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La pirocorvetta incontrò la corrente oceanica dei Caraibi il 2 novembre.

Avery non dormiva da un giorno, il corpo intasato dall'inquietudine, e fissava la striscia di blu intenso. La situazione del vento non era migliorata durante il viaggio, non era caduto uno sputo di pioggia e i marinai avevano sofferto la calura.

All'orizzonte si profilava la terra emersa della Giamaica, e Avery pensò di fare tappa sull'isola per rimettere insieme lo spirito con l'antica ambizione. L'idea di rivedere Grand Cayman, il luogo in cui si erano consumati i suoi rapporti con Lusia e in cui aveva avuto da ridire con gli abitanti, lo rendeva impaziente, logorato, e non doveva mostrare nessuna di queste debolezze agli uomini. La barriera del corpo conteneva la pressione dello spirito. Si sentiva al pari delle caldaie dabbasso.

Nell'ultima notte, Avery aveva vagato sul ponte, una guardia dopo l'altra, fortunato di celare il tormento dietro la necessità di badare alla pirocorvetta, alle sue rotte dissennate e ai mercantili che si trascinava appresso. I capitani segnalavano a ogni virata, e Moffett, il più agitato, spesso sbagliava la disposizione della velatura del Prudence e i suoi errori erano moltiplicati dal Pembroke, al punto che all'alba del trentuno di ottobre si era temuto uno scontro simile all'urto ferroviario di Suffolk.

Eppure, nonostante tutto, Avery aveva rifiutato l'aiuto degli ufficiali.

«Signor Bolton, andate a riposare, ci penso io.»

«Signor MacMourrog, ritiratevi e dormite qualche ora. Presto toccherà a voi.»

«Signor Kozlov, vi voglio nella cuccetta, non sarò clemente se vi pesco nella stiva.»

Era stato semplice per lui, in principio, rivedere Lusia. Diventare uno dei favoriti di Lenore gli aveva dato libero accesso alla magione dei King. Come un marinaio del Cinquecento avrebbe fatto con un indigeno, i due amanti comunicavano a gesti e sguardi: il linguaggio dell'interessamento aveva una chiave universale.

Era stato semplice, il primo anno. Ogni volta che Lenore voleva passeggiare portava con sé la cameriera; ogni volta che lui e la signorina King sedevano nella stessa stanza, Lusia era presente, lo imponevano le regole del corteggiamento. Ma dall'anno successivo, Lenore era riuscita a eludere le promesse alla madre e aveva messo in atto ogni sotterfugio per passare del tempo da sola con lui e stancarlo di chiacchiere. Lui non avrebbe mai immaginato che fosse intelligente al punto da ingannare i famigliari, la piccola bestiolina bionda che lo incatenava nel salotto.

Lusia era altrettanto ingegnosa e nelle usanze libertine dei popoli nativi scappava senza farsi scorgere e senza che nessuno ne avvertisse l'assenza. Avery rammentò gli istanti in cui si incontrava con lei sugli scogli o nella baracca della servitù quando tutti erano nei campi di canna da zucchero, una stagione di pomeriggi esausti e progetti. Lusia era mansueta come un animale esotico, fidava in ogni cosa le si dicesse. Gli aveva promesso che sarebbe andata con lui a Londra e al nord, un nord che non aveva mai visto in vita sua.

«Capitano» lo interruppe Blight, «volete che riduciamo la velatura?»

Avery guardò verso l'alto, i metri di stoffa dispiegati, appena mossi da un aliseo debole, e quelli serrati e li detestò, per la prima volta nella vita odiò un dovere che aveva a che fare con la Marina. Sarebbe stato semplice dire a Blight di spingere la nave contro la barriera corallina e finire in fondo al Mar dei Caraibi a sfamare gli squali. «Sì, procediamo con la sola elica e la vela di trinchetto.»

I marinai non ne potevano più della puzza di fumo che appestava il ponte e desideravano sbarcare quanto prima. Il bordello di Madame Rangi era per loro il vero canto di sirena, per cui i gabbieri di guardia si prodigarono a salire sulle griselle con piedi di scimmia.

Avery sprofondò di nuovo in sé. Se la Opal non aveva mai raggiunto le Azzorre o l'Inghilterra, Lusia era lì dentro l'acqua. Il dubbio diveniva certezza con l'accorciarsi delle miglia. Gli abitanti delle Cayman non le avrebbero permesso di fuggire. Restava da scegliere: tempesta od operato umano. Osservando la forma sfocata e verde delle Cayman, l'animo di Avery penzolava sul baratro della seconda opzione. Bolton era un brav'uomo senza nervi saldi, doveva aver ricevuto ordini da Lennox. I soldati del Forte avrebbero potuto zittire chiunque con l'aiuto del Governatore. Pensò che i suoi uomini dovessero aver avuto una buona ragione per lasciare che il rituale si compisse, ammesso che la Opal non avesse lasciato il porto.

Ma Kozlov. Kozlov avrebbe tentato ogni manovra per impedire un atto che non condivideva. Non poteva approvare un sacrificio umano. Sì. No. Forse. Poteva chiederglielo senza troppe storie, dirgli: «Siete stato voi, John? Vi hanno minacciato di morte?» Kozlov gli avrebbe risposto. Sì. No. Forse. «Siete stato voi, John? Avete creduto alla sirena?»

La vita sulla nave si svolgeva sotto i suoi occhi, ma Avery era all'interno della campana di Halley dei ragionamenti.

«Signore» lo riscosse Blight. I minuti, le ore erano passati in fretta. «Parker dice al segno sette.»

«Troppo vicino. Segnalate ai mercantili e virate di una quarta a babordo, stavolta faremo subito rotta per George Town.»

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora