Capitolo 37

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Passammo il tempo rimanente a confrontare i nostri messaggi per cercare degli indizi.
Non trovammo nulla.

Non potei nemmeno vedere i video che mi venivano fatti di nascosto perché lo stalker li aveva inviati con un metodo che ne permetteva l'autodistruzione dopo la visione.

Continuavamo a non sapere nulla di lui, o almeno nulla che potesse essere utile.

Jack mi aveva detto di trovarsi in pericolo, probabilmente il maniaco avrebbe capito che ormai sapevamo l'uno dell'altra al suo proposito, nonostante ci fossimo chiusi in casa.

Era probabile che avesse nascosto delle cimici nell'abitazione o addirittura nei telefoni, se non magari sui vestiti.

Ad un certo punto ci arrendemmo, decidendo di passare del tempo in tranquillità.
Sapevamo che questo era tutto inutile.

Noi non eravamo detective e di certo non avremmo scoperto qualcosa senza l'aiuto di qualcuno. Ma di quell'aiuto non potevamo usufruirne.
Conoscevamo ancora troppo poco il mondo per capire il motivo di questo genere di atti.

Per ora potevamo solo aspettare.

Durante il viaggio in aereo dovetti ammettere di essere molto turbata.
Per primo ero stata completamente manipolata da quel maniaco e per secondo avevo di nuovo abbandonato i miei amici e la mia casa.
Mi aveva fatto un certo effetto tornare nel luogo in cui ero cresciuta e lasciarlo nuovamente.

Quando tornai ai dormitori, non trovai nessuno in camera e potei riposarmi per qualche minuto da sola con i miei pensieri.

***

"Intanto la volevo ringraziare per essere oggi presente in questo corso e a raccontarci la sua terribile esperienza. Immagino che non sia sempre stato facile parlarne e suppongo che non lo sia neanche ora, ma spero che la sua testimonianza possa essere d'aiuto alla formazione di questi giovani adulti." disse lo psicologo.

"Mi fa piacere aiutare delle giovani menti, grazie a voi." disse Tyler, sorridente.

Era un'uomo di circa trent'anni ed aveva un aspetto molto curato.
Era venuto a raccontarci la sua esperienza in fatto di disturbi riguardanti la mente umana.
Ma il suo non era solo un racconto, infatti era stato vittima delle stesse atrocità che venivano inflitte a me e al mio migliore amico.

Aveva sperimentato su sè stesso il frutto di un disturbo psicologico eppure non era stato lui a volerlo.
Ci aveva raccontato che dopo quell'accaduto, successo neanche troppo tempo prima, aveva deciso di studiare psicologia.
Era più grande di me quando accadde e forse era anche più maturo.

Mi chiedevo come avrei affrontato io la situazione se avessi avuto degli anni in più rispetto ad ora.

"Allora ragazzi, non sono molto bravo con gli inizi," ridacchiò Tyler nervosamente "perciò preferirei che foste voi a pormi qualche domanda in modo che io riesca a cominciare basandomi sui vostri interessi, va bene?" chiese retoricamente, ma tutti annuirono comunque.

Qualcuno al primo banco alzò la mano: "Possiamo sapere cosa le accadde di preciso?"

"Certo, come ti chiami?" chiese quello.

"Matt."

"Bene Matt, fui vittima di uno stalker.
Mi perseguitava e quando meno me lo aspettavo, compiva azioni orribili per rovinarmi la vita.
Ero terrorizzato da questo maniaco e...non potevo raccontarlo a nessuno." affermò.

"Perché no? Avrebbe potuto ricorrere alla polizia." disse una voce femminile.

Sorrisi amaramente a quella proposta. D'un tratto non mi sentivo più tanto ingenua, o almeno non come lo era quella ragazza.

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