Calma.

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Stringo con forza il tessuto leggero del mantello, prima di gettarmelo sulle spalle e scomparire nel mezzo di un buio corridoio. Trascinando i piedi raggiungo la prima scala, davanti alla quale mi blocco.
Immobile nel buio.
Faccio silenzio, mentre i polmoni caricano e scaricano velocemente l'aria, cercando inutilmente di liberare i pensieri dalla rabbia che provo. Fatico anche solo a capire e riconoscere ogni sensazione che il mio inconsco cerca di trasmettermi, di quell'ammaso sconclusionato di pensieri ed emozioni. È come se non fossi io a pensare, come se qualcuno, più di una sola persona, cercasse di suggerirmi cosa fare.
La mia testa viene attraversata da una fitta di dolore acuto e prima che io possa accorgermene stringo i capelli con le dita, in una morsa d'acciaio, e chiudo gli occhi. Mi sento confusa e riesco ad essere sicura di una sola cosa, una sola sensazione.
Rabbia.
Sono furiosa.
Furiosa. perchè deve smettere di parlare di loro così.
Furiosa, per ciò che mi ha costretta a fare.
Furiosa, perchè riesce a farmi sentire una bambina.
Furiosa, perchè dovrei dimenticarlo.
Furiosa. perchè non riuscirei a dimenticarlo.
Improvvisamente i miei occhi tornano ad aprirsi, riportami alla penombra del castello e alle scale deserte.
Ciò che ho l'obbligo di fare in una situazione come questa è sfogare la mia rabbia, giusto?
Mi abbandono ad un verso di frustrazione, che riproduco a denti stretti, prima di colpire con i palmi le ringhiere, fredde e in pietra, delle scale e iniziare una veloce corsa verso l'alto.
Osservo il mantello di Harry fluttuare a pochi centimetri da terra, mentre sempre più veloce salgo rampe e rampe di scale, ne mancano ancora poche alla torre di Grifondoro, quando improvvisamente mi butto in un corridoio, continuando la mia corsa, senza riflettere su dove stia andando o su chi potrei incontrare. Piton, McGranitt, Umbridge, Gazza o Vitious, in queste condizioni tenterei di dargli fuoco.
I miei piedi si muovono velocemente, mentre il polmoni si affaticano ogni istante di più, fino ad incontrare un vicolo ceco, che arresta la mia corsa. Stringo le mani a pugno e colpisco con forza il muro freddo e duro, accompagnando il contraccolpo con un altro urlo di frustrazione soffocato. Mi divincolo fino a che il mantello non raggiunge il pavimento, scivolando a diretto contatto con la pelle della mia schiena.
Rivedo il volto di Malfoy a nemmeno un metro da me che, con un'espressione disgustata, sputa le parole che hanno fatto scattare i me tutto quest'odio. -Smettila di parlare come uno di quegli stupidi traditori del loro sangue!-.
Urlo ancora, questa volta più forte, e mi avento sul muro, cominciando a colpirlo con le mani serrate a pugno. Il destro impatta col muro scuotendo il mio corpo, con un'onda di adrenalina che mi impedisce di sentire il dolore e chiede di ripetere il gesto. Ritiro il braccio per farlo poi partire nuovamente, con la stessa forza, colpendo ancora la superfice di pietra. Ripeto il gesto un'altro paio di volte prima di fare la stessa cosa col braccio sinistro ed alternare le due mani, una dopo l'altra, sempre più veloce.
Le mie urla riempiono il corridoio, mentre i pugni colpiscono la pietra facendomi scaricare la rabbia e la tensione.
Sento freddo e non so se è dovuto alla rabbia che lentamente abbandona il mio corpo insieme all'adrenalina, colpo dopo colpo, o all'aria gelida che percorre ogni corridoio della scuola per poi incontrare la mia pelle.
Solo ora mi rendo conto di essere scalza, e vengo investita da un forte brivido.
Lentamente mi fermo, con pugni sempre più deboli, che si limitano a sfiorare la superficie, ora macchiata di rosso. Respiro profondamente per recuperare il fiato e faccio un paio di passi indietro, osservando le macchie scure formatesi sulle mie nocche. Rivoli di sangue sottili e lucidi ricoprono le mie dita, formando piccole gocce che cadono nell'oscurità.
Un leggero tremore mi scuote, prima che abbassi la mano sinistra per osservare la destra, ora rivolta col palmo perso l'alto. Con cura richiudo la mano a pugno, sospiro e la apro ancora.
Una scintilla scocca nel buio, prima di trasformarsi in una fiammella, che fluttua pochi centimetri sopra la mia mano, illuminando il mio braccio con la sua luce giallastra.
Sul mio viso sento un sorriso allargarsi lentamente, mentre la mente si svuota completamente e la fiamma prende corpo.

Sussurro la parola d'ordine, ad una russante Signora Grassa, da sotto il mio mantello. Dopo un veloce grugnito la donna su tela fa muovere il quadro permettendomi di entrare nella Sala Comune, senza realmente svegliarsi.
Siamo, davvero, in ottime mani.
Entro con passo leggero nella stanza, in cui aleggia un leggerissimo vociare.
La sala è praticamente deserta, se non fosse per tutti i componenti della famiglia Weasley, mio fratello, Hermione, Neville Paciok e due ragazzini del primo anno, addormentati con la testa appoggiata a dei libri.
Gli sguardi di tutti si spostano sul punto in cui mi trovo, nonostante abbiano ancora addosso il mantello, devono aver notato il quadro aprirsi.
-Mary? Sei tu?- domanda George in un sussuro, abbandonando il divano su cui era steso con Fred. Sulla poltrona non lontana ci sono Hermione e Ginny, con ancora l'ombra di un sorriso impresso sul volto, mentre Harry, Ron e Neville sono seduti ad un tavolo, probabilmente dove fingevano di studiare per accontentare Hermione.
-Mary?- chiede ancora, con voce leggermente più alta, ma non abbastanza da svegliare i due ragazzini del primo anno.
Rimango immobile e in silenzio, osservando le loro espressioni perplesse, mentre lentamente George si avvicina, protendendo una mano in avanti. So che ormai ha sentito il suono che emettono i miei respiri, come so che dovrei indietreggiare o scomparire di sopra, ma le mie gambe rimangono immobili, pietrificate all'idea che io debba di nuovo nascondere qualcosa a tutti loro.
Quando le dita di George sfiorano la mia fronte lo sento sussultare e lo vedo stringere le labbra, prima di avvolgere le dita intorno al tessuto invisibile e fare qualche passo indietro, scoprendomi lentamente.
La sua espressione, come quella di tutti gli altri, muta in un misto tra stupita e spaventata davanti alle mie strane condizioni, riesco quasi a vedermi attraverso i loro occhi. Il volto inespressivo, gli occhi assenti, il corpo coperto solamente dalla biancheria, una gonna e delle calze, che ruperano a mala pena le ginocchia, lasciando intravedere le ossa ancora troppo sporgenti sotto il sottile strato di pelle pallida, le numerose cicatrici rimarginate, ma ben visibili che ricoprono le braccia, il sangue ormai secco che è arrivato a circa metà avambraccio e le nocche ferite.

Ciao a tutti! Che ve ne pare?
Fatemi sapere con un commento che ne pensate! Che sia positivo o critico, in ogni caso sarà ben accetto, anche avessi pubblicato un sacco di tempo fa! Mi piace sapere cosa pensa chi legge le mie storie! ;)

Mary Lloyd, la chiave e il volto del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora