L'aria calda che entra dalla finestra della mia stanza mi scompiglia i capelli, mentre il sole di giugno inizia a scendere oltre le colline dietro il vecchio orfanotrofio, appena fuori Londra. Guardo i lividi e i piccoli tagli sulle mie braccia, causati dalle bacchette delle vecchie educatrici dell'istituto, e la rabbia prende di nuovo il sopravvento sui miei pensieri. Imprecando tiro un calcio al muro, dò le spalle alla parete e mi lascio cadere a terra, i miei occhi scuri si perdono nella coperta grigio topo stesa sul letto e la mente si riempie di ricordi. Il primo pensiero va ai miei genitori, tutto ciò che mi rimane di loro è un ciondolo di ferro a forma di chiave e il vago ricordo di cosa voglia dire famiglia, morirono a pochi mesi dalla mia nascita o almeno così mi hanno detto. A pochi giorni dalla loro morte sono stata affidata ad un orfanotrofio poco lontano dal centro e vi sono rimasta sino all'età di 9 anni, da allora non ho passato più di un anno nello stesso istituto. Quando ero piccola ero molto socievole e odiavo rimanere da sola, ma adesso l'idea non mi dispiace, il silenzio mi aiuta a pensare con più lucidità.
Abbasso gli occhi sulle braccia avvolte intorno alle ginocchia e vi lascio sprofondare il viso.
Da quando ho 9 anni mi succedono cose strane: succedono cose brutte alle persone che non mi piacciono, le mie notti sono agitate da incubi sempre uguali, dai quali mi risveglio urlando, quando sono arrabbiata le luci tremano e qualche volta le lampadine arrivano ad esplodere, i vetri vibrano come se passasse il treno sotto le finestre, sino a creparsi e gli animali mi seguono tutte le volte che li incontro.
Un rumore oltre la soglia della mia stanza attira la mia attenzione, alzo lo sguardo e noto quattro ragazzini, vicino alle scale, dall'altra parte del corridoio che mi fissano; conosco bene quello sguardo, un misto di disprezzo e spavento che mi fa bruciare il sangue nelle vene. Uno di loro fa qualche passo verso la mia stanza con un ghigno, normalmente aspetterei di vedere cosa succede, ma ormai lo so già, è sempre la stessa scena: il ragazzo più spavaldo del gruppo vuole darmi una lezione, senza una vera ragione, ma non appena i vetri tremano e la stanza si fa buia nonostante il sole alto in cielo lui scappa in preda al panico a chiedere aiuto.
Mi alzo di scatto e si blocca a metà corridoio, non appena muovo i primi passi lui sta già indietreggiando e giunta sulla porta la sbatto violentemente urlando.
Sento i passi dei quattro mentre corrono giù per le scale spaventati.
Mi giro appena in tempo per cogliere le ultime luci del tramonto che abbandonano la mia stanza e in pochi minuti il buio mi avvolge.Le mie gesta devono avermi preceduta anche qui, sono arrivata solo ieri e ho già ricevuto tre punizioni, tutte per motivi diversi e insensati, anche se forse potevo evitare di urlare in faccia all'istitutrice.
L'unico lato positivo di tutto questo, se può essere definito tale,è che la gente non ti ronza troppo attorno.Punto il letto e passando davanti alla finestra noto con la coda dell' occhio una figura stagliarsi sulla stradina di campagna, mi irrigidisco e faccio un passo indietro. Niente, non c'era nessuno sulla stradina.
Mi affaccio per controllare meglio, ma ancora nulla. Probabilmente è stata la mia immaginazione.
Chiudo le persiane e mi stendo sul letto, sospiro e mi copro il viso con il cuscino, pronta ad affrontare un'altra notte insonne.Un uomo alto e incappucciato è piegato sul corpo di una donna e la guarda divertito. Rivolge il suo sguardo verso di me e si avvicina minaccioso di qualche passo, senza dare peso al mantello nero incastrato sotto il corpo della sua vittima, i suoi occhi sono rossi come il sangue, divertiti nel leggere lo spavento dei miei.
Alza il braccio e...Fumo nero come pece mi avvolge.
Un ragazzino con non più di 13 anni cammina da solo per una strada buia, senza fermarsi, cammina, cammina e cammina ancora.
Fumo.
La voce di una donna chiama il mio nome.
All'inizio è appena un sussuro poi diventa un urlo:
-Mary...Mary...Mary!-.
Quella voce agghiacciante mi penetra nelle ossa.Fumo.
Schizzi di sangue, su un pavimento di un legno molto scuro, attirano la mia attenzione.
Sono stesa a terra.
Urla soffocate alle mie spalle.
Solo l'idea di voltarmi mi fa mancare il fiato.
Ma il mio corpo già si muove.
I miei occhi incontrano quelli grigi di un uomo, molto probabilmente di mezza età, mi guardano come per implorarmi.
Inizia ad urlare disperatamente.
Urlo anche io.Mi sveglio con quell'urlo ancora in gola, che in pochi istanti si spegne nella carta da parati grigiastra dei muri tristi della stanza.
Mi rendo conto di essere seduta e affannata.
Fa molto caldo, è soffocante, scendo dal letto e ancora col fiatone spalanco le persiane.
L'aria fresca mi riempe i polmoni e il mio respiro si calma.Il sollievo è immediato. Rimango ancora qualche secondo lì, a fissare il buio, poi ritorno a letto e mi lascio cadere sul cuscino.Dinuovo quelle urla:
-Mary...Mary...Mary!-
Come scaturite dalle labbra di qualcuno che ride per la sofferenza di un altro, e la voce si fa sempre più forte e chiara:
-Mary...Mary!-Fumo.
Il mio ciondolo a forma di chiave dondola davanti ai miei occhi, la chiave si tinge di rosso e due occhi rossi come sangue saettano davanti a me.
Fumo.
Silenzio.
Solo il rumore di alcuni passi.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Una teiera fischia in lontananza.
Passi.
Il fischio sempre più forte.
Passi.
I passi sono i miei.
Il fischio si fa sottile e svanisce.
Silenzio.Fumo.
Un serpente percorre uno stretto corridoi che culmina in una porta socchiusa.
Si gira e mi aggredisce.
Urlo.Mi sveglia più il rumore di mani battute sulla porta che quello del mio urlo.
-Stai zitta, ragazzina!- dice la voce stridula della sorvegliante notturna.
-Megera- sussurro piano io.
Sento i suoi passi lungo il corridoio, si sta allontanando.
Faccio qualche passo verso la finestra ancora aperta e mi siedo sul davanzale, il cielo si sta schiarendo, l'alba si avvicina. Adoro vedere il sole che sorge, è così tranquillo, nessuno può arrestare il suo cammino.
L'aria mattutina è fresca e mi punge la pelle, il cielo si rischiara ancora e il contorno di alcune nuvole cariche di pioggia si nota appena.
Ecco la luce del sole, i miei occhi ne rimangono abbagliati per alcuni secondi, poi per diversi minuti rimango a fissare le ombre che si formano sul prato, appena sotto la finestra. Qualche leggera goccia di pioggia mi distoglie dall'erba e mi riporta al cielo, le cui nuvole sono ormai pesanti, di un grigio minaccioso.
Mi alzo e faccio qualche breve passo per arrivare davanti all'armadio. Apro le ante e noto subito la mia immagine riflessa su un piccolo specchio con delle macchie, molto probabilmente causate dall'umidità.
Ho i capelli arruffati, lascio che le dita li pettinino dolcemente. Quando ero piccola erano rossi, un rosso molto scuro.
Ora di quel rosso rimane solo un leggero riflesso che si nota appena sul marrone.
Mi piego e prendo una camicia grigiognola, che un tempo doveva essere bianca, me la lascio scivolare addosso ignorando i brividi per la stoffa fredda e i lamenti delle mie braccia doloranti. La abbottono e la infilo in un paio di pantaloni marroncini che arrivano quasi al ginocchio. Un paio di calzini bucati e le stesse scarpe di sempre, quasi sfondate, vanno a completare il quadro.
Raccolgo un elastico mezzo consumato dal pavimento e mi lego i capelli in una coda alta, dò un'ultima occhiata nello specchio e mi soffermo sulle occhiaie che così scure si notano parecchio sulla mia carnagione chiara.
È molto presto e nessun altro deve essere in giro a quest'ora. Meglio che vada ora nei bagni comuni al piano di sotto. Esco velocemente dalla camera e attraverso decisa il corridoio, dopo aver incrociato lo sguardo della sorvegliante scendo due rampe di scale e svolto a destra. Arrivo in un piccolo bagno con una decina di lavandini e due minuscoli gabinetti.
Mi lavo la faccia con l'acqua fresca e respiro profondamente.
Esco in fretta e faccio altre due rampe verso il basso, con un cigolio apro la porta di ingresso e me la lascio alle spalle.
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Mary Lloyd, la chiave e il volto del male
FanfictionCosa succederebbe se Harry avesse una persona in più su cui contare? Cosa accadrebbe se quella persona gli assomigliasse più di quanto possa immaginare? Cosa se non fosse l'unico a sapere della sua esistenza? Forze oscure sono tornate a incombere su...