In trappola - Parte seconda

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Sento le gambe paralizzate e prima che la stessa cosa possa succedere anche alla mia bocca decido di parlare. -Salve- rispondo seria all'uomo seduto sulla poltrona.
"Respira" continuo a ripetermi.
Draco è ancora vicino a me, sembra pietrificato.
Devo trovare il modo di uscire senza danni, non troppi almeno.
Mi sforzo per fare in modo che una specie di sorriso si formi sulle mie labbra e mi rivolgo alla Signora Malfoy. -Grazie mille per l'ospitalità, ma si sta facendo tardi e credo proprio di dover andare adesso-.
Per un secondo mi autoconvinco che anche sul suo viso si stia creando un sorriso, ma guardando anche la posizione degli occhi direi che assomiglia più ad un ghigno, e l'istinto di correre via si fa sempre più forte.
Non aspetto di ottenere risposta e mi volto raggiungendo con un paio di passi la porta che mi dovrebbe consentire di raggiungere il corridoio. È chiusa, ma questo lo immaginavo già.
-Oh, non così in fretta- la voce del Signor Malfoy fa ghiacciare il sangue nelle mie vene, è così lenta e tagliente, da vero Serpeverde.
Mi volto in tempo per vedere Draco frapporsi tra me e lui un istante dopo che si è alzato, posso facilmente distinguere le ciocche di capelli, che come la sua schiena, tremano appena, e le sue mani che si protendono verso il padre in un timido approccio, come da volerlo bloccare. Il viso del Signor Malfoy passa dall'appagato, al serio. Alza un sopracciglio comunicando al figlio la propria confusione.
-Padre, non lo fare, possiamo ancora la...-.
-Spostati- lo interrompe la voce fredda del padre.
Il corpo di Draco è di nuovo immobile e scommetto che lo sono anche le sue labbra, probabilmente ha ancora aperte. Non lo ho mai visto così.
La mano di suo padre si posa sulla sua spalla e la stringe leggermente. -Ora...-.
Draco tentenna ma lentamente sia sposta di lato e si avvicina a sua madre.
-No...- la sillaba esce dalla mia bocca in un sussurro involontario,tradendomi. L'espressione del Signor Malfoy muta nuovamente, questa volta in un ghigno soddisfatto, mentre passo dopo passo mi si avvicina minaccioso.
-Adesso, da brava ragazzina obbediente, sta ferm...-.
Non gli lascio finire la frase che indietreggio di un passo, finendo con le spalle contro la porta, ed estraggo la bacchetta puntandola dritta verso di lui.
Lui si ferma per un'istante e il suo ghigno si accentua, i miei occhi corrono su Draco mentre sento che non avrei dovuto fidarmi.
Se non fossi venuta questo non sarebbe mai successo.
Se gli avessi negato quei baci questo non sarebbe mai successo.
Se avessi creduto agli altri questo non sarebbe mai successo.
Se gli avessi detto che lo scompartimento era occupato questo non sarebbe mai successo.
Faccio un profondo respiro prima di tornare sull'uomo dai capelli lunghi e chiarissimi.
-Io non sono una ragazzina- dico raccogliendo tutto il coraggio e l'odio che può provare una Grifondoro verso un viscido e schifoso serpente. -E di certo non sono obbediente, se vuole può chiedere a Piton, siete molto amici o sbaglio?-.
L'espressione dell'uomo davanti a me e quella dei suoi famigliari mi suggeriscono che è il momento giusto.
-Excul...- dico improvvisamente, ma vengo interrotta da un fascio di luce rossa che mi colpisce a pieno e mi scaraventa a terra verso destra, mentre le mie dita perdono la presa dalla bacchetta. Il dolore è abbastanza intenso ma non da farmi urlare, esce solo un verso strozzato dalle mie labbra.
Cosa diamine è stato?
Impreco mentalmente mentre mi rialzo su braccia e ginocchia guardandomi attorno.
Nessuno di loro aveva la bacchetta, e l'incantesimo veniva da sinistra rispetto alla loro posizione. Ne sono sicura.
Sarà stato lui? Il tanto temuto Voldemort.
No...è impossibile, non poteva essere così vicino.
Dall'obra esce la figura di una donna che ondeggia sui fianchi con un sorriso folle impresso sul viso, sotto le ciocche disordinate di ricci scuri che le scendono sul viso. In mano ha ancora la bacchetta con cui mi ha colpita. Una risata stridula esce dalla sua gola in modo inconfodibile. Sono certa di averla già sentita, ma questo non è il momento di affidarsi ai ricordi.
Faccio forza sulle ginocchia e mi rialzo, notando solo ora che alla fine del salone, dalla parte opposta alla mia, c'è un'altra porta che non è, ne quella della cucina ne quella che da sul corridoio. E la porta è socchiusa.
L'unico ostacolo che si frappone tra noi è la donna, che vista più attentamente mi ricorda una ex mangiamorte che ho potuto vedere su una copia di un giornale. É evasa da Azkaban insieme ad altri detenuti, il suo nome è Bellatrix Lestrange.
I miei piedi scattano senza aspettare un comando, in direzione della Mangiamorte che mi fissa divertita, con uno scatto evito il padre di Malfoy, che tenta di afferrarmi, e continuo a correre determinata a uscire di qua, con o senza bacchetta.
Le sono così vicina, ancora un piccolo sforzo...
Le labbra della donna non si muovono, se non per sorridere ancora più maniacalmente, ma dalla sua bacchetta esce un raggio di luce che mi colpisce.
Il dolore mi costringe a terra, dove le mani raggiungono i capelli stringendoli e la schiena mi si inarca sul pavimento. Tento invano di trattenere le urla, ma sembra impossibile resirtere a quel dolore che da la sensazione di bruciare, mentre mille coltelli e aghi bollenti ti trafigonno ogni centimetro di pelle.
Non ho il caraggio di aprire gli occhi, non so se per la paura che gli aghi mi accechino, o per il rischio di incontrare quelli dei presenti.
Dopo istanti che sembrano essere durati secoli l'incatesimo si esaurisce e i muscoli mi si rilassano prima che il mio corpo sia scosso da tremiti incontrollabili. Cerco di respirare e non lasciar scendere le lacrime, che in preda alla disperazione erano pronte a rigarmi le guancie, mentre la risata fragorosa della Mangiamorte esplode nella sua bocca, ma è l'unica a ridere.
Sento i suoi passi circondarmi e i suoi capelli sfiorarmi il viso, è vicina. Apro gli occhi, reprimendo l'istinto di darle una testata, e li fisso nei suoi. Mentre cerco di trovare le forze per muovermi la voce del Signor Malfoy si rivolge alla donna china su di me. -Non esagerare, la vuole viva e in grado di parlare-.
L'espressione di Bellatrix diventa annoia. -Non ti agitare, se non me ne da motivo non le faccio nulla-.
La sua mano sale sulla mia guancia e la accarezza non troppo delicatamente. -È un così grande peccato non poter far deformare il tuo bel visino fino alla pazzia-.
Urlo di frustrazzione mentre non riesco a resistere all'istinto di afferrarle la mano e allontanarla dal mio volto, ora libera di muovermi. Lei si allontana di scatto e mi punta contro la bacchetta. -Oh no, così non va bene-.
Con un'altro urlo mi giro sulla pancia e, nonostante ogni parte del mio corpo stia bruciando, mi alzo e compio qualche lunga falcata verso la porta prima di essere nuovamente atterrata con l'urlo della donna che accompagna la formula per l'incantesimo. -Crucio!-.
Non provo nemmeno più a trattenere le urla, impegnata come sono a pensare che c'è così poca distanza dalla mia salvezza.
La tortura si esaurisce più lentamente della precedente lasciandomi riversa sul pavimento, a pancia in giù, senza forze.

Mary Lloyd, la chiave e il volto del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora