Capitolo 78

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"Tu non conosci il vero dolore." mi guardò intensamente.

La lama si trovava solo a pochi centimetri di distanza dal mio collo.

"Ray..." sussurrai quando la mia pelle stava per essere tagliata.

"Trattieni il fiato per dopo, ne avremo per molto." appoggiò orizzontalmente il coltello giusto sotto la mandibola.

Ebbi un fremito appena sentii il ferro gelido posarsi su di me.
Respirai pesantemente, cercando di stare ferma il più possibile.
Sarebbe bastato un mio movimento improvviso per conficcare la lama nella mia pelle e pochi secondi per morire.

"Lacrime e sangue, adoro tutto questo." commentò poco prima di spingere il coltello e passarlo con più forza lungo il mio collo.

Sentii qualcosa di caldo e liquido scendere, mentre Ray trascinò la lama quasi fino sotto al mio orecchio.
Mi accorsi solo in seguito di star piangendo.
Il dolore lancinante che avvertii mi tolse il fiato, emisi un verso strozzato.

Guardai in basso, notando la discesa del sangue fino alla mia canottiera bianca sul lato sinistro.
Durante quel dolore provai a distrarmi, concentrandomi sul pensiero dei miei amici e familiari.
Strinsi con forza le catene nelle mani.

"Non ti preoccupa che ora tutti sappiano di te e Lucas?" dissi tra i respiri corti, cercando di reprimere le lacrime.

"Questi non sono affari tuoi." rispose duro.

"Vi ho messo in difficoltà." considerai "Non mentirmi, state perdendo il controllo che avete su di me." la mia voce era alterata dal pianto di poco prima.

Lo guardai meglio negli occhi, osservai a lungo quel suo sguardo enigmatico.

"Non mi sembra che tu al momento abbia molta possibilità di scelta." inclinò la testa leggermente di lato "Abbiamo il tuo pieno controllo." allungò una mano, arrivando a toccare la ferita non molto profonda che mi aveva inflitto.

Mugolai, infilando i denti nel labbro inferiore.

"Shh..." ritirò la mano, osservando il mio sangue sulle sue dita "Sai, forse sei riuscita ad abituarti al dolore psicologico, ma a questo non ci si abitua mai. Fa sempre più male." scandì le ultime parole con evidente divertimento.

Respirai velocemente, lasciando andare il labbro.
Il mio petto si alzava e si abbassava velocemente.

"Rendiamo il gioco più divertente:" lo fissai attentamente "scegli tu la prossima parte del corpo."

Scossi la testa con veemenza, cercando di non pensare alle sue parole.

"Hai la possibilità di indicarmi dove puoi sentire meno il dolore, perché la stai sprecando?"

"Perché sarebbe come torturarmi da sola, non aggiungerò anche questo alla lista del dolore mentale che mi hai inflitto per tutto questo tempo." dissi con rabbia mista a terrore.

Ray rise.

"Mi hai sgamato." affermò divertito "Ma se ho carta bianca, so bene come permettere che il dolore fisico ti distrugga."

Lo guardai con disprezzo, mentre lui mi squadrava.
Ad un tratto tornò a fissarmi negli occhi.

"Che ne pensi di cominciare da...qui?" chiese ridacchiando.

Attraverso l'attillata canottiera sentii la sua mano premere sul mio fianco destro.
Provai un brivido, immaginai già la sofferenza che di lì a poco avrei provato.

Dopo pochi secondi lo sentii alzare lentamente la mia canottiera, lasciando scoperta una porzione di pelle.

Sentii lo stomaco in subbuglio, d'un tratto avvertii una strana sensazione, mi sentivo come in procinto di vomitare.

Stavolta non riuscii nemmeno a sentire la lama: la ferita fu inferta immediatamente, senza un minimo di indugio.
Partì da poco sotto la costola sulla pancia per terminare più lateralmente, all'inizio dei pantaloncini.

Provavo a stare ferma stringendo e tirando le catene che mi bloccavano i polsi, ma il dolore era inevitabile.

Lasciai che un urlo di dolore uscisse dalle mie labbra, non riuscii a resistere ad una tale sofferenza.
Questo si contrappose alla risata sommessa di Ray che non smise ancora di torturarmi.

Egli incise un'altra ferita della stessa grandezza, ma in senso opposto, fino a creare una sorta di croce.
Lanciai un altro grido.

Flutti di sangue si riversarono sulla mia candida pelle, continuando a scendere senza controllo.

Potei sentire la lama poggiarsi nuovamente su di me giusto qualche centimetro più a sinistra rispetto a quelle due ferite.

"Ray basta!" gridai lasciandomi ad un pianto disperato, mentre lui continuava imperterrito.

Per la terza volta consecutiva, lasciò che scivolasse sangue da una nuova ferita.

Tirare le catene non bastava, piuttosto mi stavo solo facendo del male alle mani.
Ma ciò riusciva a distrarmi in piccolissima parte da quello che stava realmente accadendo.

Ad un tratto smisi di stringere le catene, accasciandomi per quanto potessi.
Ero esausta: le lacrime, i muscoli tesi e contratti, il sangue che stava lasciando il mio corpo in modo forzato, il lancinante dolore fisico e mentale...lo sforzo della resistenza.

I miei singhiozzi riempirono totalmente l'aria, facendo eco nella stanza.

Respiravo velocemente, mentre i capelli mi scivolarono davanti agli occhi.
Mi ripetei mentalmente di non arrendermi, che quella fosse realtà, potevo viverla ancora.
Non potevo lasciare che Ray vincesse.

"Oh Nicole, credevi che avresti potuto resistere a tutto questo?" chiese retorico dopo vari minuti in cui il mio pianto si affievolì.

Non dissi nulla, ero solo concentrata sul recuperare un po' di respiro.

Ad un tratto egli mi afferrò il volto, stringendolo in una mano con molta forza.
Ma in quel momento avrebbe potuto farmi qualunque cosa volesse per quanto ero esausta.

Mi esaminò il volto ormai completamente bagnato dalle lacrime, mentre io non provai nemmeno ad oppormi.

Lo supplicai con lo sguardo di lasciarmi stare, ma lui sorrideva soddisfatto.

"R-Ray..." provai a parlare, cercando di nascondere il tremolio nella voce.

"Questo non è niente in confronto a ciò che ho subìto io o rispetto a ciò che ho intenzione di farti." affermò scrutandomi.

"Sei un mostro." pronunciai, cominciando ad abituarmi a quel bruciore.

Egli lasciò andare il mio viso, ma io mantenni lo sguardo su di lui.

"Tu non sei migliore di me." rispose.

"Cosa credi che porterà a questo? Risolverai qualcosa?" domandai.

Ray rise.

"Ora cerchi di psicanalizzarmi?" chiese divertito.

"No, sto provando a capirti." alternai lo sguardo tra i suoi occhi.

Lui mi fissò infastidito.

"Non ho bisogno della tua comprensione, mi basta che tu soffra per mano mia." disse, infilando una ciocca di capelli dietro il mio orecchio sinistro.

Chiusi gli occhi per qualche istante, respirando profondamente.

"Io vorrei solo capire...non sto chiedendo molto." mi lamentai con un tono di esausta disperazione.

"Saprai solo quando lo decideremo noi." affermò "Dove eravamo rimasti?"

Fallen In FloridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora