Kozlov aveva disceso le scale cercando la provenienza della bordata, con il presentimento che provenisse dalla pirocorvetta.
La Sirena Alata.
Vedeva il portone che dava sul cortile, ma con la coda dell'occhio sinistro notò un uomo in uniforme nella guardiola.
«Sergente Anderson.»
«Signor Kozlov, avete udito?»
«Sapete di cosa si tratta?»
«No, non c'è neanche una dannata finestra in questo posto», il soldato allargò le braccia, «e non posso andarmene finché non mi viene ordinato.» Dalla notte in cui Avery era riuscito a fuggire, Lennox costringeva una sentinella a dissipare le sue ore dentro la guardiola.
«Uscirò io a controllare.» Kozlov rimase attaccato allo stipite della porta. «Prima avrei bisogno di un favore. Sapreste indicarmi dov'è il deposito delle munizioni? Necessito di alcune cariche di polvere fine. Ho scordato di portarne e se è qualcosa di grave avrò bisogno della pistola.» Indicò il fianco e Anderson seguì con gli occhi la direzione.
«Certo, uscite in cortile, sulla destra c'è un fabbricato piccolo, è staccato di poco dal forte. Teniamo lì le munizioni.» Anderson aprì il cassetto della scrivania, che occupava quasi per intero lo spazio, e cercò le chiavi. Le fece scorrere fra le dita, grosse, piccole, arrugginite, e ne scelse una pressofusa in ottone con l'anello storto. La tolse dal filo di ferro a cui era aggrappata e la lanciò all'ufficiale come se tirasse una palla da cricket.
Kozlov uscì in cortile, che i fanti avevano riempito di divise sgargianti, papaveri rossi su un pavimento di ironshore, e si diresse al fabbricato, piccolo e alto.
«Signore» lo chiamò Babcock.
«Ti ascolto.»
Il russo constatò che l'altro portone di mogano nelle mura era aperto per metà e alcuni dei marinai guardavano fuori.
«Era un cannoneggiamento e veniva da dove è ancorata la nave.»
«Nient'altro?»
«Cosa?»
«Non sai riferire nient'altro di utile?»
«Guardate» strillò Lee, e indicò il cielo coperto in parte dalle fronde dell'albero di Ceiba pentandra. «Là, là, una massa informe!»
Una torma che produceva un borbottio di motore navale sopraggiungeva dal lato della terraferma e non passò molto prima che i marinai e i fanti notassero che erano uccelli, di ogni forma e dimensione, ogni specie dell'isola chiamata e radunata.
Kozlov era dentro l'oscurità umida del fabbricato a cercare le casse che gli servivano, maledicendo i fanti che non si erano premurati di proteggerle con delle tele cerate. Libbre di polvere rovinata, forse il capitano aveva ragione sulla stupidità indotta dall'inerzia.
Alla fine si accontentò di riempire la fiaschetta di stoffa che si era portato in tasca con metà polvere nera e metà polvere bianca e fine. Richiuse il tappo e si volse per vedere Babcock, ombra contro la luce grigiastra che entrava dalla porta aperta, menare colpi di bastone e uccelli cadere storditi a terra.
Lo spinse fuori e si costrinse a uscire parandosi la testa con un braccio. Sopra il cortile volteggiavano i fetonti, con i pappagalli dalla gola rosa che nidificavano a George Town, e i falchi pellegrini.
I fanti avevano caricato e scaricato la prima gragnola, e alcuni ricaricavano ingobbiti per proteggersi dagli artigli e dai becchi.
Kozlov vide Markin sollevare il fucile, piegare l'indice sul grilletto e fare fuoco contro un avvoltoio collorosso; seguì la traiettoria della canna, la pallottola entrò dentro un'ala e il rapace si rovesciò non lontano dal suo stivale.
«Dentro, dentro!» gridò Fuller dal portone di mogano nelle mura, e dopo aver girato attorno all'anta aperta la prese per il grosso chiavistello a scorrimento e tirò, lasciando sfilare Avery con la divisa blu strappata sulla manica e macchiata di sangue, una piuma fra i capelli, il tricorno finito chissà dove.
Avery saltellò fra i marinai. Si stupì di vederne un drappello nel cortile. «E voi, cosa fate qui?»
«Signore, cosa succede in città?»
«Chi diceva che ci fossero i ribelli non ha mentito. Mi hanno beccato mente tornavo alla nave, a South Church Street.» Il capitano non disse che aveva trovato due indigeni con il ventre squartato e il missionario agonizzante con un taglio da mannaia che gli divideva la faccia, riverso in una pozza. Si era chinato sul religioso, riconoscendolo dal rosario che portava appeso alla cintola, e se l'era caricato in spalla per lasciarlo al riparo nella prima casa lungo la via.
Kozlov si era nascosto dietro il fusto spinoso dell'albero di Ceiba pentandra. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era uscire dal Forte e tornare alla nave senza che Avery lo scorgesse.
«Andate dentro» ordinò uno dei fanti. Spinse i presenti verso il portone dell'edificio.
Fuller aveva tirato il chiavistello nella gola del portone nelle mura e correva sopra gli uccelli cadaveri e moribondi che tappezzavano il cortile, togliendosi di dosso gli altri volatili che continuavano ad attaccare.
«E voi? Siete qui senza un ufficiale? Non siete la guardia esentata» disse Avery dopo che tutti si furono messi al riparo dalla tempesta di uccelli, di cui udivano i corpi gettarsi contro il legno del portone d'ingresso.
I marinai si guardarono con le bocche chiuse.
«Kozlov!» gridò Avery.
«Signore, ci ha mandati Blight» disse Babcock, e fissò il capitano negli occhi. «La bestia è tornata e lui dice che magari è meglio usare i cannoni, ma non sa se basta la polvere. Siamo venuti a chiederne in prestito.»
La certezza di Avery sbatté contro un viso barbuto e scuro, due occhi in cui non riusciva a leggere la menzogna, non da un uomo che fin da bambino aveva dovuto dissimulare la sua natura piegandosi a innumerevoli sotterfugi. Per ottenere ciò che voleva, Babcock si era messo in ginocchio come aveva fatto Avery all'Ammiragliato, e quando era cresciuto aveva costretto altri in ginocchio, giovani, adulti, vecchi che gli suscitavano un sentimento di affetto o gli facevano tirare i calzoni.
«E voi, signore?»
«Ero andato a casa del signor Connolly per convincerlo a lasciare l'isola.»
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Di Pesce e di Uccello
AventuraGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...