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Dal sito riparato in mezzo alle rocce, il russo godeva di una buona visuale della casa dei McCall.

Non si era ancora infilato nel sacco imbottito. Non aveva freddo nonostante fosse una tipica notte limpida delle Ebridi, la cui temperatura si aggirava sugli 11°. C'era voluto un mucchio di tempo perché il crepuscolo cedesse al buio. Come accadeva alle più alte latitudini nell'Impero dello Zar, le notti estive erano brevi e gonfie di stelle e se si era fortunati comparivano i veli verdi dell'Aurora boreale.

A Kozlov non interessavano le bellezze naturali. Con gli occhi fissi sulla casa, anche dopo che l'ultima luce si era spenta, si chiedeva perché il capitano l'avesse scacciato come un ratto. Avevano diviso alloggi angusti sulla fregata, ma era accaduto prima che il sospetto aleggiasse su ogni sentenza.

Non possiamo considerarci amici, non lo siamo stati nemmeno in servizio.

Doveva aver macerato una furia senza precedenti, Avery, quando, in conseguenza al rifiuto di tornare nei Caraibi finché avesse saputo cosa ne era stato della Opal, la fregata era stata affidata al primo ufficiale Evans, nominato capitano di fresco. Una nomina che aveva il sapore della ripicca. L'unico a esserne felice, il russo ci scommetteva, doveva essere stato MacMourrog, ebbro d'aver mantenuto il posto. Tuttavia, nemmeno quello scozzese ingenuo aveva voluto seguire Evans e si era costretto a un breve viaggio nel Mediterraneo per guadagnarsi qualche sterlina.

Kozlov socchiuse gli occhi. Di notte si udiva il lamento di un gufo di palude e il liquido ciottolare dello spatey. Ascoltò il gufo senza la superstizione dei marinai, trovandolo desolato com'era desolata la landa.

Non poteva tenere lontano il pensiero per molto e persino quando usciva vincitore dallo scontro con la sua mente si sentiva svuotato.

La Sirena.

Laggiù, lontano, il russo vide una figura che correva. Dai passetti di un'andatura furtiva capì che era una donna. La figura si fermò davanti alla porta e bussò senza che lui udisse i colpi sul legno. La porta si aprì e la lasciò entrare.

Kozlov l'aveva sospettato in tempi non recenti che Avery fosse proclive alla lussuria e mal digeriva quando l'atteggiamento degli ufficiali sconfinava nell'idiozia del marinaio in franchigia.

Se avesse una fidanzata come stabiliscono le regole si limiterebbe.

Eppure lo sapeva che non sarebbe stato possibile cambiare l'indole di un uomo sanguigno e per di più inglese. Pareva che gli inglesi sguazzassero nella lascivia. Forse se fosse stato russo, pensava Kozlov mentre vigilava sulla casa, il capitano si sarebbe potuto salvare.

Nravy*. La scuola a Pietroburgo che aveva frequentato prima di trasferirsi a Londra. Gli uomini sposati che non potevano studiare all'università, non potevano indulgere nelle devianze. Ogni uomo di fronte al mondo doveva apparire scevro da impulsi carnali e dalla licenziosità.

Kozlov pensò al suo incontro con la Sirena. «Io giudico e sono corrotto al suo pari.»

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Due giorni dopo, Kozlov aveva capito qual era il modo in cui il capitano dissipava il suo talento. Con molta probabilità ogni giovane del circondario, e forse qualche femmina maritata che poteva assentarsi senza destare sospetti, era entrata nella casa di pietra.

All'alba del primo giorno, il russo aveva visto uscire una donna, ma non aveva badato al colore dei capelli. Il pomeriggio del secondo, la donna aveva lasciato l'abitazione dei McCall alle quattro e dodici minuti – secondo l'orologio da taschino – ed era sparita dove il declivio si tuffava nelle erbe alte, oltrepassando il ruscello.

Avery aveva raggiunto il suo ufficiale alle cinque meno un quarto per invitarlo a entrare in casa e a Kozlov non era parso contento. Il capitano aveva lo stesso viso, che tratteneva a stento la collera, di quando era uscito dall'edificio di Whitehall dopo aver rifiutato l'incarico ed essersi preso una reprimenda.

«Possiamo congelare la vostra carriera» aveva detto il Primo Lord dell'Ammiragliato con una voce aspra che aveva raggiunto Kozlov, MacMourrog e Bolton, che avevano udito ogni parola dalla sala d'aspetto e non avevano reagito, uguali per immobilismo ai ritratti sulle pareti.

La sera del terzo giorno scrosciava una pioggia furiosa. Avery guardò a lungo dalla finestra dopo aver rigovernato con l'abilità di una massaia: riviveva il giorno d'uragano al Forte con la cenere che cadeva in rivoli nell'oceano. «Non vi posso mandare fuori con questo sconvolgimento.»

«Ho una tenda nel bagaglio.»

«Buon Dio, John. Vi stancate mai d'essere un pezzo di legno?»

Kozlov stese il sacco, senza poterne verificare l'impermeabilità, sulla pietra della cucina. Non c'era un ratto lì dentro, non un granello di polvere o fiocco di cenere.

Verso le undici, nel silenzio attonito della landa fuori e della casa dentro, il russo udì il bussare, le scarpe, due passi diversi. La porta che si apriva e si chiudeva, i cardini usurati.

Li divideva un muro, era spesso ma non abbastanza. La casa non aveva un piano superiore. Kozlov ascoltò una voce femminile che bisbigliava, usciva da una ferita nella parete, un occhio verticale. Si accostò, detestando la parte invereconda dell'animo del capitano.

Lei era una giovane bruna e aveva l'abbronzatura di una vita all'aperto. Contadina, lavandaia, forse pescatrice, se ne esistevano in quell'isola che non era un'isola. Si levava un corsetto aprendo i ganci di ferro.

Fu una lotta veloce. Avery era guidato, pervaso dalla voracità della disperazione che ricorda all'uomo il conto alla rovescia che è la vita.

Deve avere un corpo generato dallo stesso ferro delle cinture di castità, pensò Kozlov di lei.

Sdraiatasi di nuovo sul letto, la giovane offrì il corpo che Avery ricoprì. Il capitano violò la grotta umida di carne palpitante senza saziarsene fino al limite estremo, punendosi per l'ennesima volta. Resisteva nella sua mente la fedeltà a una donna che credeva morta e sperava viva. Lusia era un simulacro, ma era dovuto tornare all'antico vizio perché stanco delle mortificazioni notturne e sacrileghe che macchiavano il lenzuolo.

Kozlov si staccò dal muro e sedette al tavolo. Resisté alla tentazione di afferrarsi la testa con le mani. Doveva solo decidere se allontanarsi senza dire nulla o comunicare che sarebbe rientrato a Londra accettando un diniego.

*Insieme di regole che disciplinavano la pulizia morale nell'Impero russo.

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora