28. (PARTE QUINTA)

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«Capitano Avery! Eccola! La sirena sta arrivando a proravia!»

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«Capitano Avery! Eccola! La sirena sta arrivando a proravia!»

Avery, al coronamento, scrutò, dove la vedetta della coffa di mezzana gli indicava, il volo rapido e silenzioso. «L'àncora è spedata? Bene, virare! Tutti gli uomini in coperta ai propri posti!»

Quasi all'unisono i marinai obbedirono, le braccia si sollevarono per infilare i tappi e ciascuno corse al posto che gli competeva senza spingere o inciampare. Avery agitò il braccio; Cristoforo e Babcock afferrarono le caviglie della ruota. La pirocorvetta, nell'assetto di navigazione velica, bracciò a collo i pennoni; la brezza leggera le permise a malapena di rinculare.

Il capitano comandò di poggiare e mantenere un'andatura al gran lasco. I gabbieri lascarono le vele, la nave rollò e si decise a obbedire con la solita pigrizia.

La Sirena Alata volteggiava in cerchio sopra la nave, molto in alto. Lennox, reduce dal tifone d'acqua e ammutolito dalla visione orrifica, fece sistemare i fanti nell'unico schieramento che gli pareva assennato, la prima fila inginocchiata, la seconda in piedi. Guardò le vele di maestra e mezzana e sperò che i proiettili non le forassero. Si era premunito che, oltre una certa altezza, i fanti non dovessero sparare per evitare di colpire i marinai, e li aveva istruiti sull'arrendersi qualora la sirena si fosse gettata fra loro. Nella gazzarra ci si poteva uccidere a vicenda fra alleati.

Signore Onnipotente, veglia su di noi, recitò il Comandante dei fanti. Al suo primo gesto, i soldati sollevarono i fucili; al secondo presero la mira, si muovevano nella compattezza di un corpo solo. Le giubbe, al tramonto, erano del colore del sangue e mai come in quel momento Lennox notò le fasce bianche incrociate della forma di croci sul petto, albatri segnati, bersagli.

La Sirena Alata guardò la manovra degli uomini in rosso, quindi allungò il collo per seguire la corsa di una forma nera che si spostava rapida a prua. Volò verso occidente incontro al sole, che era quasi tramontato, scese e si parò davanti al capitano di modo che la luce viva infastidisse gli occhi e la mira.

La nave procedeva con difficoltà. MacMourrog prese la decisione di spiegare la randa sul boma per guadagnare almeno un nodo e inanellò i gesti che i gabbieri eseguirono non senza essersi guardati l'un l'altro. Era un azzardo: i più esperti sapevano che era un diavolo di vela che poteva incastrarsi nel paterazzo o causare un ulteriore sbandamento.

Avery se ne accorse e annuì. Si complimentò in silenzio col primo ufficiale. Tuttavia, desiderò di poter riavere la fregata, docile al comando e rapida. Avrebbe voluto vederla emergere dalle acque per prenderne possesso, diventare il capitano maledetto della leggenda. Per quanto gli serviva avrebbe barattato il cuore, lo avrebbe chiuso in uno scrigno e avrebbe accettato la dannazione, qualunque castigo per una vittoria.

Sollevò lo sguardo e socchiuse gli occhi sull'ombra luminescente che restava sospesa dinnanzi al sole e che apriva la bocca e, più giù, intravide che nella zampa destra stringeva qualcosa. Vide la zampa scalciare all'indietro e catapultarsi in avanti e il qualcosa venire verso di lui. Prima che potesse schivarlo gli finì dritto sul petto e rotolò ai suoi piedi spaccandosi a metà. Una mela?

Kyriake si insospettì: la nave continuava ad avanzare e gli occupanti a ignorare il tono delle minacce. La Sirena Alata si levò dal sole e si avvicinò volando sopra gli alberi, virò, discese a fissare la vedetta con occhi che attraversavano chilometri di distanza e catturavano particolari di oggetti lontanissimi. «Pensate di potermi imbrogliare? Io non mi diletto coi dispetti! Vi mostrerò cos'è il vero terrore.» Iniziò a cantare contemporaneamente al comando di Lennox di fare fuoco.

Il gorgheggio acuto e la gragnola di proiettili si fusero in un unico suono; i proiettili mancarono il bersaglio, si sparpagliarono in cielo e ricaddero sul ponte e in mare, una grandinata di ferro, mentre Kyriake intonava un lamento che raggiunse i tappi e ne scaldò la cera.

La cera si ammollò e prese a scivolare lungo il condotto uditivo. Ufficiali e marinai si misero le dita nelle orecchie per togliersi la secrezione che avvertivano muoversi, una tenia calda.

«Gli uomini scrivono nei libri la loro grandezza e scordano le umiliazioni! Pensavate che delle protezioni cerose potessero impedirmi di raggiungervi?»

Avery, al cannoncino di prua, agitò il pugno.

«Piuttosto che finire divorati, preferireste morire contro gli scogli. Il canto è sprecato per i miserabili.»

Kyriake salì in una spirale, rimase sospesa qualche secondo, si gettò in picchiata, raggiunse e afferrò uno dei marinai che stavano a prua, guardò il capitano per dimostrargli che non lo temeva, serrò gli artigli dentro il fianco dello sventurato e lo sollevò fra gli strepiti.

La nave strambò sotto un ordine urlato da MacMourrog, con l'anodo sacrificale che strideva contro uno scoglio sommerso e sbriciolava la roccia.

Il cannone aveva un meccanismo basculante che permetteva di muoverlo nonostante non si potesse spostare il basamento. Avery chiuse l'occhio sinistro e abbassò il piolo. L'arpone lasciò la canna e filò in una diagonale verso il dorso della Sirena Alata, che non fece nulla per schivarlo. L'arpone, però, le sfrangiò la coda e si aggrappò alle penne timoniere.

Kyriake trasalì con un urlo inarticolato, acceso dal dolore. Avery socchiuse gli occhi e comprese subito che l'arma non era penetrata abbastanza per innescarsi. Girò la manovella sul lato del cannoncino per riavvolgere la fune e sentì la resistenza del corpo del mostro che batteva le ali per liberarsi. Esultò quando vide il fiotto di liquido scintillante che cascò sul ponte addosso a Tittensor e Hier.

Il marinaio che la Sirena Alata tratteneva gridò al rinserrarsi degli artigli sul fianco. Lo stomaco gli gorgogliava e le braccia spazzavano l'aria senza colpire niente.

Kyriake batté le ali e senza mollare la preda, si dibatté fino a quando la ferita si aprì e lasciò cadere l'arpone. Con un contraccolpo sfilò in avanti, perse l'equilibrio, compì una curva di quarantacinque gradi, ripartì verso poppa, colpì l'alberetto di trinchetto e lo spezzò facendolo precipitare su uomini che si dispersero come biglie. Si perse oltre gli alberi della nave, sopra la spiaggia e le palme. L'arpone venne giù in una verticale e s'infisse nel legno del ponte.

Avery lasciò il cannoncino, la mente al proietto che poteva esplodere da un momento all'altro e dilaniare l'equipaggio e la nave. Senza pensare al pericolo, afferrò l'arpone con entrambe le mani e lo gettò fuoribordo, con la fune che si agitò nell'aria e sprofondò a seguito del metallo.

I due timonieri manovravano per strambare di nuovo quando la Sirena, giunta in tutta fretta ma incapace di trovare un buon momento per intervenire, si stava accostando alla nave con il sacco di conchiglie legato al polso.

Avery respirava a bocca aperta. MacMourrog e Lennox guardavano la pozza di liquido bianco scintillante e Tittensor e Hier urlavano che il corpo prudeva e si grattavano pulci invisibili.

Blight cadde in ginocchio sul ponte. «S'è... s'è portata via Sullivan.»

L'hanno ferita con la loro arma, pensò la Sirena e seguì la nave nella spuma sotto la murata di dritta. 

Di Pesce e di UccelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora