52. (PARTE TERZA)

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Lenore considerò con un misto di pena e disgusto gli uccelli morti nel cortile

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Lenore considerò con un misto di pena e disgusto gli uccelli morti nel cortile. Fra loro, i feriti che agitavano le ali. Fuller raccolse un tordo zamperosse e gli carezzò il ventre con il dito.

Lennox mandò avanti un drappello di tiratori alle mura esterne e stette ad ascoltare il cigolio del chiavistello che veniva sfilato dalla gola, pensando che, quando fosse uscita dal cortile, Lenore sarebbe diventata un'estranea.

«Tatton, un'ispezione veloce dei dintorni.»

Tatton venne fuori con il fucile carico, avanzò con la circospezione dei granchi, seguito da una mezza dozzina di compagni in giacca rossa. La neve si spostava agitata dal vento, ma era diminuita d'intensità.

Tatton esaminò davanti a sé dove la palla di cannone, l'unica sparata, era caduta. Aveva formato una voragine che i soldati avrebbero dovuto riempire quanto prima di sabbia e di quello che offriva l'isola, l'ennesimo lavoro che esulava dalle competenze militari.

Tatton strinse i denti al pensiero di sgobbare per chi aveva attentato alla loro vita. Cambiò disposizione d'animo nel vedere uomini a terra, simili agli uccelli, che si lamentavano o guardavano in giro, sonnambuli appena destati. Non si accorse che Lennox l'aveva superato.

«Signor Anderson, prendete chiunque sia in grado di parlare e portatelo dentro dopo averlo disarmato. Dobbiamo interrogarli» ordinò il Comandante dei Fanti.

«Volete che chiami il dottore perché dia loro un'occhiata?» chiese Anderson.

Lennox avrebbe detto volentieri di no, ma replicò: «Sì, i più gravi, se ve ne sono, in infermeria. Gli altri nelle celle.» Scortò Lenore e rimase a guardare la strada vuota oltre la voragine. Pensò di stare in piedi su un altro grande se stesso con un buco nel petto, petto che presto sarebbe stato colmato di detriti. E con il passare delle stagioni sarebbero cresciuti i fiori e l'erba, se nei detriti vi fossero state sementi. «Tatton, conducete la signorina King alla villa. Prendete gli uomini che ritenete adatti.»

«Rupert.» Lenore parve tentennare. Batté occhi asciutti.

«Quando arriverete fatemi sapere con un biglietto se necessitate di aiuto.»

«Sì. Vi manderò...»

Dulcina stava premuta addosso alla giovane, sconvolta dai corpi a terra e dagli uomini che i soldati tiravano in piedi e raggruppavano in una mandria da condurre dentro il Forte.

Lennox prese le mani di quella che era stata la sua fidanzata e le strinse. Tutti e due sapevano che non sarebbero rimasti amici. Qualora si fossero incontrati per strada o nella casa del Governatore si sarebbero limitati a un saluto, imposizioni del galateo, perpetrando per gli estranei il teatro del vivere civile.

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora