Nello spazio antistante il Tribunale da anni esisteva un palco, che in altri tempi era servito per eseguire traditori e nemici della Corona Britannica ma ora era soltanto un modo per tenere a bada i malviventi dalle idee embrionali che non avevano ancora trovato il modo di trasformarle in azioni.
Middleton salì la scaletta e si portò al centro del palco, davanti e intorno al quale si era radunata una discreta folla avvertita da alcuni strilloni che erano passati per le vie. Gli indigeni, di natura curiosi – da secoli era il loro male –, erano stati i primi a convergere, e chiunque non fosse impegnato nel lavoro dei campi o in qualche altra attività manuale aveva lasciato il mestiere per ascoltare il discorso del rappresentante di distretto.
Middleton aveva un foglio da cui avrebbe letto i punti fondamentali. Avery attendeva a lato del palco con alcuni marinai della pirocorvetta e un signor Lennox scalpitante.
«Cittadini di George Town, con l'annuncio odierno intendo rispondere alle voci che si sono levate da più d'uno riguardo quello che sta succedendo sull'isola. Il pericolo è concreto.» Guardò le facce scure rivolte verso di lui e i bianchi che si tenevano in disparte in un gruppetto dai bordi irregolari puntellato di cilindri e parasole.
Un grosso rumore stordì lo spazio, allungandosi e restringendosi quasi provenisse da una moltitudine di vespe.
«Pare che un ordigno con il volto di donna e ali di rapace sia approdato sull'isola. Presumiamo sia stato costruito dai ribelli e perpetri le uccisioni sotto il loro comando.»
«Cosa vuol dire "costruito"? Stiamo parlando di un'arma?» Un bianco agitò il braccio per attirare l'attenzione.
Avery seguì l'oscillazione del braccio. Aveva pregato il rappresentante di mediare, di insistere sull'operato umano per non fomentare i rituali della popolazione.
«E che essi lo usino per compiere esecuzioni orribili. Chiediamo pertanto a chiunque abbia informazioni di farsi avanti e aiutare me e il capitano Avery perché la peste sia eradicata dalle Cayman. I ribelli non badano a chi colpiscono, bianchi o indigeni non fa alcuna differenza. Abbiamo ragione di credere che preferiscano gli uomini. Finora hanno ucciso una sola donna.» Middleton proseguì nel fornire dettagli dei corpi rivenuti di cui lesse i nomi con la progressione dell'incolonnamento. «Prego pertanto gli abitanti di uscire di giorno e rientrare al tramonto, e se ciò non fosse possibile di restare all'esterno per breve tempo. Ricordate che se rimanete all'aperto al crepuscolo e di notte diventate bersagli.»
Il brusio cresceva di intensità e fra esso si udivano le voci pastose degli uomini e i toni smorzati delle donne. Ora molte più braccia si agitavano con le dita al cielo.
«Silenzio, ascolterò le vostre domande, prima per favore lasciatemi finire. Restate lontani dalle foreste e dai mangrovieti. Vi pregherei di appendere conchiglie sulle porte di casa e alle finestre, e di portarne in tasca o appese al collo. Alle donne chiedo il favore di badare agli uomini, siano essi mariti, figli, zii o parenti di qualsiasi grado, amici e conoscenti. Pare che l'orecchio femminile sia immune dal sortilegio che esce dalla bocca del mostro.»
Middleton aveva finito il foglio, si toccò i capelli rossi e batté gli occhi nel chiarore della mattina. Guardò dietro di sé, vide Avery e si accorse di cosa gli era uscito di bocca.
«Che storia è questa? I mostri non esistono.»
«È o non è un'arma?»
«Sortilegio? È forse la Sirena?»
Middleton, con gli occhi socchiusi e dolenti, cercò una buona ragione per controbattere ai bianchi. Avrebbe potuto scommetterci. Dai creoli e dai caribi, dalle loro facce di statue precolombiane, il rappresentante poteva leggere il biasimo per chi non aveva mai creduto. Rabbrividì. La sua dichiarazione avrebbe avuto lo stesso valore dell'atto per la libertà agli schiavi: evidenziava una ragione che si era tentato di comprimere nella terra del sopruso, ma il seme aveva trovato un altro modo per sbucare ed era ora una pianta inestirpabile che sarebbe cresciuta in vigore.
«Io, che sono un uomo di ragione al vostro pari, stentavo a credere alle notizie fino a quando il capitano Avery ha riportato la sua esperienza personale. E io gli credo, è un uomo d'onore e sta cercando di aiutarci.»
Avery salì sul palco nell'uniforme blu della marina, costretto dalla supplica muta del rappresentante. Diede un lungo sguardo alla folla e sollevò un ritratto che il marinaio più dotato di abilità pittorica della nave, Washburn, aveva fatto della Sirena Alata. La folla ammutolì nel modo in cui un fuoco viene soffocato dall'acqua, con un sibilo finale.
«Questo è l'aspetto dell'arma.»
Dopodiché mostrò le lunghe piume della coda che l'arpone aveva strappato. Rassomigliavano alle penne di pavone. Sotto la luce, il bruno del vessillo esterno brillava di un bronzo fosco, le barbe erano di un colore cremisi in contrasto con le barre dorate, e la rachide riluceva di un bianco di alabastro.
«Sono lunghe circa quarantatré pollici. Qualcuno di voi ha mai visto o catturato qualcosa che avesse una coda di questa lunghezza?»
«E l'ordigno l'avrebbero costruito i ribelli? È possibile fare una cosa del genere?»
«Ce la state contando! Parlate del mostro voi, altro che arma costruita dai ribelli! Ha detto bene il signor Middleton!»
«Forse "costruita" non è il termine adatto» confessò Avery. «Meglio dire soggiogata dai ribelli, utilizzata.»
«È la Sirena» disse l'uomo con la barba crespa che due anni prima aveva avuto una chiacchierata con Kozlov nella cantina locale. «E le vostre sono balle!»
«Possiamo chiamarla sirena, ma è di una natura diversa dalla divinità che venerate.»
STAI LEGGENDO
Di Pesce e di Uccello
AventureGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...