Capitolo 10 - I

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Martin era nella sua stanza, gettato sul letto, seduto con la schiena contro la testiera. Senza scarpe e poco vestito, aveva ripreso possesso della sua vita normale. Aveva in mano il cellulare, e si era accorto solo in quel momento di quanti messaggi avesse ricevuto, ed a cui ovviamente non aveva risposto. Soprattutto c'erano i messaggi di Genio, che più che altro erano un elenco di volgarità e verbi osceni. Si concludevano tutti con la parola 'cazzo' e molti, molti punti esclamativi.
Sorrise mentre li leggeva tutti di seguito, facevano un certo effetto. In effetti anche Genio era tornato in città, ma ancora non si erano visti dopo gli strani fatti che li avevano divisi lungo le strade del Salento.
La madre bussò alla porta per riferirgli che di sotto la cena era pronta.
― Dai Martin, non tardare, hai tante cose da raccontarci!!
Gli urlò da fuori la stanza, mentre Martin già la sentiva scendere quasi saltellando lungo la scalinata a chiocciola che univa la stanza di Martin, unica posta in alto al secondo piano di casa, rispetto agli altri due sottostanti.
Martin dopo aver letto, e riletto, e riletto ancora i messaggi di Genio si decise a raggiungere la sua famiglia a tavola.
Martin era figlio unico e la sua famiglia era noiosamente costituita da se stesso, e dai suoi genitori, giovani e splendidi nella loro perfezione facoltosamente manutenuta.
Si sedette innanzi a loro che già loro avevano terminato. Come al solito accadeva le poche volte che riuscivano a cenare insieme, raramente lo attendevano. E spesso Martin volutamente si attardava senza volerlo, per evitare l'imbarazzo di arrivare in tempo e scoprire comunque che fosse ugualmente tardi, o peggio ancora, che non ci fosse nulla da dirsi. Così alla fine accadeva che il padre si alzasse da tavola già proiettato alle telefonate urgenti da effettuare, verso il nuovo viaggio da organizzare, i soliti affari da coordinare, e che la madre avesse fretta di fare qualcos'altro, mentre Martin iniziava a tagliare in minuscoli pezzetti il cibo nel piatto.
Ed in realtà anche quella prima sera in casa andò come al loro solito. Non solo Martin non raccontò nulla della vacanza nel Salento, ma nessuno dei due poi gliene chiese notizia, e se anche avesse preso lui l'iniziativa, non ci sarebbe stato nessuno ad ascoltarlo con concreto interesse. Martin era notoriamente un figlio che non creava problemi, perché rischiare di scavare un po' più a fondo e scoprire panorami insospettabili.
Uscendo dalla cucina in preda ad una vorticosa telefonata di cui perdeva di continuo la linea, il padre, a gesti e frasi spezzate, gli aveva confermato al volo l'accredito di una certa cifra sulla sua carta personale, sufficiente per le prossime settimane qualunque cosa avesse voluto fare, anche se poi era tornato in dietro sui suoi passi ed aveva riflettuto su ciò che aveva appena detto, e pensando fra sé e sé ad alta voce ricordava di averlo già fatto la settimana prima... ma che non ne era sicuro, e che perciò... andava bene lo stesso... tanto, nel dubbio... bacio da lontano, denti bianchissimi, porta dello studio che si chiudeva lentamente.
La madre era rimasta seduta accanto a Martin e dopo la dipartita del marito, un po' teatrale nella camminata a ritroso, gli aveva iniziato a riferire gli ultimi sviluppi sull'evolversi della malattia delle peonie del giardino, e che purtroppo forse anche le palme del loro vialetto d'ingresso erano state colpite dal punteruolo rosso.
― Perché, chi altro li ha avuti?
Chiese Martin, per niente interessato ma totalmente assorbito dalla conversazione inutile che già da molto si stava protraendo fra di loro.
― Oltre che mezza Europa? Gli Antinori, i Frescobaldi sulla strada per Firenze, in pochi giorni hanno perso tutto il perimetrale. E' una cosa terribile, pare non ci sia nessuna cura.
Martin pensava intanto a Ludovica. A cosa stesse facendo, e forse le mancava.
― Mamma, vorrei iscrivermi a Lecce.
Veronica rise, non dando peso alle sue parole.
― Non dire sciocchezze Martin, che ci vai a fare là sotto? Lo sai che l'estate alla fine finisce?
Si sporse in avanti per parlargli da più vicino quasi per rivelargli un segreto.
― Sai che non hanno neanche la fibra?
― Mamma, non vado là per navigare veloce.
La madre poggiò entrambe le mani sul tavolo per prendere le sue e stringergliele con affetto, e mentre lo faceva, lo guardava dritto negli occhi.
― Non stai scherzando, vero?
― Mamma... ho bisogno di allontanarmi.
La donna lo fissava sempre più accigliata.
― Martin, che sia chiara una cosa. Tu puoi fare quello che vuoi. Sei libero di andare dove vuoi, non devi spiegarcene i motivi.
Martin non aveva espressione nel sentire un discorso scarno ed asettico come fosse stato l'emanazione di una postilla della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
― L'importante è che non butti via tempo, ed occasioni.
Martin la guardava e gli sembrava che lei fosse lontanissima e che gli stesse parlando delle previsioni del tempo.
― ...ma ti prego, smettila di sentirti obbligato a dare un taglio con tutto, non hai niente da cui dissociarsi, da cui riprenderti, da cui scappare...
Tornato presente alle sue parole all'improvviso, Martin si sentì preso quasi in contropiede.
― Sì mamma, lo so. E' che...
― Va bene, va bene, ne parleremo in un altro momento...
Proprio quando ogni volta Martin avrebbe voluto che lei insistesse di più, che lo mettesse alle strette in un discorso vero, che violasse quel diritto alla libertà ed alla riservatezza ad ogni costo per chiedergli finalmente delle spiegazioni, la donna decideva di non essere invadente, e quindi di andare a fare shopping, o dal parrucchiere, o in qualunque luogo si potesse andare dopo cena in quel momento.
― Mamma, aspetta un attimo... io volevo solo dirti che Lecce...
La donna lo guardava cercando però di allacciarsi una collana e Martin non era certo che lo stesse ascoltando.
― ... a Lecce ho conosciuto una ragazza...
La madre interruppe le sue parole facendo appositamente rumore con la sedia.
― Bene, bene, allora aveva ragione Genio, e come dice lui... qui figa ci cova!
― Mamma!! Non mettere in mezzo Genio!
Martin quasi arrossì colto di nuovo di sorpresa. Non sopportava il vizio della madre di tentare di parlare come una ragazza della sua età. La cosa lo imbarazzava perché rendeva ogni discorso poco spontaneo. Martin aveva bisogno di una madre che facesse la madre e non l'amica, perché quando lei cercava di avvicinarsi al suo mondo in maniera così goffa, tutto diventava inevitabilmente una farsa, una caricatura di quello che si sarebbero detti se solo non fossero stati madre e figlio. Come se ci fosse qualcuno che li osservasse dal di fuori, Martin non si sentiva più libero di parlare.
L'esclamazione secca di Martin diede l'impressione a Veronica che la discussione fosse finita, e dunque la donna si alzò definitivamente dalla tavola.
Anche Martin si alzò di riflesso, distogliendo lo sguardo fuori dalla finestra.
― Mamma, devo andare. Genio mi aspetta, l'avevo dimenticato.
― E' arrabbiatissimo! Quando ti vede ti fa nero, altro che l'abbronzatura che stai sfoggiando da quando sei tornato!

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora