57. (PARTE QUINTA)

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«Non pensavate di assistere a  qualcosa di biblico, Cristoforo

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«Non pensavate di assistere a qualcosa di biblico, Cristoforo.»

«Proprio no, signore» disse il timoniere.

Nell'oscurità della notte, il mare si aprì per mostrare il relitto al largo del South Sound, monco del bompresso e delle aste minori e con un buco ragguardevole nella chiglia, il segno della collisione contro la barriera corallina. Ai tre fusti mancavano i pennoni e, nuda di vele, la fregata pareva un giocattolo usurato.

Per non dare in escandescenze, Avery si concentrò sui muri di acqua che circondavano la nave, con un tappeto di correnti che la sollevavano dal fondale in una nota che mescolava lo scricchiolio del legno allo scrosciare ondoso. Il mare obbediva alla Sirena – laggiù con la retina da pescatore e le pietre incastonate – e così i cetacei che si era portata dietro. Lui non lo sapeva, era l'ultimo favore che lei aveva chiesto alle balene prima che partissero in migrazione verso nord.

Il capitano vide l'acqua ridiscendere in cascate che parevano tenute su da un filo invisibile legato al cielo, e le balene avvicinarsi con grandi spruzzi e sorreggere la fregata appoggiandosi alle murate, di modo che i marinai potessero salire a bordo.

MacMourrog guardava l'acqua cadere dagli ombrinali; Kozlov stava dando ordini agli uomini di accostarsi.

Blight e Bolton, da una spiaggia deserta, controllavano il carico portato dagli squali nutrice, che avevano trascinato la barca della Sirena con le funi.

«Un'altra balla di tabacco» disse il nostromo senza urlare, e il nocchiere scrisse su un quaderno. «Qui abbiamo panetti di zucchero di canna, sette, di cui uno inutilizzabile.»

Abel gettò una fune da arrembaggio sull'impavesata di sinistra e fece segno ai compagni di arrampicarsi. Il primo volle essere Avery, che finì su un ponte invaso di diatomee e conchiglie, una vista che sarebbe stata bella se avesse avuto un diverso stato d'animo.

Kozlov disse a Bellis, il rematore della sua scialuppa, di dirigere verso la Sirena. Bellis lo fece, non poteva sottrarsi, ma recitò ogni tipo di scongiuro.

La Sirena non si mosse, intenta a guidare le acque in un moto docile, circondata dalle mante e sovrastata dal Vento che, per quanto poteva, cercò di restare immobile.

«Signora dei Caraibi» disse il russo con un inchino, e lei sorrise. «Vi ho riportato il fucile che mi avevate prestato. Tuttavia, vorrei osare chiedervi un favore.»

«Dite.»

«In Inghilterra vive il padre dell'uomo a cui apparteneva. Vorrebbe riaverlo, vorrebbe riavere un oggetto del figlio da tenere con sé.» Kozlov mostrò il nome inciso.

«So a chi apparteneva» rispose lei. «Robert Deadman. Aveva i capelli castani e non sapeva nuotare. Lo riportai a riva con il cuore fermo. Un'asta l'aveva trapassato. Potete tenerlo e riportarlo a suo padre.»

«Vi ringrazio.»

Avery e i suoi uomini tolsero dalla nave il poco che restava intatto, per lo più vasellame imprigionato nella cucina, forchette, un sympiesometro, due bussole, una sedia, alcune scarpe spaiate, armi, munizioni, mappe scampate e mangiucchiate, la cassaforte con le monete d'oro e d'argento che la Sirena non aveva scassinato – alle sirene piacevano i gioielli, pensò Avery – un rasoio, un cannocchiale e la campana.

Quando ebbero finito di prendere ciò che potevano, i marinai si raccolsero all'impavesata. Il relitto non poteva essere salvato, ne erano coscienti, ma essere stati a bordo una volta ancora aveva riallacciato il vecchio legame ed erano restii ad abbandonarlo di nuovo.

Avery fece il giro della nave per l'ultima volta. Tornò dove qualcuno aveva messo la biscaglina e vide la Sirena in ammollo. «Riaffido la nave al mare e a voi. Cercate di conservarla il più a lungo possibile. Un giorno vorrei tornare a vederla.» Quando avrò preso il patentino di palombaro e potrò spararvi da distanza ravvicinata nel vostro ambiente.

«La terrò con cura.»

Nel corpo, i marinai capirono che s'appressava l'alba. Abbandonarono la fregata in silenzio, occuparono le scialuppe e la lancia; lasciarono che il mare la riportasse a fondo e la ricoprisse con una coperta d'acqua. Due addii in pochi giorni erano troppi anche per il capitano, che tornato sulla Oblivion riuscì ad affidare il turno di guardia al nocchiere – «Ascolterò dopo il rapporto sulla merce» –, si chiuse in cabina e si abbandonò a un lungo pianto che lo traghettò nell'oblio di quattro ore di sonno.

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora