25. (PARTE SESTA)

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Costretto alla noia dell'immobilità, Kozlov riviveva ogni istante del suo incontro con la Sirena

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Costretto alla noia dell'immobilità, Kozlov riviveva ogni istante del suo incontro con la Sirena. Risentiva il tocco solido del braccio freddo, osservava nella penombra gli occhi neri. Lei lo aveva guarito dal bruciore nei polmoni e dal dolore alla testa e nelle ossa. L'aveva udita rivolgersi a lui e parlare agli squali.

Ora ne aveva paura, eppure desiderava rivederla. Un esaltato avrebbe avuto la giusta dose di discernimento persino nella sua follia, ma lui esponeva la tempia alla rivoltella di Lermontov*, e non era affare per un uomo portato alla ragione e alla misura come si era sempre considerato. Chissà se il capitano aveva provato la stessa smania per l'indigena. Si chiese se entrambi potessero essere perdonati oppure se meritassero il giusto disprezzo.

Per qualche tempo, sarebbe stato inabile al lavoro. Se l'avesse chiesto, magari Avery gli avrebbe concesso di rimanere sulla terraferma. Smise di ragionare quando udì passi che si avvicinavano, entravano nell'infermeria e si fermavano sulla soglia.

L'odore di colonia di Bolton. Kozlov aprì gli occhi.

«Pensavo dormiste e stavo per andarmene. Volevo approfittare dell'assenza del dottore.»

«Dov'è?»

«Sul ponte a esaminare una tartaruga che uno dei nostri ha catturato con un amo.»

«Entrate e sedete.»

«No, non alzatevi. Volete che vi sistemi il cuscino? Questi sono meglio dei sacchi che si trovano nelle taverne. Dove li avrà trovati, quel Fourcade? Sta riavendosi dallo spavento. È un pavido che tiene fede alla razza francese.»

Bolton si accomodò e, dopo essersi sincerato dello stato di salute del secondo ufficiale, fece uscire un sospiro. «Era diversa. Immagino l'abbiate notato.»

«L'ho notato.»

«Due voci diverse, Kozlov. Ho buon orecchio, io. Una è acuta e dolce, l'altra meravigliosa e dolente. Se me lo chiedeste vi direi che la seconda è una voce impareggiabile.»

«Ma non mi ha immobilizzato sulla scialuppa, la scorsa volta.»

Bolton si toccò i capelli grigi. «Pensate che sia per il nostro tradimento?»

«Abbiamo tradito il capitano, non lei.»

«Voi... dite la verità, Kozlov. Lei esiste.»

«Sì.»

«E dovreste averla vista, laggiù. Come avete fatto a scampare?»

«Mi ha tagliato, levato l'elmo e salvato. Suppongo mi abbia riconosciuto.»

«Vuol dire che conosce ogni nostro volto.»

I cigolii del metallo e gli scricchiolii del legno, passi, tonfi, grida di uccelli sporcarono il silenzio.

«Il capitano vuole tenervi fuori, eppure io mi sento in dovere di dirvelo. Ho il permesso di MacMourrog. Sapete cosa si dice sull'isola?» Il nocchiere raccontò delle uccisioni e delle stranezze. Poi si frugò in tasca, trasse un pezzo di tela da vele ripiegato e lo svolse. «Reed ha fatto una consegna in una delle case dell'entroterra per conto di un compagno, suppongo un dono per qualche signorina, e quando è tornato ha portato al dottore due di queste.»

«Ho visto una cosa del genere in Scozia.»

«Ho chiesto a Patterson cosa fosse e, vi prego di non disgustarvi, sono feci di rapace. Borre, si chiamano. Boli di piume, ossa e tessuti delle prede che catturano. Vedete la grandezza? O parliamo di un'aquila con un'apertura alare superiore all'albatro urlatore oppure...»

Kozlov guardò la borra e la trovò somigliante al "bossolo" raccolto dal pastore dell'isola di Harris. Un bolo di resti umani.

«Pensate che le sirene possano mutare aspetto?»

«Potrebbero essere due creature differenti. Quando tornammo in Inghilterra consultai vari volumi, persi interi giorni a convincermi che quello che avevo udito era reale.» Il secondo ufficiale non disse visto. «Gli uomini hanno disegnato ibridi fin dall'antichità e ho la convinzione che la fantasia si alimenti dal reale. Nessuno di noi può sapere cos'è esistito nelle epoche passate. I grandi rettili preistorici ci hanno lasciato le ossa e i calchi, e altrove gli uomini hanno disegnato.» Toccò le bende. «So che quello che è successo stamattina ha natura soprannaturale.»

«Cercherò di convincere il capitano a ripartire. La stagione degli uragani è finita, ma questo aliseo fiacco non mi convince. Spero di non dover discutere con lui. Sapete... so che ho promesso, ma non sono un uomo saldo, Kozlov. Ero là quando Evans cadde di sotto, non voleva abbandonare la fregata. Lui non sapeva. Che il Signore ci perdoni, non posso morire con questo rimorso.»

«Non state morendo, Bolton. Lo confesserete quando vi impartiranno l'estrema unzione.»

«Non voglio finire nella ghiaccia del Cocito, frustato dal vento delle ali del diavolo. So che certe consuetudini... so che cerchiamo di fare il bene per la maggior parte di noi, ma un tale peso! E io non so portarlo.»

«Vi capisco. Anch'io ho pensato di confessare, la mia coscienza non è in pace. Ma quello che abbiamo fatto è stato un obbligo, un dovere verso una popolazione che si avviava a un sacrificio inconsapevole. Lo insegnano in marina: è la vita nel suo collettivo, preservarla, lo scopo primario. Altrimenti l'ultimo ad abbandonare la nave non sarebbe solo.»

Udirono altri passi. Bolton si sollevò dalla sedia e Kozlov strinse le labbra.

«Signor Bolton,» disse Parker «il capitano sta tornando. Il signor MacMourrog vi vuole in coperta.»

*Scrittore romantico che per primo descrisse nel racconto "Il fatalista" la pratica della roulette russa.

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