43. (PARTE PRIMA)

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Il ticchettio sul tetto di legno s'infilò nell'orecchio di Avery, disteso nel letto di fianco alla parete e alla finestra

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Il ticchettio sul tetto di legno s'infilò nell'orecchio di Avery, disteso nel letto di fianco alla parete e alla finestra. Non poteva dire come fosse iniziato, se ne era reso conto quando la mente era stata ripescata dalla distensione che precede il sonno.

Il rumore sporadico e centellinato divenne una cateratta, quasi che il cielo non potesse trattenersi. Il capitano sollevò il busto ed esaminò il nero immobile fuori dal riquadro della finestra. Non esisteva alcuna luce all'esterno il cui contrasto evidenziasse le staffilate bianche. Pareva che un rivo ingrossato e ruggente scendesse da una montagna e avvolgesse la casa.

Avery sperò che il vento, che muoveva la cortina, non fosse della stessa natura dell'uragano e pensò d'aver considerato con troppa sufficienza le nuvole.

«Piove» disse Kozlov.

«E non lo trovate strano?» fece Avery.

«Eh? Che succede?» biascicò il nocchiere. La voce veniva da sinistra, dal salotto dove erano sistemati l'amaca di Bolton e il materasso del letto della pirocorvetta che il capitano aveva lasciato al secondo ufficiale con le parole: «Va bene che stiate a terra come i cani, Borya, ma Sant'Iddio, almeno un materasso.»

L'isola sitibonda beveva; ovunque si sollevava l'odore della pioggia sulla terra asciutta, un'esalazione di salvezza.

La Sirena, fra la barriera corallina e il mare aperto, prendeva lo scroscio nello stesso modo intimo del gesto di qualcuno che le lavava i capelli. Avvertiva la forza smorzata del Williwaw che, unita ai resti dell'Aliseo, copriva e allo stesso tempo circondava l'arcipelago. Captava il sospiro di sollievo di Grand Cayman. Persino i pesci volanti guizzavano fuori e dentro l'acqua intorno a lei.

Suo fratello, vicino alla scogliera, valutava la pioggia che stava richiamando gli abitanti all'aperto. Gli indigeni uscivano dalle baracche senza fiaccole, nudi o in camicie da notte.

Il nostromo andò a bussare alla porta del capitano, che gli aprì. Confabularono sul rovescio, con Blight che stava facendo vestire il suo aiutante per andare a controllare la pirocorvetta. 

Avery non glielo impedì, eppure pensò a quanto fosse insopportabile un certo tipo di coscienziosità. Blight non avrebbe riposato né avrebbe lasciato riposare nessun altro se non si fosse sincerato dello stato della nave.

Tornato in casa, il capitano rassicurò un Bolton con i capelli scarmigliati e grigi e gli occhi quasi chiusi. Si rimise a letto e tentò di recuperare la tranquillità. Tuttavia, il corpo gli trasmise il sollecito, lo stesso che in Scozia aveva tenuto a bada con incontri occasionali. Non riusciva a scacciare il bisogno del coito ed era atterrito dalla facilità con cui un uomo rimpiazzava le persone morte o che gli avevano procurato qualche malanno d'amore o di carriera.

Avery non poteva, forse per una tara strutturale, trattenere la sofferenza. A lungo, nei sei mesi passati in Scozia – arrivato fra i soffi di gennaio e partito nella brezza di giugno – aveva pensato di non potersi abituare. Al pari della lancetta inceppata di un orologio che scatta al secondo ma non avanza, trascinava Lusia ovunque andasse e la riesumava qualunque cosa pensasse. Con il passare dei giorni e contro la sua volontà, il laccio che gli impediva di ragionare, mangiare e in generale vivere una vita degna, si era allentato, sfilacciato e poi caduto chissà dove lasciandogli l'ombra pallida e circolare sul corpo dove era stato legato.

Avery avrebbe dovuto trovare una donna disponibile e alle Cayman il clima rendeva le femmine vibranti. Nessuna che mi ricordi lei, aveva giurato. Nessuna indigena significava impiegare il doppio degli sforzi nel corteggiamento, a meno di scegliere una prostituta.

Fissando la finestra, il nero, Avery pensò ai capelli della donna di Kozlov. Una bianca. Lo sai cosa significa. Sì. Forse. No, è quello che pensi. Dal più intelligente devi aspettarti il peggio. Non eri tu a dubitare della sua sanità mentale? Il capitano scosse la testa. Aveva addosso un lezzo di pesce. Nessuna bianca fa la pescatrice né si mette a eviscerare pesci. Perché questi dannati pensieri? S'infiltrano come bestemmie. Non voglio. Tu sai cosa devi fare, sei uno stratega. Te l'hanno insegnato.

Non poteva dormire con il tramestio che gli muoveva le viscere.

Non hai molto spazio di manovra. Se vuoi fare chiarezza sulle posizioni e sulla faccenda della Sirena hai un'ultima scappatoia. Uccidere due uccelli con una sola pietra.

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