Un aiuto non richiesco - Parte prima

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Il silenzio che aleggia nella stanza è piuttosto inquitante, il Professor Piton mi da le spalle rivolgendo il suo sguardo al muro, privo di una qualsiasi cosa che potrebbe attirare la sua attenzione. -Siediti- ordina, con la voce, se è possibile, più fredda del solito.
"Smettila di dirmi cosa devo fare" pensa la mia testa, ma le mie gambe si muovono meccanicamente verso una delle sedie davanti alla scrivania, non voglio passare più tempo del necessario chiusa qui con lui. Mi sento scomoda e a disagio, la schiena irrigidita mi fa sembrare più in ansia di quello che in realtà sono.
Piton ha un leggero sussulto quando sente la sedia muoversi, ma si volta in fretta e senza nemmeno guardarmi si dirige al grande armadio che ho notato appena entrata nella stanza. Apre le ante in legno con movimenti veloci e quasi sospettosi, prende alcune cose che non riesco a vedere e torna indietro con passo deciso. Posa alcuni oggetti sulla scrivania davanti a me: una pinza lunga ma sottile in ferro, del cotone, alcune garze e una piccola boccetta in vetro con su scritto "Essenza di Dittamo".
Cosa diamine...?
Lui...ormai pensavo non lo sapesse...
I miei occhi incontrano quelli del professore cercando un segno, lui ha un sopracciglio alzato e una specie di strana espressione soddisfatta sul volto.
Forse ho reagito nel modo sbagliato, avrei dovuto fingere di non capire.
Ma ormai è fatta.
Io lo so, e anche lui ora ne è sicuro.
Pianto i piedi a terra e con un suono stridente muovo la sedia alzandomi di colpo, voglio andare via.
-Seduta- ordina il professore stranamente calmo.
-No- è l'unica risposta che riesco a dare mentre faccio qualche passo indietro, è facile capire che non lo farò.
Il sospiro del professore fa trapelare la sua irritazione crescente.
-Come lo sa? Come lo ha capito?- chiedo quasi urlando, anche se conosco già la risposta.
-Ho svariate fonti...Mary- sembra compiere uno sforzo enorme nel chiamarmi per nome, è un assurdo tentativo di calmarmi? Perchè non funziona affatto.
-E chi sarebbero?- sbraito indietreggiando, le mie gambe fremono per scattare e correre via.
-Siediti e togli la camicia- dice con la voce fredda ma insolitamente calma, mentre indica la sedia.
Sento l'adrenalina salire, ma cerco di calmare il mio tono di voce. -No- dico a denti stretti. -Chi glielo ha detto?-.
Dillo.
-Sono stato informato con una lettera- dice serio l'uomo assotigliando lo sguardo. -E ieri sera qualcuno è venuto nel mio ufficio chiedendomi di fornirti il mio aiuto. Cosa che avevo già concordato in precedenza col Preside- fa qualche passo fino alla sedia al di là della scrivania.
Sento il mio sguardo abbassarsi sul pavimento in pietra, lo sa anche Silente, e chi altro? La McGranitt? I Signori Weasley?
-Chi altro lo sa?- faccio incontrare i miei occhi con quelli seri di Piton, che ha i gomiti appoggiati sulla scrivania e le dita intrecciate. Si comporta come se mi avesse in pugno, come se fosse l'unica possibilità che ho.
-Nessuno- risponde spazientito. -Ora siediti-.
-No- dico seria. Non mi vedrà cedere.
"Ma ne hai bisogno!" è il subconscio a parlare.
-No- ripeto in un soffio parlando con me. Gli occhi del professore si sgranano leggermente e la sua bocca si schiude appena, mentre i miei piedi indietreggiano in direzione della porta. -Sono solo dei piccoli tagli, non è nulla...- sminuisco la situazione.
-Sappiamo entrambi che non è così, inoltre dei piccoli tagli non provocherebbero quel tipo di conseguenza. L'acqua era troppo rossa nel tuo ricordo- dice con la solita aria saccente.
Insopportabile.
I pugni mi si serrano come morse, e le unghie si conficcano nella pelle.
-Non mi serve il suo aiuto, me la cavo benissimo da sola-dico forse a voce troppo alta, mi volto e raggiungo la porta.
Mentre giro la maniglia e apro la porta la sua voce mi raggiunge fredda e disinteressata. -L'infezione peggiorerà giorno dopo giorno, o anche più in fretta, e prima di quello che puoi immaginare sarai di nuovo qui, a chiedere il mio aiuto-.
Mi volto per guardarlo, la schiena appoggiata e le braccia abbandonate sui braccioli gli conferiscono un'aria rilassata e controllata.
-No- mi limito a ripetere uscendo e richiudendo la porta senza la minima cura.

So che avrei dovuto accettare.
Ma come potevo? Mi avrebbe vista ancora debole, ancora più di come la sono adesso.
Vorrei sapere cosa è preso ad Harry, ma sono troppo stanca, la testa, la schiena, le ginocchia e le mani mi implorano, nella speranza di trovare il riposo.
Le tante scale che mi separano dalla torre di Grifondoro sono un tortura, un gradino dopo l'altro mi sembra di fare chilometri e chilometri di corsa ininterrotta.
Mi fermo al centro di una scalinata a circa metà strada dalla Sala Comune con un sospiro, mi rigiro su me stessa e mi siedo sugli scalini in pietra.
Qualcosa in me mi incita a rialzarmi, ma decido di ignorarlo e stringere le braccia intorno alle ginocchia per avvicinarle, le scale sono deserte e silenziose.
Chiudo gli occhi e nascondo il viso tra le ginocchia e il petto mentre un brivido di freddo mi attraversa, il mio mento viene a contatto con qualcosa di ghiacciato che mi infastidisce costringendomi ad alzare di nuovo la testa. La mano che corre verso il mio collo riesci solo a trovare la collana, che con pochi movimenti rapidi slaccia e lascia cadere sull'altra mano.
Osservo i contorni della piccola chiave e i ghirigori che la compongono con attenzione, non avevo mai pensato che con questa avrei potuto raggiungere in qualche modo la mia identità, anche se non è realmente quella che credevo, è meglio di nulla.
Chissà se era la verità? Se lui sa davvero chi sono i...
-Ciao Mary- una voce fredda mi sussurra all'orecchio facendomi sussultare e cadere di mano la piccola chiave che percorre qualche scalino verso il basso tintinnando.
Mi alzo di scatto e perdendo quasi l'equilibrio mi volto incontrando due iridi fredde e grige che mi provocano brividi e pelle d'oca.
Solo ora sento il suo fastidioso odore alla menta.

Mary Lloyd, la chiave e il volto del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora