Parry addugliò l'ultima cima della sua guardia, stanco del giorno che non finiva e affamato. Con la coda dell'occhio osservava il signor Fourcade gironzolare a mezzanave, intorno alla parte di ponte dove veniva tenuta la fumarola, e prendere appunti su un quaderno. Uno dei nuovi gli reggeva la lanterna sopra la testa e la luce riverberava sugli alamari dorati della giacca del progettista.
Dopo altri due o tre giri, Fourcade salutò l'aiutante e tornò al boccaporto che conduceva sottocoperta.
«Qualcuno lecca per il futuro» disse Parry, giovane e focoso. «Il francese gira intorno alla botola e qualcuno gira intorno al francese che gira intorno alla botola.»
Un marinaio italiano lì vicino udì e disse: «Barca rotta, marinaio scapolo».
«Cosa vuoi? Ho fatto il mio dovere, amico.» Worrall appoggiò la lanterna.
«Mio nonno ci è morto sotto i francesi e non mi piace vedere un amico che fa amicizia con chi amico non è.» Parry lasciò il mucchio di cime e, chinato, mimò un gesto osceno con la mano e la bocca.
«Leccapalle sarai tu e tuo nonno cornuto» ribatté Worrall, altrettanto impetuoso.
«E tua mamma troia che t'ha fatto nascere.»
Worrall calciò in avanti e colpì dritto al mento Parry, che cadde sul sedere. Parry si rialzò, pestò i piedi e avanzò alla cieca. Era basso e pesante e gettò Worrall, basso e leggero, molti metri in là, dove i marinai di guardia si scansarono e lo videro atterrare sulla schiena.
«Che succede?» gridò Bolton dal cassero. Allungò il collo per forzare la vista.
«Se non l'hai capito lo ridico» gridò Parry. Raggiunse l'avversario e gli prese i piedi, li unì e li sollevò ficcandoseli sotto l'ascella per trascinare il corpo lungo il ponte, con Worrall che lo ingiuriava con epiteti e bestemmie e batteva i palmi delle mani sul legno.
Parry gli fece fare due giri completi del ponte prima che Bolton si riscuotesse e scendesse dal cassero, portandosi dietro il corpo esacerbato dalla fiacca. I marinai gli sfilarono davanti e il nocchiere ordinò di smettere con la voce del cantante lirico, voce che richiamò Blight dalla sua cuccetta.
Il nostromo arrivò quando s'era formato un capannello e i pugni si allungavano e ritraevano, le gambe evitavano gli sgambetti e gli insulti erano diventati grugniti. Prese la verga che aveva lasciato in un barile e la agitò per disperdere il pubblico, staffilò spettatori che non erano innocenti, e la abbatté col suo braccio allenato sui rivali che nonostante le vergate sulla schiena e sulle gambe non smettevano, il fuoco alimentato da troppi bocconi inghiottiti e da desideri insoddisfatti.
Il capitano Avery piombò in mezzo alla gazzarra, nessuno a riceverlo sul ponte con gli onori dovuti al suo rango, e urlò per farsi udire da uomini che non ascoltavano.
Tre dei suoi quattro accompagnatori – Abel esterrefatto e i due marinai annebbiati dalle libagioni che sorridevano vacui alla nebbia semovente – rimasero all'impavesata; il dottor Patterson depositò la tartaruga viva che s'era portato a bordo e si gettò nella mischia per limitare danni che sarebbe stato costretto a curare, quando voleva solo scendere nell'infermeria a esaminare il suo esemplare.
La zuffa continuò a spostarsi in un movimento di tromba d'aria, sotto i colpi di un Blight ansimante, e i combattenti investirono la tartaruga.
«Dannati bifolchi» gridò Patterson, il viso viola per l'ira, «avete pestato la mia hickatee(*)!»
Avery tolse di mano il bastone a Blight e con un unico colpo secco, dall'alto verso il basso, schiantò Worrall, non perché non appartenesse ai suoi uomini ma perché era stato il primo ad appressarglisi. «Prendete i nomi di tutti gli uomini! Di quelli che hanno lottato e di quelli che sono stati a guardare.»
«Voi avete un riguardo per i vostri e a noi chi ci difende?» gridò una voce dal mucchio indistinto.
«Chi ha parlato venga avanti!» Avery, con il bastone in mano, agitò gli occhi sui presenti, che distoglievano lo sguardo quando lo allacciavano al suo. «Se nessuno denuncia il colpevole sospenderò il grog e vi farò esercitare ai cannoni fino a farvi stramazzare. Organizzerò esercitazioni ogni volta che sarete nelle brande, non avrete un attimo di pace.»
Babcock venne avanti sgomitando i compagni; trascinava un uomo mugolante che teneva per l'orecchio. Lo gettò davanti al capitano. «Si chiama Helsby. Jack.»
«Hai qualcosa da dire, Helsby? Dilla.»
Helsby sollevò il viso: sapeva di non poter evitare il graticcio a causa di Babcock che aveva fatto la spia, una cosa che considerava miserabile fra compagni di mensa, per cui esclamò: «L'ho detto e non lo ritiro. Avete battuto Worrall che non è dei vostri, altrimenti avreste battuto anche Parry! Ha incominciato Parry che è stato maleducato.»
Avery vedeva i tratti confusi del marinaio nel buio. Avrebbe voluto che qualcuno si facesse avanti con una luce.
«È tutto quello che hai da dire?»
«Vorrei almeno, signore, che ci fosse parità. Mi sta bene la disciplina, ma non senza parità.»
Avery guardò Blight, che, ansimante, fissava il marinaio seduto.
«Terrò conto delle tue rimostranze, Helsby. Che non si dica che sono un despota. Sai qual è la differenza fra re Salomone e re Erode?»
«Devo segnare il nome di Helsby?» chiese Blight, con la lavagnetta in mano che qualcuno era stato solerte nel passargli.
«No. Voglio sincerarmi che quello che ha detto abbia un fondo di verità. Se ce l'ha, Helsby, e lo verificherò, non sarai punito. Se hai mentito per salvare te e le canaglie dei tuoi compagni, le frustate saranno quarantotto. E sai cosa significa. Un uomo col tuo fisico non ne reggerebbe dodici. Ti concedo un'ultima occasione per ritirare l'accusa.»
«Non ritiro niente, signore. E datemene pure cinquanta. Non ho paura del gatto, io.»
(*) Nome dato a Grand Cayman alla specie Trachemys decussata.
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Di Pesce e di Uccello
Phiêu lưuGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...