Kozlov riuscì ad arrivare all'ospedale. Cobb lo attendeva sulla soglia e non lo rimproverò, non ne aveva l'impudenza, ma il vederlo miserabile, sofferente e ricoperto di foglioline di palma, sudore e polvere, lo sconvolse. Aiutò il paziente a lavarsi con una pezza, una pulizia approssimativa da gatto, e mise gli abiti in una cesta. Dopo aver annusato la ferita alla ricerca dei segni premonitori della cancrena umida, nel modo insegnatogli da Patterson, prese il rotolo per il cambio della fasciatura.
«Nella tasca dei calzoni c'è una medicina da spalmare sulle suture. Mi hanno assicurato che aiuterà la cicatrizzazione e scongiurerà le infezioni» disse Kozlov.
Cobb frugò e trasse un pacchetto avvolto nella tela cerata. «Posso aprirlo?»
«Dovrebbe contenere aloe e... l'erba della febbre, mi pare di aver capito.»
«Chi ve l'ha dato? Dove l'avete comperato?»
«Vi potete fidare.»
«Dubito, se l'avete comperato da un indigeno. Che io sappia non esistono speziali nei dintorni.»
«Datemi il contenuto del pacchetto, ci penserò io.»
«Siete sicuro?» Cobb addolcì la voce. Non poteva competere con la prestanza morale del russo.
«E, per favore, andate al mio bagaglio e prendete una boccetta con scritto Olio di golomyanka. È una medicina delle mie parti, mi rimetterà in forze.»
Il dentista obbedì, ma mise in guardia il paziente. «Niente di buono ne verrà se vi riempite di farmaci. È la tara dei marinai assumerne grandi quantità e sperare che il ritrovato agisca in fretta. Vi farete venire i crampi e la stitichezza.»
«Se dovesse capitare me li terrò in silenzio.»
Kozlov bevve dalla boccetta, prese un po' del decotto di erbe, che durante la conversazione Cobb aveva preparato scaldando l'acqua su un fornelletto a spirito, e costrinse il dentista a spalmare sul lungo taglio l'aloe contenuta in una scatola per le pastiglie di fattura francese.
Sul coperchio della scatola, che Cobb trattenne fra le mani e analizzò, c'era la miniatura di una scena silvestre: una donna con vaporosi capelli bianchi accarezzava un cane dal muso lungo, di fianco a un aristocratico con un bastone, la marsina e la parrucca. C'erano uccelli delle dimensioni di moscerini. Chiunque avesse prodotto il portapillole aveva gli occhi di un rapace e le mani operose, un talento della pittura. Doveva costare parecchi quattrini, analizzò Cobb. Si chiese come ci fosse finito nelle mani di Kozlov: non poteva appartenere a un indigeno, il più ricco dell'isola era comunque un poveraccio confrontato ai bianchi.
Cobb socchiuse gli occhi e Kozlov gli vide sul volto un'espressione che non gli piaceva.
«Potete fasciarmi. E credo che dormirò, anche se il sole è ancora alto.»
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Di Pesce e di Uccello
AvventuraGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...