23. (PARTE SECONDA)

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Kyriake sonnecchiava nella calura delle undici del mattino quando ascoltò la voce che gridava dal mare e non era lo stridio di un uccello

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Kyriake sonnecchiava nella calura delle undici del mattino quando ascoltò la voce che gridava dal mare e non era lo stridio di un uccello. Sollevò le palpebre, e fra le frange degli alberi comparve la fiamma britannica che sventolava sul pennone di maestra. Dopo qualche istante, sfilò la Union flag su quello di trinchetto.

La Sirena Alata spalancò gli occhi e le pupille diminuirono di circonferenza. Aprì le ali in un grande gesto che ammutolì gli uccelli. Si lasciò cadere dal ramo di mangrovia su cui stava e si abbassò a carezzare i fiori con le remiganti primarie prima di salire in alto in una verticale. Mosse la testa fra il fogliame, allungò e incassò il collo finché non si immise nel soffio agonico dell'aliseo. Sorretta, si diresse al porto.

Avery, con lo sguardo nel cannocchiale e un orecchio allo scandagliatore, badava alla barriera per scegliere il punto in cui gettare l'àncora; Fourcade stava per spegnere le caldaie e controllava la pressione prendendo appunti sulle prestazioni della motrice; MacMourrog era impegnato a reggere le caviglie per tenere il timone in assetto, dal momento che aveva lasciato a Cristoforo le sue ore di riposo; i gabbieri discendevano dai paterazzi fra le direttive di Blight e tossivano quando entravano nell'onda di fumo; Bolton era vicino alla chiesuola e osservava la bussola; il chirurgo continuava la sua arringa su Voltaire quando ogni occupante del ponte udì un frullo d'ali planare dal cielo azzurro.

Marinai e ufficiali sollevarono le teste, chi prima chi dopo, e indirizzarono gli sguardi al rapace che si appressava al pennone dell'albero di velaccio della maestra e aveva teso le zampe uncinate e si stava aggrappando con lo sbilanciamento all'indietro proprio della razza alata, le ali aperte a gettare un abbraccio d'ombra sul ponte.

Il marinaio in coffa gridò un suono inarticolato.

L'uccello chiuse le ali, le premette contro il corpo, gonfiò il petto carenato, sollevò la testa scura e fissò la vedetta negli occhi.

«Signore!»

Kyriake dischiuse le labbra e intonò un gorgheggio. Non ci fu nessuna risposta alla chiamata, nessuna impressione, solo facce mute rivolte verso l'alto e la fiamma che sbatteva sopra la testa del rapace. I presenti potevano pensare: la mente nominava le informazioni e lo sconvolgimento di osservare un grosso essere con un volto di donna, pareva: non si poteva essere sicuri nella distanza. L'unico uomo a poterne rivelare il mistero era stato inchiodato alla rabazza dal gorgheggio.

Avery provò ad aprire la bocca, la domanda gli balzava sul palato, ma aveva la fila superiore di denti incollata all'arcata inferiore, il corpo di pietra e le orecchie che captavano un canto come si immaginava potesse uscire dagli angeli del Giudizio. La voce che lo intonava in una lingua sconosciuta intrappolava i marinai nei loro involucri di carne, e arrivava, simile al vento, in ogni pertugio, dal ponte di coperta alla sentina attraverso gli osteriggi e gettava il suo sortilegio su chiunque raggiungesse.

MacMourrog teneva ancora le caviglie della ruota, ma non governava. Dentro gli saliva il cavallone del panico, la nave era indirizzata contro la barriera in un moto senza impedimenti con l'elica che girava, girava, girava e nessuno a gettare l'àncora per abbrancare il fondale. Gli organi avevano spasmi, pulsavano, e fuori il corpo era immobile. Persino gli occhi. Non poteva abbassarli né chiuderli, restavano della fissità propria del decesso a osservare la cosa che era planata sul pennone dell'albero di velaccio di maestra.

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