Capitolo 48

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Novembre era finito già da una dozzina di giorni e fino ad allora ancora nessun componente del nostro gruppo era tornato a scuola.

Non avevamo più parlato dell'incendio dopo quella settimana, finì tutto con l'ultimo mercoledì di novembre. Era cominciato un nuovo mese e le voci cominciavano ad affievolirsi, mentre tutti i ragazzi della scuola cercavano di andare avanti.

Non era semplice, io lo sapevo bene.

Quel giorno camminavo lungo una strada che mi avrebbe condotto a scuola, volevo provare a tornare alla normalità frequentando ormai le ultime due settimane prima delle vacanze natalizie.

Ma quel lunedì non avevo intenzione di recarmi lì per studiare, volevo solo parlare con il professor Law e dare un'occhiata alla scuola.

Non sapevo se anch'essa avesse subito dei danni, del resto il dormitorio vi era molto vicino, e inoltre volevo controllare quanti studenti ci fossero.

Il mondo era andato avanti anche in quel luogo?

Avevo intenzione di incontrare il professore dopo la seconda ora, sapevo che una volta terminata la lezione - quella che mi era stata assegnata dagli orari - egli aveva un'ora di pausa.

Mi serviva una conversazione con una persona di cui mi fidassi, una persona diversa da quelle che ero solita frequentare per svago.

Varcai la soglia del cancello della scuola un po' titubante.
Ero in perfetto orario, dovevo solo entrare nell'edificio e trovare il mio professore.

Mi feci coraggio: lo stalker, ormai anche assassino, non si faceva sentire dal famoso giorno dell'incendio, aveva ciò che voleva ed io non correvo pericoli.

Sospirai oltrepassando anche le porte principali.
Mi ritrovai in un corridoio praticamente vuoto, nonostante la campanella fosse suonata.

La mia entrata attirò l'attenzione di qualche studente, ma nessuno fece molto caso a me.
Quei pochi ragazzi che si trovavano lì, apparivano stanchi e spaventati.
In quel momento non avevano paura, ma l'incendio aveva inserito nel loro sguardo qualcosa che lo aveva cambiato per sempre.

Ero distratta quando urtai qualcuno per sbaglio.
Fui fortunata e davanti mi ritrovai il professor Law.

"Hey Nicole, mi fa piacere vederti." mi salutò emozionato.

"Anche a me fa piacere vederla, è passato un po' di tempo..." dissi malinconica.

"Come va? Stai riuscendo ad andare avanti? So che per molti di voi non è facile." vidi il suo sorriso svanire un po'.

"Rispetto alla situazione...bene. Io e i miei amici abbiamo affittato un loft, ci siamo dovuti adattare ma, finché abbiamo una casa, non possiamo lamentarci." feci spallucce.

"Beh è giusto, vedrai che col tempo tutto migliorerà. Da come puoi vedere, qui a scuola siamo ancora in pochi."

"Sì, ho visto, i corridoi non erano mai stati così vuoti." il professore sospirò.

"Come mai sei qui?" domandò schietto.

"Avevo bisogno di un assaggio della vita di sempre e avevo bisogno di parlare con lei." sorrisi.

"Dimmi pure."

"Forse in questo momento dovrebbe essere l'ultimo dei miei problemi ma...volevo chiederle del corso di scrittura di cui mi aveva parlato." dissi improvvisamente un po' impacciata.

"Ah, quello...sì." borbottò "Questo giovedì ci sarà la prima prova, quella d'istituto.
Ma se non vorrai partecipare, ti capirò."

"Ci sarò, professore. Non abbandonerò questa occasione così facilmente, può contare su di me." affermai motivata.

"Sono contento di sentirtelo dire." fece un sospiro di sollievo "C'è...altro?"

"Beh, io..." mi fermai appena incrociai il suo sguardo "Ah, 'altro' in quel senso." dissi con uno sguardo eloquente e il professore annuì.

"Hem, Lucas sta bene, io sto bene...non so precisamente cosa lei voglia sapere." affermai un po' confusa.

Il professore mi afferrò delicatamente la spalla e mi condusse in una classe vuota.

"Qui possiamo parlare." disse mentre controllava attraverso la finestra che nessuno ci stesse guardando.

"Però sono io che non posso. Le avevo detto che era necessario che lei dimenticasse la questione." dissi un po' duramente.

Il professore tornò a guardarmi, allontanandosi dai vetri.

"Lo so, ma ci sono dei limiti." rispose agitato.

"Si fidi, i limiti erano già stati superati da tempo con me." parlai con veemenza e con un sorriso amaro stampato sul mio volto.

Egli sospirò.

"Stiamo parlando di un incendio in un dormitorio, di quattordici morti e molti feriti, tra cui il più grave è Lucas." scandì ogni parola.

"Era Lucas." lo corressi "Ora sta bene." mi innervosii.

"Un trauma cranico lieve non è comunque uno scherzo."

"Lo so, ma sono riuscita a salvarlo." alzai un po' i toni.

"Come hai fatto?" chiese e quando pronunciò quelle parole, sembrò essersi liberato di un peso.

"Cosa?" aggrottai le sopracciglia dopo qualche secondo di silenzio assoluto.

"Come hai fatto a salvarlo da quella persona? Non credo che le parole siano bastate, so quello che ti ha fatto." si spiegò meglio.

Improvvisamente i miei occhi cominciarono ad appannarsi.
Sbattei più velocemente le palpebre.

Presi il respiro.

"Gli ho dato il mio cellulare." dissi tutto d'un fiato.

"Avete contrattato in quel momento? Una vita per un cellulare?" era incredulo.

"No, non proprio..." lo fermai subito mentre le mani mi tremavano "ma in un certo senso..." lasciai cadere la frase.

Come potevo continuarla?

Io e il professor Law ci guardammo negli occhi, più che altro fu lui a cercare nel mio sguardo delle risposte.

Le mie barriere erano abbassate e mi colse di sorpresa.

"Hai cercato di resistere alle sue minacce?" fece un passo verso di me.

Aprii la bocca ma non riuscii ad emettere alcun suono, così la richiusi.

"Gli hai resistito e lui ha bruciato un dormitorio?" alzò la voce, facendo un altro passo.

"Non sapevo che l'avrebbe fatto." provai a dire con un filo di voce.

"Avresti potuto salvare quelle quattordici vite..." mi guardò quasi disgustato, fermandosi poco distante da me.

"Io non avevo idea che avrebbe fatto tutto questo! Lei non sa quanto io mi senta in colpa, l'ha fatto apposta per rovinarmi la vita! Ho quattordici vite sulla coscienza, secondo lei avrei lasciato morire quelle persone se avessi saputo della prossima mossa dello...stalker?" quasi gridai, pronunciando l'ultima parola a denti stretti.

Respirai a fondo e velocemente per calmarmi.

"Okay Nicole, perdonami hai ragione." affermò dopo qualche secondo di silenzio.

"Mi dica lei cosa avrebbe fatto al mio posto." lo intimai e ricevetti un'occhiata mista tra il confuso e il sorpreso.

"Avrei resistito. Avrei fatto come te." le sue parole vennero scandite dal silenzio.

"Bene, grazie, ora devo andare. Giovedì ci sarò." dissi sbrigativa, ma con veemenza.

"Ti auguro il meglio, grazie per la tua partecipazione, ci tengo molto." mi fece un sorriso rassicurante.

Gli voltai le spalle e una volta varcata la soglia della classe sospirai stringendomi nella giacca.

Fallen In FloridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora