La guida si faceva spazio in una natura soffocante di bromelie e orchidee e alberi vecchi che la Sirena doveva aver visto quand'erano semi usciti dal becco o dalle feci di qualche uccello o iguana. Le iguane azzurre del Trail avevano dimensioni maggiori degli esemplari che Kozlov aveva incontrato a George Town, accresciute dall'impenetrabilità della foresta e dalla pace.
Il terreno era accidentato, cosparso di rocce e radici, e almeno tre dei fanti, Markin e Kozlov stesso erano inciampati e si erano tenuti in piedi con rotazioni e oscillazioni del corpo. Lasciatisi alle spalle il tratto delle mangrovie nere, che succhiavano da un'acqua bassa costellata di spuntoni, gli uomini si addentrarono fra i mogani, i cedri, i fusti della Maclura tinctoria e quelli rossi e spellati del gumbo-limbo.
Kozlov ispezionava i dintorni con scrupolosità. «Jonah» disse alla guida, «aspettate. Andiamo da questa parte.» Allungò il braccio per rafforzare la proposta.
«Lì il sentiero non è battuto» disse l'indigeno in un inglese perfetto, se si escludeva l'accento, uguale all'orecchio del russo alla parlantina di Cristoforo.
«Ho visto impronte umane che vanno verso destra.»
Il signor Campbell si avvicinò e studiò, dove indicava Kozlov, un terreno reso umido dalla pioggia soprannaturale nel quale erano premute forme di scarpe.
«Misure diverse. Andavo a caccia con mio padre in Kamĉatka, so riconoscere le impronte. Queste sono di uomo e di ieri, al più tardi.»
Campbell avvertiva i muscoli del collo che vibravano e i pensieri che sparivano inghiottiti in un pozzo rosso da cui saliva la spina dell'ira.
La guida annuì e deviò verso destra. Agitò il bastone che aveva con sé e che finora era servito a spaventare un'iguana e un serpente sonnolento.
In fondo al cunicolo vegetale, cinque minuti di cammino, gli uomini trovarono due baracche, invisibili dal sentiero che avevano lasciato.
Kozlov tolse la pistola dalla cintola e i fanti prepararono i fucili. «Tatton, andate avanti voi e bussate. Markin, se senti che le foglie lassù si muovono tieniti pronto e spara.»
Tatton, un monolite irsuto, andò alla porta e bussò con il pugno in una raffica. Contò fino a dieci, ripeté la scarica e di nuovo contò fino a dieci. «Nessuno risponde.»
«Aprite la porta. Signor Campbell, sono vostre le baracche?»
Campbell proruppe in una bestemmia da carrettiere. «No! Non ho dato alcun permesso di costruire. Di chi sono, Jonah, lo sai? Sono della tua gente?»
«Non lo so» disse la guida, e scosse la testa con indolenza.
«È chiusa a chiave» disse Tatton dopo aver scosso la porta.
«Hanno messo la serratura?» gridò Campbell.
«Si può farla saltare?» chiese Kozlov.
«Sì, è sufficiente sparare.»
«Procedete.»
Tatton fece indietreggiare gli uomini, prese il fucile, puntò la canna contro la porta e sparò su una serratura che respinse il proiettile, ammaccandosi. «Serrature vecchie e resistenti, signore. Non ce la si fa con la forza.»
«Non ci sono finestre. Vuol dire che il contenuto è di valore.» Kozlov passeggiò intorno alle due baracche e tagliò per il corridoio che le divideva, stretto al punto che dovette passarci di traverso e appiattito fra una parete e l'altra. Saltò un termitaio che pareva la piramide di Ball. Uscito, trovò un'ascia appoggiata a un albero. Rifece il giro, passò davanti alla facciata dove erano rimasti gli altri, alzò la voce e agitò l'utensile. Lo passò a Tatton, che vibrò colpi da boscaiolo nella porta.
«Ironwood. Resiste alle intemperie e alle termiti» disse il fante con uno sbuffo. Infine, fra le schegge volanti e l'odore di carta del legno secco, si aprì un varco per guardare all'interno, dove erano ammucchiate delle casse.
«Allargate, per favore.»
Campbell si muoveva avanti e indietro per vedere.
«Killam, voi che siete smilzo, vedete se riuscite a passare.»
Killam affidò il fucile al suo compagno irsuto, scivolò dentro la grande fessura e si mosse in una stanza oberata.
«Mi confermate che non c'è niente di vostro, lì dentro?»
«Non ne sapevo niente» gridò Campbell sull'orlo della deflagrazione.
«Sto per dare l'ordine di aprire le casse.»
«Ma certo!»
«Aprite le casse, Killam.»
Si udirono i rumori di un trasloco, coperchi che venivano via, rimestare e appoggiare. Killam tornò alla fessura per comunicare, i baffetti coperti di polvere.
«Legno, caffè, cassava per ora. Però penso ci sia molto altro.»
«Sono prodotti enumerati» disse Kozlov.
«Tirate fuori di lì tutto quello che trovate, voglio vedere cosa combinavano quei bastardi nel mio distretto!»
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Di Pesce e di Uccello
AdventureGrand Cayman, giugno 1847. Durante la ricostruzione successiva all'ennesimo uragano, sull'isola giunge una straniera che ben presto diverrà la nemica contro la quale la Sirena del Mar dei Caraibi dovrà combattere per difendere se stessa e l'arcipela...