37. (PARTE SECONDA)

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Guardandola emergere a tratti nel labirinto delle wetland, una figuretta scura e lontana, seduto con le braccia penzoloni poggiate alle ginocchia, le scarpe e le calze sistemate a sinistra con un rigore maniacale, Kozlov viveva minuti surreali

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Guardandola emergere a tratti nel labirinto delle wetland, una figuretta scura e lontana, seduto con le braccia penzoloni poggiate alle ginocchia, le scarpe e le calze sistemate a sinistra con un rigore maniacale, Kozlov viveva minuti surreali.

Lontano dalla Sirena era riuscito a sciogliere il grumo che gli aveva accelerato il battito e in esso aveva osservato detriti a cui poteva dare un nome.

La curiosità di vederla, ecco cosa l'aveva spinto quando la fame di verità era stata saziata. La gelosia verso il capitano ottenebrato da un sentimento che non riusciva ad afferrare e sentire perché sembrava che il sentimento stesso lo rifuggisse. Le donne gli preferivano Avery, attirate dall'atteggiamento e dalla parlantina. Era accaduto a Londra con un'attrice norvegese che inseguiva, quando poteva, nei teatri in cui l'opera la conduceva; era accaduto con una borghese russa a cui aveva offerto un passaggio per le Azzorre, dopo aver chiesto il permesso al capitano. Non riusciva a farle ridere, non riusciva ad interessarle con la conversazione e la sua rigidità aumentava la distanza, lo vedeva, era come se ci fosse un muro spesso un braccio fra lui e le sue interlocutrici.

«E adesso?» disse Kozlov agli alberi intorno a sé. Non c'è niente di folle a cui aggrapparsi per tornare indietro e giustificare la mia condotta.

L'attrazione. Ora provava il sentimento che temeva di più. La quiete che rimbambiva, che faceva deragliare gli uomini. Li rammolliva, li uccideva, Avery lo diceva spesso.

Morirei volentieri per un'altra ora come questa.

La Sirena si avvicinò, deambulava a strappi serpentini. L'acqua che lambiva il terreno su cui il russo si era sistemato, per rimarcare l'appartenenza alla terraferma, andava scemando e rimaneva la mota.

«In principio i sacrificati erano uomini» disse lei, quasi sparasse un colpo in cielo.

Kozlov si costrinse a guardarla. Aveva ancora i capelli raccolti e gli orecchini di perle oscillavano.

Quello che dicevano gli uomini nella taverna per ridicolizzarla, in realtà è la bramosia che si trasforma in lazzi di spirito per smussare il dolore. Non si può avere una Sirena. «Se fosse necessario a salvare più vite mi sacrificherei.»

«Siete falso e sciocco. Legato agli scogli non offrireste che il ventre a un uccello che mangerebbe le vostre interiora e se ne andrebbe sazio. Conoscete il mito greco? A voi però non ricrescerebbe il fegato durante la notte. Falso e sciocco. I sacrificati si orinano addosso quando soffocano. Non è onorevole. Gridano, si agitano e muoiono lo stesso. E io devo cantare perché nessuno li ascolti.»

I denti del russo stridettero per la pressione che esercitava.

«Cosa me ne farei di voi, sprecandovi in modo indecoroso?»

La Sirena attese una reazione. Fra le braccia dell'ufficiale aveva provato un sentimento a cui non poteva dare un nome, un amalgama di fastidio e cedevolezza benefica. Aveva cercato di divincolarsi; quell'uomo non era il capitano e a lei pareva di commettere l'ennesimo torto, mossa dal suo amore assoluto, schietto e inutile per un'ideale che la realtà aveva mostrato essere falso. Falso e sciocco.

«Gli uomini servono per difendere altri uomini. È per questo che tempo addietro gli abitanti delle Cayman scelsero le donne.»

«Dalle femmine nasce la razza umana. Non posso credere che le prendiate... state dicendo che sono gli abitanti a offrirvele?»

«Parlate come il Vento.»

«Vi scongiuro, rispondete. Rispondete, rispondete!»

«Sono stata creata per vigilare sul Mar dei Caraibi e assicurarmi che animali e uomini tenessero un comportamento rispettoso rivolto ad altri animali, altri uomini e cose della natura. Ma esiste un ciclo di creazione e distruzione pressoché eterno da portare avanti, ed è il ciclo che permette all'universo di continuare a vivere. In principio l'uragano serviva per purificare le isole, uno dei molti fenomeni naturali che hanno uno scopo, anche se a voi, che siete mortali, pare incomprensibile e crudele. Uccidevo i pesci, gli uccelli, i mammiferi terrestri, piante e arbusti, ed essi senza protestare tornavano di nuovo e ricrescevano, a volte più forti a volte diversi. Poi è comparso l'uomo, che non è muto come i pesci, si eleva più in alto degli uccelli e ha parole più pesanti dei versi dei mammiferi. Le piante e gli arbusti non li sente nemmeno. E per lui la vita è preziosa, ecco perché ho detto che siete falso. Quello che vi esce dalla bocca non è quello che avete dentro la testa. La maggioranza di voi, intendo. Non accettate niente. Non potete accettare la distruzione, ma volete la rinascita. E la paura che avete della morte vi fa trovare scappatoie di ogni genere. Una di queste è sacrificare uno o due fra molti per addolcire la furia delle divinità. Lo dite voi, volete che vengano risparmiati gli altri.

«Siete felici negli anni in cui non si verificano uragani e patite quando tornano, come se non vederli per un po' vi faccia dimenticare che esistono o vi faccia credere di averli sconfitti.»

La Sirena si interruppe in modo brusco, distolse lo sguardo e lo posò sull'acqua salmastra. Non dirlo, Sirena. Sentiva una voce nel residuo del Vento, anche se la brezza non parlava. Non puoi distruggere la loro speranza dicendo che i sacrifici sono gesti vani e che l'uragano finisce quando lo decidi. Tu conosci cose che loro non sanno o scopriranno fra centinaia e centinaia di anni.

«Da come parlate non posso sperare che mi promettiate di non colpire la pirocorvetta, se dovessi esimermi.»

«Non farò nulla alla nave.»

«Vi siamo preziosi. Il capitano in un modo, io in un altro, i marinai per un altro ancora.» La legge non è uguale per tutti.

C'era un indolenzimento profondo nella voce e nel viso di Kozlov che la Sirena sperò di oltrepassare perché la scuotesse, e non nel modo in cui le tremava il diaframma.

«Siete un brav'uomo.»

Come voi siete magnanima.

La Sirena annusò l'odore di Kozlov. Acqua piovana gelata, vento, muschio, cedro.

«Da qui conosco una via che mi porterà al mare. Vi ringrazio per aver esaudito il mio desiderio.» La Sirena non diede alcun consiglio, nonostante volesse dire all'ufficiale di prendere il cavallo e spronarlo verso la nave prima che Kyriake lo trovasse. Non rifiuterebbe un'anima come quella di quest'uomo.

Kozlov prese le calze e le scarpe.

«È stato un onore potervi conoscere e scortare. Mi auguro che non sia un addio.»

La Sirena lo guardò calzare le scarpe senza calze e provò l'invidia per le gambe. Avrebbe voluto che l'ufficiale camminasse per lei, mostrandole la pianta del piede che si adeguava al terreno e le dita che si muovevano.

«E l'abito?»

«Potete tenerlo.»

La Sirena non riuscì a impedirsi di sorridere. «Mi piace conservare gli oggetti degli umani.»

«Lieto di sentire che il nostro ingegno vi sia utile.»

Kozlov raggiunse il cavallo, si volse, fece un inchino e montò in sella. Il cavallo era una brava bestia che aggiustava da sé gli errori di comando di un pessimo cavallerizzo. Partì al trotto facendo crepitare il sale sul terreno.

La Sirena raccolse l'abito e lo strinse. Allungò una mano per prendere il cappello e sollevò lo sguardo per cercare tracce della nemica. Le dendrocigne delle Indie occidentali le rivelarono che non avevano visto la Sirena Alata e un cavaliere collonero confermò. 

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora