Grand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...
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La botteguccia aveva un'insegna sopra una porta di kapok la cui estremità inferiore era graffiata, forse da cani o gatti affamati. Prima di entrare, Kozlov guardò dalla finestra lasciata aperta, l'unica a lato della porta, e vide un interno con alcuni manichini – a destra i maschi e a sinistra le femmine – e sullo sfondo un bancone sgombro degli oggetti che pensava potessero essere utili a un sarto.
Bussò; una voce soffocata dall'interno lo pregò di accomodarsi, la porta era aperta. Kozlov spinse l'anta forzando una vecchia maniglia di ottone che, scaldata dal sole, emanava una puzza dolciastra di metallo.
Il sarto uscì dal camerino, che era uno spazio scavato nella parete poco più grande dello spogliatoio degli ufficiali nel quadrato. «Buongiorno. Signor D'Asprano, per servirvi. Cosa posso fare per voi?» La voce pesante marcava la erre e usciva da sotto il folto dei baffi.
Kozlov sapeva che i migliori fra i sarti erano italiani. Come avrebbe fatto un qualsiasi uomo in un ambiente ostile, lasciò vagare uno sguardo che non comunicò nulla, né interesse né agitazione. Pareva che stesse prendendo le misure all'intera stanza.
«Mi chiamo Kozlov, appartengo alla pirocorvetta Oblivion, secondo ufficiale. Avrei bisogno di un abito. Un abito femminile con le maniche lunghe.»
Dal tono, il sarto capì che era un comando cortese. Non serviva spesso gli ufficiali, non aveva stoffe di pregio che si potevano trovare in altri paesi. Aveva imparato che i marinai navigavano in ogni angolo del mondo conosciuto e vuotavano i borselli altrove. Nessuno di un certo rango acquistava in una bottega di un'isola sperduta e funestata dagli uragani; i soli a frequentarla erano marinai semplici che non avevano quattrini da dilapidare per un regalo alla meretrice di turno o a una ragazza di cui volevano i favori ma che non avrebbero rivisto dopo averla spolpata.
Beh, pensò in italiano, mi è capitata una fortuna. «Però, signore» avvertì, annusando l'inesperienza dell'ufficiale, «non ho nessun abito a maniche lunghe. Se ne volete uno dovrò prepararlo dopo che avrete acquistato la stoffa.»
«Ne ho bisogno per domani mattina, al più tardi.»
«Anche se lavorassi da adesso a domani mattina, ammesso di chiudere bottega, non riuscirei a terminarlo o se lo terminassi sarebbe poco più di uno straccio. E non credo vogliate spendere invano il denaro.»
D'Asprano finì di analizzare Kozlov: postura militare e non si era presentato come capitano. Calcolò quanto il cliente avrebbe potuto sborsare e non fu una cifra da togliergli il respiro e il sonno. Lo valutò: lavoro preciso e ben fatto, niente di approssimativo, abito cucito su misure specifiche con colori e stoffa specifiche. Quel cliente non avrebbe accettato nessun suggerimento e alcuna modifica all'idea che gli si agitava dentro la testa.
«Mi dispiace. Forse potete provare con la signora Ferguson, posso scrivervi l'indirizzo. Raccoglie abiti da chi non li usa più e da chi è costretto a sbarazzarsene.»