Kozlov, con l'aiuto di Bolton, aveva trovato un punto in cui si pescava abbastanza da non incagliarsi. Un porto per balenieri: le loro navi erano rinomate per essere basse sull'acqua al ritorno dalla caccia. Se lo usavano le baleniere era sufficiente per una pirocorvetta moderna.
Verso le undici, Fourcade chiese al capitano il permesso di scendere a terra. «Il mio contatto mi attende con il carbone.»
Avery guardò la lancia allontanarsi su un mare spumeggiante. Non pensava a nulla, i sensi desti, per cui riuscì a udire il tonfo sotterraneo, lo strusciare di legno sul legno e la caduta di un oggetto piuttosto pesante. Si volse e vide Kozlov accanto a una cassa da morto. Impallidì e deglutì a vuoto. «Signor Kozlov!» quasi strillò, e fece disperdere i marinai che si erano avvicinati per guardare.
«Signore?»
«Che avete portato?» Esaminando i visi sconvolti dei marinai, Avery comprese che pensavano alla stessa eventualità.
«Un'attrezzatura da palombaro.»
Un uccello delle tempeste con la coda quadrata, che nidificava sui faraglioni, emise un grido stridulo e tacque intensificando il silenzio.
«È l'acquisto per cui vi ho chiesto il permesso.» Kozlov aprì il coperchio.
«E cosa volete farci?»
Bolton si era chinato a toccare gli oggetti dentro la cassa. L'elmo, le scarpe zavorrate, il coltello, la braga. Le teste dei marinai formavano un fiore sopra di lui.
«Ordini dell'Ammiragliato. Mi è stato chiesto di recuperare il possibile dalle navi affondate nel Mar dei Caraibi. Ho pensato di provarla qui, capitano.»
Bolton sollevò la testa dalla manichetta e guardò prima Avery e poi Kozlov.
Avery aveva i lineamenti contratti sotto la lieve abbronzatura. Non gli piacevano le implicazioni nelle parole del secondo ufficiale. Non intendeva accettare la carità di nessuno e non da uomini su cui annusava la colpa. Dio solo sapeva se desiderasse immergersi per trovare lo straccio di un abito, un segno che mettesse fine agli strepiti dell'animo. Le acque dell'Atlantico, fredde in alcuni punti, potevano conservare i relitti intatti, con ciò che contenevano, per anni. Di Lusia non aveva un ritratto e il viso scolorava, si faceva confuso nei momenti in cui aveva bisogno di lei per ottenere sollievo. «E l'hanno chiesto a voi? A me hanno detto che non esistevano attrezzature per scandagliare l'Atlantico.»
«Esistono, invece, e io ho frequentato le lezioni alla scuola di subacquea britannica. Ho un documento che attesta la buona salute e il certificato.»
«Non sono uno sciocco, signor Kozlov. Sapete a cosa avete detto sì? Ai colpi apoplettici, all'asfissia, alla paresi e agli incidenti! Diavolo, John, non siete un pezzo di legno! E comunque anche i pezzi di legno marciscono.»
«Sì, signore. Sono consapevole che è rischioso.»
«E non mi avete detto nulla?»
«Il Primo Lord dell'Ammiragliato mi ha assicurato che ve ne avrebbe parlato lui.»
Avery abbassò lo sguardo sul contenuto della cassa. Dovette ammettere che non aveva ascoltato il discorso con attenzione, perso nelle sue fantasticherie. E c'erano quei dannati commercianti che ciacolavano e si beccavano fra loro in una lotta di galli. «E intendete usarla adesso?»
«Vorrei provare con cinque minuti di immersione in un bacino portuale di acque calme. Per capire come reagisce il corpo.»
Dal boccaporto, due marinai muscolosi – uno era Babcock il prigioniero – portavano una pompa, scuotendola a destra e sinistra ogni volta che un piede avanzava sulla scaletta. La poggiarono sul ponte di modo che i presenti potessero ammirare il parallelepipedo rettangolo di legno con due grandi manovelle per le pompe rotative legate all'albero a collo d'oca.
«Le pompe rotative hanno due cilindri. Per sviluppare la forza giusta occorrono due uomini, uno su ciascun lato» disse Kozlov. Si portò vicino al parallelepipedo.
Istintivamente, i marinai si fecero indietro. Nessuno di loro, senza essere obbligato, avrebbe mai tenuto in mano la vita di un ufficiale, men che meno un uomo che rispettavano e ammiravano, con il rischio neanche troppo remoto di farlo scoppiare per troppo o poco ossigeno.
«Ma non occorre un addestramento?» obiettò Bolton.
«Io sono addestrato. Gli uomini scelti dovranno solo voltare le manovelle. Non è difficile.»
«Da come ne parlate deduco che abbiate fatto le vostre prove sottocoperta. Dove nascondevate quest'affare?»
«Nella stiva, signore. E "nascondere" non è un termine adatto. Guardavate quando l'abbiamo riempita.»
«Chi avete scelto?»
«Markin e Hier. Sono robusti e sanno contare. Hanno una buona concentrazione.» Il russo si abbassò davanti alla parte frontale del parallelepipedo e fissò i due manometri, uno che misurava la pressione erogata in libbre per pollice quadrato e l'altro in piedi di acqua di mare. «Potrò controllare l'erogazione dell'aria usando le valvole di scarico e di alimentazione dell'elmo.» Lo prese dalla cassa, lo sollevò e fece vedere le due valvole, quella di scarico sulla parte inferiore destra dell'elmo e quella di alimentazione sulla parte inferiore sinistra del collare.
I marinai, intanto, scrutavano la pompa. I pistoni collegati all'albero a collo d'oca avrebbero attirato l'aria attraverso le valvole di ingresso, l'avrebbero pompata nelle valvole di scarico e condotta per la manichetta collegata all'elmo.
«È ottone, signore» disse Parker toccando le valvole.
«Materiale resistente alla corrosione in ambiente marino» replicò il nocchiere. «E i pistoni sono dotati di un sistema di raffreddamento ad acqua.»
«Immaginavo conosceste il funzionamento di ogni valvola o cilindro, ma vi ricordo, signor Kozlov, che anche le campane di Halley e Spalding, incensate dagli scienziati e utilizzate per operazioni di carenaggio, hanno fatto vittime. Spalding morì per un colpo di ventosa.»
«Signore, cosa sarebbe un colpo di ventosa?» chiese Tittensor.
«Emorragie da ogni buco e organo del corpo.»
Il nuovo silenzio fu più cupo e denso del precedente. Soggiaceva alle implicazioni nelle parole del capitano che, nonostante il recente episodio alle Cayman, era considerato un'eminenza di assennatezza.
In una stasi che pesava sulle spalle e negli stomaci dell'equipaggio, un razzo rosso salì al cielo per scoppiare in un botto che disperdette gli uccelli delle tempeste.
Avery si voltò verso la spiaggia e vide due figure minuscole che agitavano le braccia.
Bolton, che teneva con sé il cannocchiale, guardò nella lente e disse: «Sono il signor Fourcade e Abel.»
«Avevo detto loro di avvertirmi qualora ci fossero stati dei guai col carbone. Non avrei dovuto.»
«Cosa succede?» chiese MacMourrog, uscito in coperta senza camicia, con il codino sfatto e il viso assonnato.
«Signor Kozlov, mettete via quell'affare. Lo proverete un'altra volta. Calate una scialuppa. Vediamo qual è l'origine del problema.»
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Di Pesce e di Uccello
AdventureGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...