48. (PARTE TERZA)

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La popolazione non aveva mai assistito a un prodigio del genere

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La popolazione non aveva mai assistito a un prodigio del genere. In ogni distretto i bianchi chiesero aiuto ai religiosi – al momento non c'erano scienziati sull'isola – e a chi viveva a Grand Cayman da più tempo.

Gli indigeni, invece, si radunarono in massa davanti al portone del Forte George, formiche scure che giungevano in tre o quattro file a ingrossare il gruppo che bussava. Dietro il portone, i fanti si guardavano e fissavano l'albero di Ceiba pentandra.

Lennox stava sfogliando i diari del suo predecessore per trovarvi un riferimento all'anomalia. Udiva i suoi uomini parlottare nel cortile e con chiarezza le voci dissonanti fuori delle mura. Nel dialetto, gli indigeni si chiedevano cosa fosse quella cosa che per qualche ora era caduta dal cielo, forse cenere di uno dei vulcani delle Antille. No, rispondevano i saggi, la cenere era grigia. Si chiedevano cosa potessero essere i grumi leggeri simili alla farina di cocco, con l'odore dell'acqua potabile, e giunsero alla conclusione che fosse una pioggia soprannaturale che anticipava uno sconvolgimento.

Alle dieci del ventinove febbraio – Lennox gemette, era un anno bisestile – il portone delle mura che cintavano il Forte si aprì per lasciar passare il fiume bronzeo e nero che ruscellò dentro e circondò l'albero, con i tiratori dei fanti alle finestre designate e una sentinella che gridava alla gente di non appressarsi alle spine, il dottore non intendeva ricucire nessuno. 

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