostri visi è sconcertante.
Inoltre avete entrambe un caratteraccio." spiegò mio padre, sorridendo leggermente.

"Ah simpatico." affermò Grace ironica.

Dopo qualche secondo io e mia sorella ci ritrovammo a fissarci stranite.

"Cazzo, io e te siamo sorelle."

Fallen In FloridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora