26. (PARTE QUARTA)

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Non sazio di vagabondare, Avery attraversò il cancello aperto nelle mura ed entrò nel cortile del Forte quando ne usciva un ragazzino sulle sue gambe svelte, niente più di un'ombra nell'oscurità

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Non sazio di vagabondare, Avery attraversò il cancello aperto nelle mura ed entrò nel cortile del Forte quando ne usciva un ragazzino sulle sue gambe svelte, niente più di un'ombra nell'oscurità. La sera si era realizzata: restava un'ultima striscia violacea che rischiarava la superficie del mare.

Alla sentinella, Avery disse: «Per favore, avvertite il signor Lennox che ho i dispacci da consegnare insieme a lettere personali.»

«Vi siete ricordato la cortesia.»

Avery lo fissò e, fatta eccezione per il naso un po' storto, niente di quell'uomo gli ricordava una conoscenza.

La sentinella gli disse di attendere e si eclissò oltre il portone.

Uscì il gatto a squama di tartaruga, sfregò il muso sull'anta scostata; il capitano si chinò per carezzarlo. Il gatto lo riconobbe, non fuggì e miagolò per chiedere del cibo, circumnavigandogli le gambe. A occhi chiusi, Avery lasciò entrare nell'orecchio il rumore di una risacca debole. In mano stringeva le buste sigillate e un cannocchiale che aveva trovato infisso nella sabbia durante il tragitto che lo avrebbe riportato alla scialuppa.

«Sono i doni della Sirena», gli aveva detto Connolly tempo addietro. Per diversi passi, mentre si allontanava dal cannocchiale insabbiato, il capitano aveva rimuginato sulla questione ed era tornato indietro, l'aveva raccolto e si era guardato in giro, un'ellisse che abbracciava il tratto di mare da ovest a est.

Ricomparve la sentinella. «Il Comandante vi attende nella sala degli incontri formali.»

Avery entrò nell'edificio, salì la rampa di scale dalla quale una volta era sceso – Precipitato, pensò – nell'urgenza di recarsi dal Governatore. Prese il tempo necessario a valutare eventuali cambiamenti. Osservò con apparente distacco che la fortificazione era uno status obsoleto pari al ruolo dei fanti che vi vivevano, un mondo a parte nella società in evoluzione. C'erano le cannoniere – le aveva viste e contate, otto, mentre veniva su dalla strada – con tre cannoni arrugginiti dalla culatta opaca. Chissà dove hanno posizionato gli altri cinque. Sostò un istante in cima alle scale e si rammaricò, il Forte aveva solo cinquantasette anni. «Quando non succede niente per molto tempo l'uomo cede all'accidia. Si comincia con un graduale disinteresse, la manutenzione da quotidiana diviene settimanale, poi mensile poi annuale e poi si smette di preoccuparsi.» Analizzò il soffitto di calcare e gli dette un'impressione di fragilità. «Persino una nave con una batteria indecente come la pirocorvetta potrebbe prendersi il Forte.» Svoltò per il corridoio e si sentì soffocare. Non si era mai accorto di quanto fresco portasse il vento. Gli mancò nello stesso modo di quando perdeva un amico in servizio. Trovò la porta, la stessa porta di legno dalla quale due anni prima era entrato accompagnato da Kozlov. Molte volte si era immaginato il rapimento di Lusia da parte dello stregone, i modi sbrigativi con cui l'avevano spogliata e gettata in cella. Tosata e umiliata. Una pecora.

Avery non bussò e quando aprì fece in tempo a vedere le guance rosse di Lennox e una mano svelta che scompariva dietro la scrivania, il baluginio di un rettangolo bianco, e udì il suono di un cassetto che veniva chiuso.

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora