Il signor King rientrò alla villa in una mattina di temporale. L'acqua scrosciava dal tetto in rivoli, inumando nella terra le foglie e i fiori che erano stati scossi e uccisi dal vento. L'arco laterale senza portone, la villa e le baracche della servitù nel cortile interno, dove la pioggia cantava con un tono sporco sull'acciottolato, erano circondati da un alone fosco.
Scuotendo la mantella e porgendola a Fernando, il signor King rifletté che in certi giorni i Caraibi potessero rivaleggiare con l'Inghilterra in quanto a grigiore. Diede un rapido sguardo prima che il servitore chiudesse la porta: vide gli indigeni con le foglie di palma per parapioggia, avevano l'aria di fantasmi affaccendati quando in realtà non facevano che vagare.
Nel salotto dove era stato acceso un fuoco basso – la panacea dei suoi reumatismi nella stagione umida – la signora King cuciva alcuni vestiti smessi da dare alla nuova chiesa presbiteriana del reverendo Elmslie. Ascoltò i passi nel vestibolo ma non si alzò. Pensava fosse la figlia che si muoveva per casa. Quando vide il marito abbandonò la stoffa, si appoggiò ai braccioli e si alzò nell'abito frusciante con le maniche lunghe.
«Caro, sono felice che tu sia tornato, eravamo preoccupati.»
Il signor King prese posto sulla seconda poltrona prima di risponderle. Meditava sull'affare saltato, sui campi di canna da zucchero che faticavano a riprendersi dopo le onde alte quindici piedi che li avevano spazzati, sugli inglesi che pretendevano i soliti cartoni di saccarosio, sui nuovi rovesci e sulle praterie distrutte a cui aveva dedicato un pensiero monetario. Guardò la moglie che gli veniva vicino e si fermava dove incominciava il bracciolo. «Come mai?»
«Pare che gli indigeni siano in rivolta. Non è chiaro il motivo, ma hanno cominciato... hanno cominciato a uccidersi fra loro.»
Il signor King tornò con la mente al cadavere sventrato sul sentiero delle piantagioni di caffè, la ragione per la quale aveva declinato l'affare. Nei giorni successivi erano stati rinvenuti altri due corpi, un giovane indigeno e un bianco della Giamaica che era alle Cayman per il legno di campeccio. «È accaduto anche a Turtle Fence. Quante sono state le vittime, qui?»
La moglie mise una mano aperta sul seno e respirò piano. Fuori dalla finestra verticale non si vedeva altro che lo scroscio mattutino grigio e un ondeggiare verde che stordiva gli occhi.
«Merelina, quante vittime?»
«A oggi due. Eusebio ha riportato che li hanno trovati a nord di Bodden Town.»
«Li hanno uccisi insieme? Erano indigeni?»
«Uno. L'altro era», e la donna si fece il segno della croce per tre volte, «il povero signor Page.» La donna non rivelò cosa si diceva nelle cucine, che il bianco era appartato nella foresta con una negra quando li avevano ammazzati.
«A chi apparteneva l'indigeno? Era un salariato?»
«A lui, al signor Page.»
«Il signor Page ha un cottage nei pressi della salina di Meagre Bay.» Il signor King si stuzzicò un'unghia con il pollice. Il tizio di cui discorreva era un conoscente che frequentava la capitale per affari e per lui rappresentava un uomo di stampo libertino con cui non s'intratteneva volentieri.
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Di Pesce e di Uccello
AdventureGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...